Piccola Biblioteca 332 Leonardo Sciascia L' AFFAIRE MORO A DHL PHI www.scribd.com/Cultura in Ita4 icritto a caldo nel 1978, questo libro non ha chc guatlagnato con gli anni. Mentre, in una nobtle gara di codardia, i politici italiani, non- che i giornalisti, si affannavano a dichiarare che le letterc di Moro dalla prigionia erano opera di un pazzo o comunque prive di valore pcrche risultanti da una costrizione, Sciascia si azzardo a leggerle, con l'acume e lo scrupolo chc sempre avcva verso qualsiasi documento. Riusci in tal modo, sulla base di quelle lettere, a ricostruirc una intelaiatura di pensieri, di correlazioni, di fatti che sono, lino a oggi, cio chc piu ci ha per- messo di capire, o di awicinarci a capire, un episodio orribile della nostra storia. Prescn- tando il libro nella sua ultima ediztone (1983), Sciascia scriveva opportunainente: -questo li- bro potrebbe anche esser letto come "opera Iet- tcraria". Ma rautore - come membro della Commissione parlamentare d'inchiesta suH" "af- faire" - ha continuato a vivcrlo come "opera di verita" e percio lo si ripubblica (non piu col ri- schio delle polemiche, ma del silcnzio) con l'ag- giunta della relazione di minoranza (di assoluta minoranza) presentata in Commissione e al Par- lamento. Una relazione che rautore ha voluto al possibile stringare, nella speranza abbia la sorte di esser largamente letta: qual di solito non hanno le voluminosissime relazioni che vcngono fuori dalle inchicste parlamentari». ISBN 88-A59-1083-0 788845"910838 www.scribd.com/Cultura in Ita4 PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI 332 www.scribd.com/Cultura in Ita4 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Leonardo Sciascia L'AFFAIRE MORO CON AGGIUNTA LA RELAZIONE PARLAMENTARE ADELPHI EDIZIONI www.scribd.com/Cultura in Ita4 Prima edizione: agosto 1 994 Terza edizione: febbraio 2000 © 1994 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO ISBN 88-459-1085-0 www.scribd.com/Cultura in Ita4 INDICE L'AFFAIRE MORO Cronologia &e\Y Affaire Relazione di minoranza presentata dal deputato Leonardo Sciascia www.scribd.com/Cultura in Ita4 www.scribd.com/Cultura in Ita4 L' AFFAIRE MORO La frase piu mostruosa di tutte: qual- cuno e morto « al momento giusto ». e. canetti, La provincia deWuomo www.scribd.com/Cultura in Ita4 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da al- meno quarant'anni: e percio credetti dappri- ma si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio; e che la luce della luna, ricaman- dosi tra le fronde, ne traesse quei riflessi ver- dastri. Non potevo subito pensare a un ritor- no delle lucciole, dopo tanti anni che erano scomparse. Erano ormai un ricordo: dell'in- fanzia allora attenta alle piccole cose della natura, che di quelle cose sapeva fare giuoco e gioia. Le lucciole le chiamavamo cannileddi di picuraru, cosi i contadini le chiamavano. Tanto consideravano greve la vita del peco- raio, le notti passate a guardia della mandria, che gli largivano le lucciole come reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurita. Pau- rosa per gli abigeati frequenti. Paurosa per- che bambini erano di solito quelli che si la- sciavano a guardia delle pecore. Le candeline del pecoraio, dunque. E ogni tanto ne pren- devamo qualcuna, la tenevamo delicatamen- te chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpre- sa, tra i piu piccoli di noi, quella fosforescen- za smeraldina. 11 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Era proprio una lucciola, nella crepa del mu- ro. Ne ebbi una gioia intensa. E come doppia. E come sdoppiata. La gioia di un tempo ritro- vato - l'infanzia, i ricordi, questo stesso luogo ora silenzioso pieno di voci e di giuochi - e di un tempo da trovare, da inventare. Con Pa- solini. Per Pasolini. Pasolini ormai fuori del tempo ma non ancora, in questo terribile paese che Tltalia e diventato, mutato in se stesso (« Tel qu'en Lui-meme enfin l'eterni- te le change »). Fraterno e lontano, Pasolini per me. Di una fraternita senza confidenza, schermata di pudori e, credo, di reciproche insofferenze. Per mia parte, sentivo come un muro che ci separasse una parola a lui cara, una parola-chiave della sua vita: la parola « adorabile ». Pud darsi che questa parola io 1'abbia qualche volta scritta, e sicuramente piu volte l'ho pensata: ma per una sola donna e per un solo scrittore. E lo scrittore - forse e inutile dirlo — e Stendhal. Pasolini trovava invece « adorabile » quel che per me dell'Ita- lia era gia straziante (ma anche per lui, ricor- dando un « adorabili perche strazianti » delle Lettere luterane: e come si pud adorare cio che strazia?) e sarebbe diventato terribile. Trova- va « adorabili » quelli che inevitabilmente sa- rebbero stati strumenti della sua morte. E attraverso i suoi scritti si puo compilare come un piccolo dizionario delle cose per lui « ado- rabili » e per me soltanto strazianti e oggi terribili. Le lucciole, dunque. Ed ecco che — pieta e 12 www.scribd.com/Cultura in Ita4 speranza - qui scrivo per Pasolini, come ri- prendendo dopo piu che vent'anni una cor- rispondenza: « Le lucciole che credevi scorn- parse, cominciano a tornare. Ne ho vista u- na ieri sera, dopo tanti anni. Ed e stato cosi anche con i grilli: per quattro o cinque anni non li ho sentiti, ora le notti sono sterminata- mente gremite del loro frinire ». Le lucciole. II Palazzo. Pasolini voleva proces- sare il Palazzo quasi in nome delle lucciole. Per le lucciole scomparse. « Poiche sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno di- scuto, con altri scrittori, mi si lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che e successo in Italia una decina di anni fa. Cio servira a semplificare e ad abbreviare il nostro discorso (e probabil- mente a capirlo anche meglio). « Nei primi anni sessanta, a causa dell'in- quinamento deH'aria, e, soprattutto, in cam- pagna, a causa deH'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. II feno- meno e stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano piu. (So- no ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non pud riconoscere nei nuovi gio- vani se stesso giovane, e dunque non pud piu avere i bei rimpianti di una volta). « Quel "qualcosa" che e accaduto una decina di anni fa lo chiamero dunque "scomparsa delle lucciole". 13 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « II regime democristiano ha avuto due fasi assolutamente distinte, che non solo non si possono confrontare tra loro, implicandone una certa continuita, ma sono diventate addi- rittura storicamente incommensurabili. « La prima fase di tale regime (come giusta- mente hanno sempre insistito a chiamarlo i radicali) e quella che va dalla fine della guer- ra alia scomparsa delle lucciole, la seconda fase e quella che va dalla scomparsa delle lucciole a oggi ». E ancora: « Nella fase di transizione — ossia "durante la scomparsa delle lucciole" - gli uomini di potere democristiani hanno quasi bruscamente cambiato il loro modo di espri- mersi, adottando un linguaggio completa- mente nuovo (del resto incomprensibile co- me il latino): specialmente Aldo Moro: cioe (per una enigmatica correlazione) colui che appare come il meno implicato di tutti nelle cose orribili che sono state organizzate dal '69 a oggi, nel tentativo, finora formalmente riu- scito, di conservare comunque il potere ». Le lucciole. II Palazzo. II processo al Palazzo. E come se, dentro al Palazzo, tre anni dopo la pubblicazione sul « Corriere della Sera » di questo articolo di Pasolini, soltanto Aldo Mo- ro continuasse ad aggirarsi: in quelle stanze vuote, in quelle stanze gia sgomberate. Gia sgomberate per occuparne altre ritenute piu sicure: in un nuovo e piu vasto Palazzo. E piu sicure, s'intende, per i peggiori. « II meno implicato di tutti », dunque. In ritardo e solo: 14 www.scribd.com/Cultura in Ita4 e aveva creduto di essere una guida. In ritar- do e solo appunto perche « il meno implicato di tutti ». E appunto perche « il meno impli- cato di tutti » destinato a piu enigmatiche e tragiche correlazioni. 15 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Prima che in questo articolo — pubblicato sul « Corriere » il 1° febbraio 1975 col titolo // vuoto del potere in Italia e poi raccolto negli Scritti corsari col titolo che la memoria di colo- ro che l'avevano letto ormai gli dava: V artico- lo delle lucciole - Pasolini aveva parlato del linguaggio di Moro in articoli e note di lin- guistica (e si veda il libro Empirismo eretico). Ma qui, nellarticolo delle lucciole, la sua atten- zione a Moro, al linguaggio di Moro, affiora in un contesto piu avvertito e preciso, dentro una piu vasta e disperata visione delle cose italiane. « Come sempre » dice Pasolini « solo nella lingua si sono avuti dei sintomi ». I sintomi del correre verso il vuoto di quel potere de- mocristiano che era stato, fino a dieci anni prima, « la pura e semplice continuazione del regime fascista». Nella lingua di Moro, nel suo linguaggio completamente nuovo e pero, nell'incomprensibilita, disponibile a riempi- re quello spazio da cui la Chiesa cattolica ri- traeva il suo latino proprio in quegli anni. E non poteva dirsi uno scambio, una sostituzio- ne? E poi, lapalissianamente: il latino e in- comprensibile per chi non sa il latino. Pasoli- ni non sa decifrare il latino di Moro, quel 16 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « linguaggio completamente nuovo » : ma in- tuisce che in quella incomprensibilita, dentro quel vuoto in cui viene pronunciata e risuo- na, si e stabilita una « enigmatica correlazio- ne » tra Moro e gli altri\ tra colui che meno avrebbe dovuto cercare e sperimentare un nuovo latino (che e ancora il « latinorum » che fa scattare d'impazienza Renzo Trama- glino) e coloro che invece necessariamente, per sopravvivere sia pure come automi, come maschere, dovevano avvolgervisi. In questo breve inciso di Pasolini — « per una enigmati- ca correlazione » — c'e come il presentimento, come la prefigurazione de\V affaire Moro. O- ra sappiamo che la « correlazione » era una « contraddizione »: e Moro l'ha pagata con la vita. Ma prima che lo assassinassero, e stato costretto, si e costretto, a vivere per circa due mesi un atroce contrappasso: sul suo « lin- guaggio completamente nuovo », sul suo nuovo latino incomprensibile quanto Tanti- co. Un contrappasso diretto: ha dovuto ten- tare di dire col linguaggio del nondire, di farsi capire adoperando gli stessi strumenti che aveva adottato e sperimentato per non far- si capire. Doveva comunicare usando il lin- guaggio dell'incomunicabilita. Per necessita: e cioe per censura e per autocensura. Da prigioniero. Da spia in territorio nemico e dal nemico vigilata. Ma prima di parlare dei documenti del contrap- passo, e cioe delle lettere attraverso cui Moro tento di comunicare con gli altri che credeva « suoi » — e non aveva per loro, alibi o masche- 17 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ra, inventato quel linguaggio completamente nuovo? — bisogna dire del nemico, dei carce- rieri. E principalmente riconoscere a questo nemico, a questi carcerieri, un'etica che ap- punto si potrebbe dire carceraria: maturata sulla lettura — o sul sentito dire - dei testi di Foucault o foucaultiani (anche se di una simi- le etica o di un simile formalismo si possono reperire esempi piu rozzi nel brigantaggio meridionale politico e non). Figli, nipoti o pronipoti del comunismo stalinista, gli uomi- ni delle Brigate rosse hanno pero respirato la polemica del « sorvegliare e punire » e intro- dotta questa esile vena libertaria nella loro pietrificata ideologia. Per questa polemica, la loro prigione non pud e non deve essere una ripetizione delle prigioni dello Stato Imperiali- sta delle Multinazionali (le maiuscole servono a cavarne la sigla SIM: e ci sarebbe da fare un discorso sulle tante sigle che come ninfee in uno stagno galleggiano nella Risoluzione della direzione strategica delle Brigate rosse)] il loro sorvegliare non pud e non deve riuscire ad effetti di alienazione e di annientamento quali si conseguono, sui prigionieri di tempra non eccezionale o di non rigorosa prepara- zione morale e ideologica, nelle carceri del SIM. Un lungo paragrafo della Risoluzione e dedicato alia « ristrutturazione del carcera- rio » in Italia: come se in Italia fosse davvero possibile ristrutturare qualcosa e come se fos- se una novita che l'obiettivo del « carcerario » (parola che da brivido: quasi una elevazio- ne del carcere a categoria dell'esistenza) sia 18 www.scribd.com/Cultura in Ita4 quello di conseguire sul prigioniero politi- co, attraverso Tannientamento fisico, la di- struzione appunto della identita politica. Sil- vio Pellico e Luigi Settembrini hanno scritto qualcosa di molto simile a quel che la direzio- ne strategica delle Brigate rosse comprime nel paragrafo D della Risoluzione. I brigatisti rossi recentemente processati dal- la Corte d'Assise di Torino, hanno rivendica- to - ad affermazione della loro umanita nel trattamento di un prigioniero, della loro di- versity — il fatto che al giudice Sossi, detenuto nella loro « prigione del popolo », preparava- no il risotto. Questa nota gastronomica, fami- liare, casalinga puo sembrare dissonante e quasi comica dentro un insieme di fatti mici- diali. Ma non e; e serve anzi a spiegare certe incongruenze, certi disorientanti comporta- menti delle Brigate rosse neWaffaire Moro. E principalmente: il loro zelo diciamo postale, alquanto eccessivo ed eccessivamente rispet- toso, da un certo punto in poi, della segre- tezza. Nell'arco delV affaire, recapitando, non senza rischio, da cinquanta a settanta lettere di Moro (minimo e massimo che danno i bene informati) i brigatisti non solo hanno tenuto in funzione e tensione - con prevalente gra- tuita — le loro risorse logistiche, ma pare si siano fatto preciso scrupolo di osservare la norma costituzionale relativa al segreto po- stale, alia inviolabilita della corrispondenza tra i liberi cittadini di un libero paese. Da un certo punto in poi, come si e detto. Poiche nel terzo comunicato, che accompagnava la pri- 19 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ma lettera di Moro dalla « prigione del popo- lo » (quella diretta al ministro degli Interni Francesco Cossiga), le Brigate rosse avevano affermato un diverso principio: « Ha chiesto (Moro) di scrivere una lettera segreta (le ma- novre occulte sono la normalita per la mafia democristiana) al governo ed in particolare al capo degli sbirri Cossiga. Gli e stato concesso, ma siccome niente deve essere nascosto al popolo ed e questo il nostro costume, la ren- diamo pubblica ». Cosi decisamente afferma- to il 29 marzo, il principio tacitamente deca- de il 30 aprile: giorno in cui si ha notizia che lettere di Moro sono state recapitate a Leone, Andreotti, Ingrao, Fanfani, Misasi, Piccoli e Craxi. Di queste sette lettere, la prima viene pubblicata per volonta dello stesso Moro, che l'ha indirizzata alia stampa « con preghiera di cortese urgente trasmissione al suo illustre destinatario » ; e quella diretta a Craxi perche in quel momento rendeva alia posizione as- sunta dal PSI. Coloro che avevano interesse a non far conoscere il contenuto delle lettere ricevute, hanno potuto tenerle segrete: nella distrazione o nella deroga delle Brigate rosse rispetto a quel loro costume, solennemente affermato, di nulla nascondere al popolo. E sarebbe da ingenui credere davvero a una distrazione o a una conversione alia osser- vanza del segreto postale. Ci sara stata una ragione, un calcolo. Ma tant'e che da un certo punto in poi non sono le Brigate rosse a render pubbliche le lettere di Moro. In quan- to alia gratuita, e cioe alia mancanza di scopo 20 www.scribd.com/Cultura in Ita4 e di utile con cui assolsero buona parte del lavoro postale, si pud ragionevolmente esser certi. E si consideri, ad esempio, il fatto che un uomo delle Brigate rosse ha rischiato la vita per recapitare una lettera come questa: « Mia carissima Noretta, « desidero farti giungere nel giorno di Pa- squa, a te ed a tutti, gli auguri piu fervidi e affettuosi con tanta tenerezza per la famiglia ed il piccolo in particolare. Ricordami ad An- na che avrei dovuto vedere oggi. Prego A- gnese di farti compagnia la notte. Io discre- tamente: benealimentato ed assistitocon pre- mura. « Vi benedico, invio tante cose care a tutti e un forte abbraccio. Aldo ». Dove c'e una sola cosa che poteva in qualche modo servire, propagandisticamente servire, alle Brigate rosse: ed e lo stare « discretamen- te » del prigioniero: « bene alimentato ed as- sistito con premura». E forse preparavano anche a lui il risotto, come al giudice Sossi. Ma nemmeno questa lettera viene, da parte loro, resa pubblica. E si pud forse avanza- re una ipotesi: che nell'etica carceraria delle Brigate rosse ci sia stato un prima e un dopo la condanna: e che Aldo Moro sia stato consi- derato uomo pubblico durante il processo, e quindi senza nessun diritto al segreto; e non piu dopo la sentenza: condannato a morte 21 www.scribd.com/Cultura in Ita4 che tra la sentenza e l'esecuzione vive in una sua sfera di sentimenti e risentimenti ormai assolutamente personali, assolutamente pri- vati. E tanto piu che a rendere personali e privati i sentimenti e i risentimenti di Moro concorreva Tintero partito della Democrazia Cristiana con la sua silenziosa ma unanime- mente dura « fin de non recevoir » delle di- rettive impartite dal suo presidente « impedi- to » (ed e stupefacente il silenzio dei giuristi e « paglietta » di cui 1'Italia abbonda, di solito sempre pronti ad esaminare per dritto e per rovescio ogni questione, di fronte alia deci- sione di Moro « di convocare per data conve- niente e urgente il Consiglio Nazionale » del- la Democrazia Cristiana al fine di deliberare « circa i modi per rimuovere gli impedimenti del suo Presidente »). Comunque, par certo che un uomo delle Brigate rosse ha corso un grande rischio soltanto per far giungere gli auguri pasquali di Moro alia sua famiglia. E si pud oggi dire — retrospettivamente e statisti- camente - che il margine di rischio era mini- mo e solo casualmente poteva insorgere; o addirittura inesistente, considerando la nes- suna resa delle azioni che la polizia condusse. Ma, al momento, quelle azioni erano tanto conclamate dalla stampa e dalla radiotelevi- sione, cosi decise, decisive e numerose appa- rivano, che si poteva anche nutrire l'illusione, e dalla parte delle Brigate rosse il timore, dovessero sortire un qualche effetto. Insomma: che Aldo Moro, dicendo di essere « bene alimentato ed assistito con premura », 22 www.scribd.com/Cultura in Ita4 abbia fatto piaggeria nei riguardi dei suoi carcerieri o detto cosa non vera per dare una certa tranquillita ai familiari, non e da crede- re. Compatibilmente alia loro necessita di un nascondiglio sicuro e ai loro mezzi, le Brigate rosse davvero avranno cercato di rendere la « prigione del popolo » diversa da quella del SIM di cui hanno immagine o esperienza. Una prigione che non operasse la distruzione della « identita politica e personate » del dete- nuto. Una prigione come quella che ci rap- presenta, della Firenze del Rinascimento, la Novella del Grasso Legnaiuolo o, della Palermo borbonica, la com media / mafiusi della Vicaria : una prigione, insomma, di prima che la pri- gione diventasse oggetto della ragione, pro- blema. E del resto, nel caso di Moro, il loro interesse era di svelare e analizzare quella identita integralmente, non di disgregarla o sostituirla. Moro bisognava continuasse ad essere se stesso nella « prigione del popolo ». AI di la della necessaria reclusione — una re- clusione che comprendeva anche loro — nes- suna costrizione, dunque, nessuna violenza fisica, psichica o farmacologica. E al minimo, anche, avranno esercitato censura sulle sue lettere. Ma di questa etica Moro non si rese conto o non si fido: e percio — tranne che in una delle ultime lettere pubblicate - dispera- tamente e lucidamente si autocensuro, adat- tando alia funzione del dire il suo linguaggio del nondire. 23 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Uno dei racconti piu straordinari che Borges abbia scritto e quello che, nelle Ficciones, s'in- titola Pierre Menard, autore del « Chisciotte » . Come tutte le cose che sembrano assoluta- mente fantastiche, di pura astrazione e mi- steriose, questo racconto parte da un dato reale, da un fatto, da un preciso avvenimento che quello che si usa denominare il mondo occidentale ha, se non conosciuto, respirato. Quest'avvenimento e la pubblicazione, nel 1905, della Vida de Don Quijote y Sancho di Miguel de Unamuno. Da quel momento non fu piu possibile leggere il Don Chisciotte come Cervantes Taveva scritto: l'interpretazione u- namuniana, che sembrava trasparente co- me un cristallo rispetto all'opera di Cervan- tes, era in effetti uno specchio: di Unamuno, del tempo di Unamuno, del sentimento di Unamuno, della visione del mondo e delle cose spagnole che aveva Unamuno. Da allora si e letto il Don Chisciotte di Unamuno creden- do di leggere ancora il Don Chisciotte di Cer- vantes: e di fatto leggendo quello di Cervan- tes. Circa mezzo secolo dopo, Borges scriveva di Pierre Menard (e sarebbe un bel caso, e puramente borgesiano, se Borges dicesse di non aver per nulla pensato a Unamuno!): 24 www.scribd.com/Cultura in Ita4 uno scrittore francese che, accanto ad un'esi- le opera letteraria «visibile», ne lascia una non compiuta ma eroica, ma impareggiabile - e « invisibile »: la composizione non di un « altro » Don Chisciotte ma « del » Don Chisciot- te. Del Don Chisciotte di Cervantes. In tutto eguale. E in tutto diverso. « II raffronto tra la pagina di Cervantes e quella di Menard e senz'altro rivelatore. II primo, per esempio, scrisse {Don Chisciotte, parte prima, capitolo ix):... la verita y la cui madre e la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia delpresente, avviso deWavvenire. Scritta nel secolo XVII, scritta dalYingenio lego Cervantes, questa enumerazione e un mero elogio retorico della storia. Menard, per contro, scrive:... la verita, la cui madre e la storia , emula del tempo, deposito delle azioni, testi- mone del passato y esempio e notizia del presente, avviso deWavvenire. La storia, madre della veri- ta; l'idea e meravigliosa. Menard, contempo- raneo di William James, non vede nella storia Findagine della realta, ma la sua origine. La verita storica, per lui, non e cio che avvenne, ma cio che noi giudichiamo che avvenne. Le clausole finali — esempio e notizia del presen- ter avviso deWavvenire — sono sfacciatamente pragmatiche ». Questo racconto, questo apologo, mi si e riac- ceso nella memoria appena ho finito di dare un sommario ordine alle cronache e ai docu- ment delYaffaire Moro. Si adeguava all'in- vincibile impressione che X affaire Moro fosse gia stato scritto, che fosse gia compiuta opera 25 www.scribd.com/Cultura in Ita4 letteraria, che vivesse ormai in una sua intoc- cabile perfeziorie. Intoccabile se non al modo di Pierre Menard: mutando tutto senza nulla mutare. E parodiando banalmente Borges: // 16 marzo 1978, qualche minuto prima delle nove y Vonorevole Aldo Mow, presidente della Democr a- zia Cristiana, esce dal portone numero 79 di via del Forte Trionfale. Sono adattenderlo la 130 blu di rappresentanza e unalfetta bianca con la scoria. II presidente deve prima recarsi al Centro Studi della Democrazia Cristiana e poi, alle died, alia Camera dei deputati, dove Vonorevole Andreotti presentera il nuovo governo e ne dichiarerd il programma. Di questo nuovo governo, che sard il primo governo democristiano sorretto anche dai voti comunisti, Vonorevole Moro e stato accorto e paziente artefice. Ma ce inquietudine sia nel Par- tito Comunista y deluso dalla presenza nel nuovo governo di vecchi e non molto stimati uomini della Democrazia Cristiana, sia in quella parte della Democrazia Cristiana che teme il realizzarsi del cosidetto compromesso storico. Scritta — e letta — subito dopo il rapimento, questa e una pura cronaca di quel che l'onorevole Moro stava facendo e aveva in programma di fare. Per contro, se oggi scrivo: II 16 marzo 1978, qual- che minuto prima delle nove, Vonorevole Aldo Mo- ro, presidente della Democrazia Cristiana, esce dal portone numero 79 di via del Forte Trionfale, Sono ad attenderlo la 130 blu di rappresentanza e unalfetta bianca con la scorta. II presidente deve prima recarsi al Centro Studi della Democrazia Cristiana e poi, alle died, alia Camera dei deputa- ti, dove Vonorevole Andreotti presentera il nuovo 26 www.scribd.com/Cultura in Ita4 governo e ne dichiarerd il programma. Di questo nuovo governo, che sard ilprimo governo democri- stiano sorretto anche dai voti comunisti, Vonorevo- le Mow e stato accorto e paziente artefice. Ma ce inquietudine sia nel Partiio Comunista, deluso dalla presenza nel nuovo governo di vecchi e non molto stimati uomini delta Democrazia Cristiana, sia in quella parte delta Democrazia Cristiana che teme il realizzarsi del cosidetto compromesso stori- co\ se oggi scrivo questo — le stesse parole e nello stesso ordine - per me e per il lettore tutt'altro ne sara il senso. Si e come spostato il centro di gravita: dall'onorevole Moro, che usciva di casa ignaro dell'agguato, alia Came- ra dei deputati dove l'assenza deironorevole Moro avrebbe rapidamente prodotto quel che la sua presenza difficoltosamente avreb- be conseguito: e cioe queiracquietamento e quella concordia per cui il quarto governo presieduto dall'onorevole Andreotti veni- va approvato senza discussione alcuna. Al dramma del rapimento si e come sostituito — per quel che volgarmente e detto « il senno del poi » — il dramma che l'assenza dell'ono- revole Moro dal Parlamento, dalla vita politi- ca, hpiiiproducente - in una determinata dire- zione — della sua presenza. E direbbe Piran- dello: « il dramma, signori, e tutto qui ». Ma il richiamo all'apologo di Borges vuole essere meno superficiale, meno parodistico. Perche l'impressione che X affaire Moro sia gia stato scritto, che viva in una sfera di intocca- bile perfezione letteraria, che non si possa che fedelmente riscriverlo e pero, riscriven- 27 www.scribd.com/Cultura in Ita4 dolo, mutar tutto senza nulla mutare? Le ragioni sono tante; e non tutte decifrabili. E da dire, intanto, che, come il Don Chisciotte, Yaffaire Moro si svolge irrealmente in una realissima temperie storica e ambientale. Al- io stesso modo che don Chisciotte dai libri della cavalleria errante, Moro e la sua vicen- da sembrano generati da una certa letteratu- ra. Ho ricordato Pasolini. Posso anche - non rallegrandomene ma nemmeno rinnegan- doli - ricordare due miei racconti, almeno due: II contesto e Todo modo. Nella Storia della Democrazia Cristiana di Giorgio Galli, pubbli- cata qualche mese prima &e\Y affaire, si legge: « Probabilmente una parte di questo perso- nale dirigente (della Democrazia Cristiana), si- no agli anni Cinquanta espresso dagli organi tipici della cultura e della formazione cattoli- ca, comprende, a partire dagli anni Sessanta, un numero crescente di individui di diver- sa formazione, e forse persino non credenti (ma sempre praticanti). Comunque, l'ideolo- gia ufficiale che cementa il blocco di potere nel quale la DC si viene sempre piu trasfor- mando, e un'introiezione dei concetti e dei va- lori dello schema "eusebiano". Al culmine del processo degenerativo di questa sorta di fi- losofia della prassi conservatrice, Leonardo Sciascia ed Elio Petri sintetizzeranno, nel film Todo modo, la parabola di personaggi dei quali i relatori sulla socialita, gia a questo congres- so di Napoli (1952), sono in qualche modo emblematici ». Una sintesi, una tirata di som- ma: ma nel vuoto di riflessione, di critica e 28 www.scribd.com/Cultura in Ita4 persino di buon senso in cui la vita politica italiana si e svolta, le sintesi non potevano apparire che anticipazioni, che profezie; se non addirittura istigazioni. Lasciata, insom- nia, alia letteratura la verita, la verita - quan- do dura e tragica apparve nello spazio quoti- diano e non fu piu possibile ignorarla o travi- sarla - sembro generata dalla letteratura. Dagli uomini politici del potere, o al potere vicini, gli uomini di lettere (preferibile « uo- mini di lettere » - di Voltaire e del suo tem- po - a « intellettuali », termine di generica e imprecisa massificazione) ne furono accusa- ti: e con una certa buonafede, con una certa innocenza, considerando che gli stessi uo- mini di lettere avrebbero ad un certo punto avuto Tallucinazione di aver generato quella realta. Ma procediamo ancora di un grado, a fron- te delFapologo di Borges. L'impressione che tutto nelYaffaire Moro accada, per cosi dire, in letteratura, viene principalmente da quel- la specie di fuga dei fatti, da quell'astrarsi dei fatti — nel momento stesso in cui accadono e ancora di piu contemplandoli poi nel loro insieme — in una dimensione di conseguen- zialita immaginativa o fantastica indefettibile e da cui ridonda una costante, tenace ambi- guita. Tanta perfezione puo essere dell'im- maginazione, della fantasia; non della realta. E per dirla con una boutade: si puo sfuggire alia polizia italiana — alia polizia italiana cosi come e istruita, organizzata e diretta - ma non al calcolo delle probability. E stando alle 29 www.scribd.com/Cultura in Ita4 statistiche diffuse dal ministero degli Interni, relative alle operazioni condotte dalla polizia nel periodo che va dal rapimento di Moro al ritrovamento del cadavere, le Brigate rosse appunto sono sfuggite al calcolo delle proba- bility. II che e verosimile, ma non pud essere vero e reale (Tommaseo, Dizionario dei sinoni- mi: « Per piu intensions le due voci s'unisco- no, e dicesi: fatto vero e reale: e simili. Reale allora par che aggiunga a vero, ne solo per pleonasmo: ecco come. Un fatto vero e reale non solamente e accaduto veramente, ma e propriamente accaduto quale si narra, qual parve, quale e creduto... »). 30 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Nel farsi di ogni avvenimento che poi gran- demente si configura c'e un concorso di mi- nuti avvenimenti, tanto minuti da essere a volte impercettibili, che in un moto di attra- zione e di aggregazione corrono verso un centro oscuro, verso un vuoto campo magne- tico in cui prendono forma: e sono, insieme, il grande avvenimento appunto. In questa forma, nella forma che insieme assumono, nessun minuto avvenimento e accidentale, incidentale, fortuito: le parti, sia pure mole- colari, trovano necessita - e quindi spiegazio- ne - nel tutto; e il tutto nelle parti. Uno di questi piccoli avvenimenti e x\z\Y affai- re Moro l'espressione « il grande statista » che ad un certo punto sostituisce il nome Moro o espressioni come « il presidente della Demo- crazia Cristiana », « il leader », « il grande lea- der », « il leader prestigioso »... Nei giornali del 1 8 marzo ci imbattiamo per la prima volta nella definizione di « statista » elargita a Mo- ro: ma nella dichiarazione — e da presumere tradotta - del segretario generale deirONU (« uno dei piu eminenti statisti d'ltalia »). La parola si riaffaccia sui giornali, ma sporadi- camente, dopo il primo messaggio di Mo- ro: la lettera al ministro degli Interni Cossiga. 31 www.scribd.com/Cultura in Ita4 II 18 aprile la si coglie, per la prima volta accompagnata dall'aggettivo «grande», nel messaggio del presidente Carter. Non sap- piamo come suonasse nel testo originale; co- munque Tespressione era quella che ci vole- va, quella che si cercava, affinche ogni riferi- mento a Moro contenesse — sottaciuto ma effettuale — un confronto tra quel che era stato e quel che piu non era. Era stato un « grande statista»; e ora altro non era che un uomo (parole sue, nella prima lettera dal- la « prigione del popolo »: e saranno, fin ol- tre la conclusione della vicenda, le piu citate) « sotto un dominio pieno ed incontrollato » . « Statista » e propriamente l'uomo dello Sta- to: colui che alio Stato, alia struttura che lo costituisce, alle leggi che lo regolano, devol- ve intelligente fedelta, meditazione, studio; e « grande statista », ovviamente, colui che queste facolta e attivita devolve al massimo grado. E come era possibile ritrovare l'imma- gine del « grande statista » nei messaggi che Moro mandava dalla « prigione del popolo »? Le Brigate rosse lo avevano distrutto: al po- sto del « grande statista » c'era un uomo che forse subiva sevizie fisiche, forse veniva dro- gato e sicuramente viveva nell'incubo di una costante minaccia di morte in cui smarriva quel « senso dello Stato » che altamente aveva dimostrato di avere in piu che trent'anni di attivita politica. Grande e spiccata menzogna, tra le tante in quei giorni rigogliose. Ne Moro ne il partito da lui presieduto avevano mai avuto il « senso dello Stato ». L'idea dello Sta- 32 www.scribd.com/Cultura in Ita4 to quale alcuni esponenti del Partito Comu- nista Italiano avevano cominciato ricattato- riamente ad agitare nel maggio dell'anno prima - idea che sembrava discendere e for- se, per ragioni che qui ed ora non e il caso di esaminare, discendeva piu dal lato destro che dal lato sinistro di Hegel — probabilmente aveva attraversato la mente di Aldo Moro soltanto negli anni giovanili, nell'agguerrirsi a quei ludi culturali che il regime fascista organizzava (i « littoriali »: e « littori » erano proclamati coloro che li vincevano): ma senza lasciar traccia nei suoi pensieri - o nel suo pensiero, se si vuole per lui rivendicare o ammettere una concezione ben definita ed articolata del fatto politico e del far politica. E figuriamoci nelle menti sicuramente meno ammobiliate — direbbe Savinio — di pensiero, e probabilmente di pensieri, di una gran par- te di coloro cui Moro era guida ed esempio. E del resto il richiamo e la congenialita per cui almeno un terzo dell'elettorato italiano si ri- conosceva e si riconosce nel partito della De- mocrazia Cristiana appunto risiedono nel- l'assenza, in questo partito, di un'idea dello Stato: assenza rassicurante, e si potrebbe an- che dire energetica. In effetti, la polemica mossa Tanno avanti da alcuni esponenti del Partito Comunista Ita- liano contro chi mostrava di non amare svi- sceratamente lo Stato - lo Stato italiano cosi com'era - fece da ouverture a quel melodram- ma di amore alio Stato che sulla scena italiana grandiosamente si recito dal 16 marzo al 9 33 www.scribd.com/Cultura in Ita4 maggio del 1978. E vittime di questa gran- diosa messa in scena — come schiacciati dalle massicce quinte, dai massicci fondali - sem- bravano essere coloro che non nutrivano grande amore per lo Stato o per lo Stato i- taliano cosi com'era; ma la vera vittima ne era Aldo Moro. Moro non era stato, fino al 16 marzo, un « grande statista». Era stato, e continud ad esserlo anche nella « prigione del popolo», un grande politicante: vigile, accorto, calco- latore; apparentemente duttile ma effettual- mente irremovibile; paziente ma della pa- zienza che si accompagna alia tenacia; e con una visione delle forze, e cioe delle debolez- ze, che muovono la vita italiana, tra le piu vaste e sicure che uomo politico abbia avuto. E proprio in cio stava la sua peculiarita: nel conoscere le debolezze e nell'avere adotta- to una strategia che le alimentasse dando al tempo stesso, a chi quelle debolezze portava, Tillusione che si fossero mutate in forza. E in questa sua strategia convergevano due espe- rienze, ataviche e personali: il cattolicesimo italiano e quella versione, nella piu cruda e feroce quotidianita, del cattolicesimo italiano che e la vita sociale (cioe asociale) del meri- dione d'ltalia. Strategia negli effetti parago- nabile a quella di Kutuzov di fronte a Napo- leone. E piu volte mi e avvenuto, quando Moro era in fortuna, di paragonarlo a Kutu- zov cosi come Tolstoj lo descrive e muove in Guerra e pace. E si pensi al capitolo xv della prima parte: al principe Andrea che rive- 34 www.scribd.com/Cultura in Ita4 de Kutuzov immutato nella « espressione di stanchezza della faccia e della figura »; a Ku- tuzov che con aria stanca e ironica ascolta quel Denisov, che ha un piano per tagliare i rifornimenti a Napoleone e salvare la patria, e poi lo interrompe chiedendogli se e parente deirintendente generate Denisov; a Kutuzov che « conosceva qualcosa d'altro, che doveva decidere le sorti della guerra » — qualcosa d'altro che non stava nei piani piu o meno intelligent, ma nella geografia e nel modo di essere del popolo russo. A vederlo sullo schermo della televisions Moro sembrava preda della piu antica stan- chezza, della piu profonda noia. Soltanto a tratti, tra occhi e labbra, si intravedeva un lampeggiare d'ironia o di disprezzo: ma subi- to appannato da quella stanchezza, da quel- la noia. Ma si aveva il senso che conoscesse « qualcosa d'altro » : il segreto italiano e catto- lico di disperdere il nuovo nel vecchio, di usare ogni nuovo strumento per servire re- gole antiche e, principalmente, di una cono- scenza tutta in negativo, in negativita, della natura umana. II che gli era al tempo stesso afflizione ed arma. Arma usata con dolore: visibilmente. Ma usata. Era, come dice Pasoli- ni, « il meno implicato di tutti »: ma proprio l'essere il meno implicato gli dava, su tutti nella Democrazia Cristiana, Tincontrastabile e anzi alleviante autorita di parlare in nome di tutti: potere e insieme sacrificio. E fuori della Democrazia Cristiana, di fronte agli al- tri partiti e all'Italia intera, questa situazione 35 www.scribd.com/Cultura in Ita4 funzionava nel senso della credibility, della fiducia; e direi pateticamente. Se un'idea ebbe Moro che somigliasse all'i- dea dello Stato, quest'idea stava come mura- ta dentro la Democrazia Cristiana, dentro la medievale citta - che sembrava aperta e indi- fesa, ma al momento del pericolo si rivelava munitissima, vigilata e sbarrata — della De- mocrazia Cristiana. E proband tracce di que- sta idea si possono trovare nell'ultimo suo discorso in Parlamento: quello in difesa del- l'onorevole Gui, senatore della Democrazia Cristiana, accusato di essere stato « partecipe e beneficiario », da ministro della Difesa, di un gravissimo illecito. E vale la pena stralciar- ne una breve antologia: « In questa posizione (di difesa delVonorevole Gui) troviamo unita la Democrazia Cristiana ed intendiamo con essa difendere la Demo- crazia Cristiana nel suo insieme. Ci siamo divisi qualche volta, ma su cose minori, su cose opinabili. Quando pero si e trattato di grandi temi, di grandi scelte, di grandi valori, noi non ci siamo divisi, ma semmai altri si sono divisi, a dimostrazione del fatto che o- biettivamente l'area della verita era piu am- pia della nostra personale convinzione. Di- fendiamo dunque uniti la Democrazia Cri- stiana ... Non si tratta di un primato, quale che sia, della Democrazia Cristiana, il quale e del resto una fredda constatazione dei fatti, fatti importanti anche perche durevoli, il che dimostra che essi hanno non ragioni occasio- 36 www.scribd.com/Cultura in Ita4 nali, ma radici storiche ... Quello che non ac- cettiamo e che la nostra esperienza comples- siva sia bollata con un marchio d'infamia in questa sorta di cattivo seguito di una campa- gna elettorale esasperata. Intorno al rifiu- to dell'accusa che, in noi, tutti e tutto sia da condannare, noi facciamo quadrato davvero. Non so quanti siano a perseguire questo dise- gno politico, ma e questa, bisogna dirlo fran- camente, una prospettivacontraddittoriacon una linea di collaborazione democratica {am- monizione, questa, rivolta ai comunisti: e alquan- to gratuitamente , poiche i comunisti volevano si che Gui fosse rinviato a giudizio, ma si guardava- no bene dal voter processare tutta la Democrazia Ciistiana). A chiunque voglia travolgere glo- balmente la nostra esperienza; a chiunque voglia fare un processo, morale e politico, da celebrare, come si e detto cinicamente, nelle piazze, noi rispondiamo con la piu ferma reazione e con l'appello all'opinione pubbli- ca che non ha riconosciuto in noi una colpa storica e non ha voluto che la nostra forza fosse diminuita ... Se avete un minimo di sag- gezza, della quale, talvolta, si sarebbe indotti a dubitare, vi diciamo fermamente di non sottovalutare la grande forza deH'opinione pubblica che, da piu di tre decenni, trova nella Democrazia Cristiana la sua espressione e la sua difesa. Credo che essa non intenda rinunciare a questo modo di presenza, cosi come noi non pensiamo di rinunciare a que- sta forza, ai diritti che ne conseguono ed ai compiti che ci sono affidati. Si tratta di cose 37 www.scribd.com/Cultura in Ita4 estremamente serie, ed e doveroso in questo momento riaffermare le ragioni della liberta e la necessaria integrita del paese nella sua sostanza sociale e politica ». E a voler ridurre ad essenzialita e chiarezza gli argomenti dell'onorevole Moro: la liberta e l'integrita del paese sono intangibili; la De- mocrazia Cristiana rappresenta la liberta e l'integrita del paese; la Democrazia Cristiana e intangibile. Sillogismo da cui rampolla que- st'altro: rimmutato consenso elettorale di- mostra che la Democrazia Cristiana non ha colpa; l'onorevole Gui e democristiano; l'o- norevole Gui non ha colpa. E sara magari l'onorevole Gui innocente rispetto alle speci- fiche imputazioni che gli sono state mosse; ma non pare che la sua personale innocenza possa rifulgere attraverso questi sillogismi. Questi sillogismi, trascendendo il problema della colpevolezza o innocenza dell'onorevo- le Gui, affermano una volta per tutte l'inno- cenza della Democrazia Cristiana: da far va- lere, volta per volta, come pregiudiziale in- nocenza dei singoli democristiani. Bayle credeva che una repubblica di buoni cristiani non potesse durare. Montesquieu correggeva: « una repubblica di buoni cri- stiani non pud esistere ». Ma una repubblica di buoni cattolici italiani pud esistere e dura- re. Cosi. 38 www.scribd.com/Cultura in Ita4 A questa Democrazia Cristiana che ritrova la sua unita e compattezza nella difesa del singolo democristiano, a questo partito-fami- glia, a questo partito che interpreta e rappre- senta la « volonta generale » degli italiani an- che se aritmeticamente ne rappresenta un terzo, Aldo Moro si rivolge dalla « prigione del popolo ». La sua prima lettera arriva la sera del 29 marzo, dalle Brigate rosse recapitata assie- me al loro terzo comunicato. E indirizzata a Francesco Cossiga, ministro degli Interni. Moro scrive « in modo molto riservato ». In- dubbiamente la riservatezza gli e stata, dai suoi carcerieri, assicurata. Ma le Brigate ros- se spiegano: « Ha chiesto di scrivere una let- tera segreta (le manovre occulte sono la nor- malita per la mafia democristiana) al governo ed in particolare al capo degli sbirri Cossiga. Gli e stato concesso, ma siccome niente deve essere nascosto al popolo ed e questo il nostro costume, la rendiamo pubblica ». Gli e stato concesso di scrivere una lettera, non una let- tera segreta: anche se il segreto glierhanno promesso. E fa differenza. La prima doman- da da porsi e: perche al ministro degli Inter- ni? Per quel che Moro propone, destinatario 39 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ad hoc avrebbe dovuto essere il ministro della Giustizia. Se poi avesse avuto quel famoso « senso dello Stato » di cui i giornali comincia- vano a gratificarlo, si sarebbe rivolto al presi- dente del Consiglio o al presidente della Re- pubblica. Perche, dunque, al ministro degli Interni? Che lo considerasse tra « gli amici » il piu amico, non e una risposta esauriente. Non ci sono, nella lettera, frasi destinate al solo Cossiga in quanto democristiano, in quanto amico. E da presumere, invece, ci siano delle frasi destinate a Cossiga in quanto ministro degli Interni, in quanto — per dirla col linguaggio delle Brigate rosse — « capo degli sbirri ». « Caro Francesco, « mentre t'indirizzo un caro saluto, sono in- dotto dalle difficili circostanze a svolgere di- nanzi a te, avendo presenti le tue responsabi- lita (che ovviamente rispetto), alcune lucide e realistiche considerazioni. Prescindo voluta- mente da ogni aspetto emotivo e mi attengo ai fatti. Benche non sappia nulla ne del modo ne di quanto accaduto dopo il mio preleva- mento, e fuori discussione - mi e stato det- to con tutta chiarezza - che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto, come Pre- sidente della DC, a un processo diretto ad accertare le mie trentennali responsabilita (processo contenuto ora in termini politici, che diventa sempre piu stringente). « In tali circostanze ti scrivo in modo molto 40 www.scribd.com/Cultura in Ita4 riservato, perche tu e gli amici con alia testa il Presidente del Consiglio (informato ovvia- mente il Presidente della Repubblica) possia- te riflettere opportunamente sul da farsi, per evitare guai peggiori. « Pensare dunque fino in fondo, prima che si crei una situazione emotiva ed irrazionale. Devo pensare che il grave addebito che mi viene fatto, si rivolge a me in quanto espo nente qualificato della DC nel suo insieme nella gestione della sua linea politica. In veri- ta siamo tutti noi del gruppo dirigente che siamo chiamati in causa, ed e il nostro opera- te* collettivo che e sotto accusa e di cui devo rispondere. Nelle circostanze sopra descritte entra in gioco, al di la di ogni considerazione umanitaria che pure non si puo ignorare, la ragione di Stato. Soprattutto questa ragione di Stato significa, riprendendo lo spunto ac- cennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato, sottoposto ad un processo po- polare che puo essere opportunamente gra- duate, che sono in questo stato avendo tutta la conoscenza e sensibilita che derivano dalla lunga esperienza, con il rischio di essere chia- mato o indotto a parlare in maniera che po- trebbe essere sgradevole e pericolosa in de- terminate situazioni. « Inoltre la dottrina per la quale il rapimento non deve arrecare vantaggi, discutibile gia nei casi comuni, dove il danno del rapito e estremamente probabile, non regge in circo- stanze politiche, dove si provocano danni si- 41 www.scribd.com/Cultura in Ita4 curi e incalcolabili non solo alia persona ma alio Stato. II sacrificio degli innocenti in no- me di un astratto principio di legalita, mentre un indiscutibile stato di necessita dovrebbe indurre a salvarli, e inammissibile. Tutti gli Stati del mondo si sono regolati in modo positivo, salvo Israele e la Germania, ma non per il caso Lorenz. E non si dica che lo Stato perde la faccia perche esso non ha saputo o potuto impedire il rapimento di un'alta per- sonality che significa qualcosa nella vita dello Stato. « Ritornando un momento indietro sul corn- portamento degli Stati, ricordero gli scambi tra Breznev e Pinochet, i molteplici scambi di spie, Tespulsione dei dissenzienti dal territo- rio sovietico. Capisco come un fatto di questo genere, quando si delinea, pesi, ma si deve anche guardare lucidamente al peggio, che pud venire. Queste sono le alterne vicende di una guerriglia, che bisogna valutare con fred- dezza bloccando l'emotivita e riflettendo sui fatti politici. Penso che un preventivo passo della Santa Sede (o anche di altri? chi?) po- trebbe essere utile. Converra che tenga d'in- tesa con il Presidente del Consiglio riserva- tissimi contatti con pochi qualificati capi po- litici, convincendo gli eventuali riluttanti. Un atteggiamento di ostilita sarebbe una a- strattezza e un errore. « Che Iddio vi illumini per il meglio evitando che siate impantanati in un doloroso episo- dio, dal quale potrebbero dipendere molte cose. I piu affettuosi saluti». 42 www.scribd.com/Cultura in Ita4 II cavaliere Charles Auguste Dupin, l'investi- gatore di Poe, poneva a precetto di ogni inve- stigazione la capacita di identificarsi, di im- medesimarsi. Precetto assolutamente valido, anche al di fuori di quel genere letterario denominato « poliziesco », nella pratica; ma altrettanto assolutamente ricusato da ogni polizia se non a livello, per cosi dire, medio (di massa: come gia, piu di un secolo addie- tro, diceva il cavaliere Dupin). NeWaffaire Moro si presentava la necessita di un duplice processo di immedesimazione: con le Brigate rosse (la cui sempre indenne sicurezza nel muoversi, nel condurre spericolatissime a- zioni anche per il solo gusto della beffa e del simbolo, si spiega anche col loro far calcolo di quella invisibilita delVevidenza di cui Dupin di- scorre nel racconto La letiera rubata) e con Moro, prigioniero che mandava dalla prigio- ne messaggi da decifrare secondo quel che « gli amici » conoscevano di lui - pensieri, comportamenti, abitudini e idiosincrasie — e secondo immedesimazione alle condizioni in cui si trovava. II primo grado deirimmedesimazione non poteva dunque essere che questo: tentare di capire quel che tempestosamente poteva agi- tarsi in un uomo che, dopo circa due settima- ne di isolamento, stremato da interrogatori ed insonnie e tuttavia lucidissimo (e anche di quella lucidita in cui l'esaurirsi di energie ad un certo punto si rovescia), ha finalmente la possibility di scrivere una lettera a colui che detiene gli uomini e i mezzi che potrebbero 43 www.scribd.com/Cultura in Ita4 liberarlo da quella condizione. Ma una lette- ra cauta, reticente, sibillina; che dica quel che i carcerieri vogliono che dica e lasci intrave- dere qualcosa di quel che non gli permette- rebbero di dire. E c'e da credere l'abbia pen- sata per ore e ore, nelle notti insonni, aspet- tando il momento in cui gli avrebbero con- cesso di scriverla: per tante ore quante al- meno avrebbero dovuto spenderne « gli a- mici » e la polizia per decifrarla. Ed e pure da credere che gli interventi censori, se ci sono stati, sono stati minimi: facendo credito a Moro di aver capito quale fosse il giuo- co delle Brigate rosse e come bisognasse, in cambio di quell'esiguo e precario margine di liberta, assecondarlo. Che fosse gia da prima delPopinione che uno Stato di diritto potesse e dovesse trattare scambio di prigionieri con bande eversive, che vi si convincesse per sal- vare la propria vita o che fingesse di esserne convinto, la cosa certa e questa: se Moro non si fosse mostrato in disposizione di collabora- re al ricatto delle Brigate rosse, nessuna sua lettera sarebbe uscita dalla « prigione del po- polo ». E a me pare di potere affermare che, almeno nel momento in cui scriveva a Cossi- ga, e per il fatto stesso che scriveva al ministro degli Interni, Moro puntasse le proprie spe- ranze su un'azione di forza (e di intelligenza) da parte della polizia: e che il raccomanda- to patteggiamento e scambio fosse per lui, grande temporeggiatore, il modo migliore, e il solo, per prender tempo — dandosi, se non la certezza, la speranza che la polizia 44 www.scribd.com/Cultura in Ita4 non perdesse il proprio. Solo che la polizia lo perdeva, al di la di quanto Moro potesse immaginare. Dando dunque per certo che Moro si rivol- ge a Cossiga in quanto ministro degli Inter- ni (non perche e il piu amico tra « gli amici » o perche si trova a un vertice, per cosi di- re, decisionale), ne discende ovviamente che nella lettera deve aver tentato di comunicare qualche elemento di cui si fosse reso conto e che potesse servire a orientare le ricerche per ritrovarlo. Escludendo che nella lettera ci siano critto- grammi o che sia possibile decifrarla attra- verso scomposizioni e ricomposizioni da co- dici spionistici, resta da applicare un solo e banalissimo codice: quello che chiamerei del- Tinsensatezza, del nonsenso. E la frase che nella lettera ha meno senso e questa: « Penso che un preventivo passo deila Santa Sede (o anche di altri? chi?) potrebbe essere utile ». Un passo della Santa Sede presso le Brigate rosse! Niente di piu assurdo. E poi, « preven- tivo »: che vuol dire? Tentiamo di immedesimarci. Per la carica che tiene e per il momento in cui e avvenuto il suo « prelevamento », momento in cui una maggioranza stava per approvare in Parla- mento la sua piu accorta e paziente operazio- ne politica, Moro e certo che la polizia sia stata come non mai mobilitata e lanciata in azioni vastissime e insieme capillari, massicce e al tempo stesso meticolose. Sa poi, per il tempo impiegato nel percorso dal luogo del 45 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « prelevamento » alia « prigione del popolo » (e impensabile, nella previsione di quel che si sarebbe scatenato, che le Brigate rosse abbia- no praticato un percorso allungato, per il prigioniero disorientante), di trovarsi ancora a Roma: e probabilmente questa sua certezza e confortata da un qualche segno acustico che i carcerieri non riescono a impedirgli di cogliere: il rumore del traffico, un suono di campane, un pulviscolo di voci... Mettendo assieme quello che presume e quello che sa, arriva a questa domanda: come possibile che la polizia non riesca a trovare la « prigione del popolo »? E la risposta che si da e questa: la « prigione del popolo » si trova in un luogo insospettato e insospettabile, in un luogo i- naccessibile alia polizia, in un luogo che gode di immunita. La Citta del Vaticano? Un'am- basciata? Non si vuole qui dire che Moro potesse dav- vero trovarsi nella Citta del Vaticano o in qualche ambasciata. Si vuole soltanto dire che Moro pud averlo pensato: nell'illusione che si faceva riguardo all'efficienza della polizia, al- l'intelligenza e volonta degli «amici». Per mia parte, credo che anche la « prigione del popolo » si appartenesse a quella che io chia- mo invisibilita delVevidenza e che altri, sempre sulla Lettera rubata di Poe, ha chiamato eccesso di evidenza. L'immunita di cui godeva la « pri- gione del popolo » era dovuta, in buona parte se non totalmente, all'evidenza in cui si trova- va. Ma un'evidenza concatenata ad altre evi- 46 www.scribd.com/Cultura in Ita4 denze: e tutte che fanno capo al concetto di clandestinita delle Brigate rosse. Per quanto romanzesca possa apparire l'ipo- tesi che questa prima lettera di Moro conten- ga un'indicazione da servire alia polizia, biso- gna comunque tener presenti questi elemen- ti: e indirizzata al ministro degli Interni; il riferimento alia Santa Sede e incongruo da una parte, il solo che contenga riferimento a un luogo possibile come nascondiglio dall'al- tra; e il solo punto in cui il calmo argomenta- re assume una certa concitazione, una certa drammaticita: con quei due disperati punti interrogativi che sarebbe troppo facile - e cioe troppo difficile — spiegare soltanto nel senso letterale di un'ansiosa ricerca di media- zione. Tra l'altro, Moro sa benissimo di pote- re essere, al caso, il miglior mediatore pos- sibile; come sa benissimo che un'organizza- zione come Amnesty International andrebbe meglio, per trattare con le Brigate rosse, del- la Santa Sede. E c'e da fare, su questa lettera a Cossiga, un'ultima osservazione: che se Moro avesse scritto soltanto questa, forse oggi la si interpreterebbe come una raccomandazione di fermezza, di non subire il ricatto, di non cedere alio scambio. Tanti elementi, se isola- ti, potrebbero farlo pensare: non ultimo quel richiamo, che non cade in taglio, alio scambio tra Breznev e Pinochet, e cioe tra due sistemi da lui non amati. O forse Moro voleva dire: lo scambio, il sottostare al ricatto, e l'estrema linea da toccare; intanto prendete tempo, trattate in lungo - e trovatemi. 47 www.scribd.com/Cultura in Ita4 II giorno stesso del « prelevamento », l'ono- revole Ugo La Malfa, leader del Partito Re- pubblicano, dichiara: « E una sfida alio Stato democratico. Bisogna reagire accettandola ». La retorica nazionale, antica brace sotto la cenere, torna a divampare. « II paese accetta la sfida » ne e, nei titoli dei giornali, la sintesi: tragicomica sintesi, a rivederli quattro mesi dopo e nel bilancio di un solo brigatista arre- stato: quel Cristoforo Piancone che la guar- dia carceraria Lorenzo Cotugno riusci, pri- ma di abbattersi colpito a morte, a ferire. Una delle tante ondate di retorica raggiunge e coinvolge la signora Eleonora Moro. Le viene attribuita la frase - da eroica donna dell'antica Roma e a segno « che l'antiquo valore ne l'italici cor' non e ancor morto » - « Mio marito non deve essere barattato in nessun caso». La signora Moro declina un tanto onore, smentisce. Ma l'apocrifo e da imputare soltanto al divampare della retori- ca? Non comincia proprio da li, da quel mo- mento, da quel falso, il giuoco dell'intransi- genza, della durezza? Comunque: che muo- va da impeto retorico o da freddo e spietato calcolo, il tentativo di fare di lei una Volum- nia - contro quel Coriolano che, chiedendo 48 www.scribd.com/Cultura in Ita4 di essere riscattato, poteva diventare Moro - la signora Eleonora Moro prontamente lo respinge. Ma una frase cosi « bella », e sopra- tutto cosi utile, non bisognava farla dimenti- care: e non potendo, per la decisa smentita, continuare ad attribuirgliela, si disse che la donna era ben degna di quella frase non detta, che ne era alTaltezza, che quella frase era « sottintesa nella grande dignita civile del suo com portamento ». Atroce mistificazione, tra le tante che si disegneranno sulYaffaire e vi si compenetreranno a renderlo piu atroce: e se ne ha come un riverbero di vergogna, continuando ad avere a che fare con la carta stampata. Tutti i meccanismi da mettere in moto contro « Tinfame ricatto » vengono messi a punto e lubrificati nelTattesa che « Tinfame ricatto » venga avanzato. Ma non se ne parla nel pri- mo comunicato delle Brigate rosse: quello che il 18 marzo, assieme a una fotografia di Moro, arriva a un giornale romano (Timma- gine di Moro, che ha come fondo il drap- po delle Brigate rosse, non e diversa, nelTe- spressione di stanchezza e di noia, e con un baluginare d'ironia tra la nebbia del tedio, di quella che milioni di telespettatori conosco- no). Non se ne parla nel secondo. E nemme- no nel terzo, che accompagna la lettera di Moro a Cossiga. Le Brigate rosse hanno fatto in modo che « Tinfame ricatto » apparisse vo- luto e sollecitato soltanto da Moro. Gli avran- no fatto credere di averle gia avanzate, le loro richieste: ma senza esito o risposta. Era ora 49 www.scribd.com/Cultura in Ita4 affar suo, di Moro, convincere « gli amici » del governo al baratto. L'astuzia delle Brigate rosse, il raggiro in cui avevano preso Moro, era facilmente arguibi- le appunto come astuzia, come raggiro: dal tono stesso della lettera a Cossiga, che e di chi continua un discorso da altri cominciato o vi interviene. Ma nessuno si e dato la pena, mi pare, di farlo notare. Le Brigate rosse aveva- no interesse a che Moro apparisse il solo ro- gante e sollecitatore dello scambio cui poi loro, per clemenza e come a commutazione della condanna a morte, si sarebbero resi. Tremante davanti al loro processo, intanto. Da parte diciamo governativa, invece, Tinte- resse era di buttarsi subito sulla devastazione psichica e morale che le Brigate rosse aveva- no operato su Moro, riducendo l'uomo che aveva « il senso dello Stato », « il grande stati- sta », a domandare che lo Stato abdicasse alia propria natura e funzione. Ma Moro, che cosa veramente pensava e vo- leva Moro? In primo luogo, voleva che la polizia lo tro- vasse: e percio la trattativa, una lunga e tergi- versante trattativa, gli sara parsa — come sem- pre — il solo mezzo e modo che ne potesse compensare le carenze e i disguidi e portarla, per quantita di operazioni o per giusta infor- mazione o per caso, alia « prigione del popo- lo ». Intanto, purche « gli amici » dessero nel frattempo corda alia trattativa e la polizia si muovesse, il suo proposito era di resistere al processo, di non accettarlo: atteggiamento 50 www.scribd.com/Cultura in Ita4 parallelo a quello dei brigatisti rossi davanti all' Assise di Torino. Che - contrariamente a quanto le Brigate rosse affermano nel comunicato numero tre - Moro non collaborasse al processo e che « la completa collaborazione del prigioniero » si riducesse a un dialogare politico, pare di po- terlo affermare non solo alia luce del comu- nicato numero sei (del 15 aprile), ma anche da quel che Moro dice a Cossiga e che si puo attendibilmente tradurre in questi termini: il processo e per ora politico, e quindi altro non e che una discussione, cui posso tener testa, sulle mie convinzioni; diventera piu strin- gente quando si passera a quei fatti specifici che investono specifiche e personali respon- sabilita; e allora, nonostante la mia volonta di non collaborare, bisogna tener presente che « mi trovo sotto un dominio pieno ed incon- trollato » e che mi si puo indurre, con ogni mezzo, « a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa». Non e un ricatto: e una previsione e un timore. In secondo luogo, al di la del temporeggiare e tergiversare di cui la polizia si sarebbe gio- vata, Moro pensava che lo scambio fosse da accettare « realisticamente », cioe per quella forza che ha la realta di rendere possibili e lecite le cose che astrattamente non sono pos- sibili e non sono lecite. E anche se non tut- te le cose, almeno quelle in cui una vita uma- na e in giuoco. Una vita umana contro astrat- ti principi: e puo un cristiano esitare nella scelta? 51 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Aveva gia espresso, con « gli amici », questa sua opinione: parlando di « prelevamenti » a fine di lucro e di « prelevamenti » politici. Perche non ribadirla e perorarla per il suo caso? II Moro che formula questa proposizione: « la dottrina per la quale il rapimento non deve arrecare vantaggi, discutibile gia nei ca- si comuni, dove il danno del rapito e estrema- mente probabile, non regge in circostanze politiche, dove si provocano danni sicuri e incalcolabili non solo alia persona ma alio Stato »; il Moro che formula questa proposi- zione e in perfetta coerenza col Moro politico e col Moro docente che gli italiani hanno conosciuto per un trentennio: con la sua vi- sione della vita, delle cose italiane, del corso della politica; col suo senso del diritto e col suo senso dello Stato (e questa volta non tra virgolette, il senso dello Stato: diverso, cioe, da quello che gli si e voluto, per impostura, imporgli). 52 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Non credo abbia avuto paura della morte. Forse di quella morte: ma era ancora paura della vita. « Secoli di scirocco » era stato detto « sono nel suo sguardo ». Ma anche secoli di morte. Di contemplazione della morte, di a- micizia con la morte. Ronchey aveva scritto: « E Tincarnazione del pessimismo meridio- nale ». Che cosa e, in che consiste, il pessimi- smo meridionale? Nel vedere ogni cosa, ogni idea, ogni illusione — anche le idee e le illusio- ni che sembrano muovere il mondo - correre verso la morte. Tutto corre verso la morte: tranne il pensiero della morte, l'idea della morte. « Nonche un pensiero, il pensiero del- la morte e il pensiero stesso». Penetra ogni cosa, come lo scirocco: nei paesi dello sci- rocco. Nelle case patrizie siciliane c'era, ingegnosa- mente escogitata credo nel secolo XVIII, una camera dello scirocco: in cui rifugiarsi nei giorni in cui lo scirocco soffiava. Ma una ca- mera in cui rifugiarsi, in cui difendersi dal pensiero della morte? E peraltro dubito che quelle camere fossero vera difesa alio sciroc- co: prima che lo si avverta nell'aria, lo sci- rocco si e gia come avvitato alle tempie, alle ginocchia. 53 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Non credo abbia avuto paura della morte. Ma di quella morte... « Chi ha detto che la natura umana e in grado di sopportare que- sto senza impazzire? Perche un affronto si- mile: mostruoso, inutile, vano? Forse esiste un uomo al quale hanno letta la sentenza, hanno lasciato il tempo di torturarsi e poi hanno detto: "Va\ sei graziato". Ecco, uomo simile forse potrebbe raccontarlo. Di questo strazio e di questo orrore ha parlato anche Cristo. No, non e lecito agire cosi con un uomo » . Si e agito cosi con lui. E anzi peggio: nell'o- scura, tenebrosa, nascosta parodia deWassas- sinio legale. E nessuna ragione avrebbe dovu- to impedire il tentativo che cio non accades- se: e tan to meno quella che e detta ragione di Stato, di uno Stato che ha cancellato lo strazio e Torrore della pena di morte. Moro ha sopportato questo senza impazzire. Non era un eroe, ne preparato aU'eroismo. Non voleva morire di quella morte, ha tenta- to di allontanarla da se. Ma c'era anche, nel suo non voler morire, e di quella morte, una preoccupazione, un ossessione, che andava al di la della propria vita (e della propria morte). In questa preoccupazione, in questa ossessione, e forse da vedere l'inveramento di quella definizione di « grande statista » che fuori, in quel momento, per plateale mistifi- cazione e in tutt'altro senso, gli elargivano. E tanto poco in questo tutt'altro senso era « sta- tista » che quando parla di Stato e di ragion di Stato, nella lettera a Cossiga e in altre succes- 54 www.scribd.com/Cultura in Ita4 sive, intende tutto il contrario di un'entita che trascura o trascende l'individuo, il singo- lo, la sua particolarita e il suo « particulare ». Lo Stato di cui si preoccupa, lo Stato che occupa i suoi pensieri fino airossessione, io credo Tabbia adombrato nella parola « fami- glia >>. Che non e una mera sostituzione — alia parola Stato la parola famiglia — ma come un allargamento di significato: dalla propria fa- miglia alia famiglia del partito e alia famiglia degli italiani di cui il partito rappresenta, anche di quelli che non lo votano, la « volonta generale ». E in questa « volonta generale » ce, nella concezione di Moro, un solo punto certo e fermo, da mantenere nella fluidita dei compromessi e delle contraddizioni: ed e la liberta. Nella « prigione del popolo » Moro ha visto la liberta in pericolo e ha capito da dove il peri- colo viene e da chi e come e portato. Forse se ne e riconosciuto anche lui portatore: come di certi contagi che alcuni portano senza am- malarsene. Da cio la sua ansieta di uscire dalla « prigione del popolo »: per comunica- re quello che ha capito, quello che ormai sa. « Se non avessi una famiglia cosi bisognosa di me sarebbe un po' diverso » dice nella secon- da lettera, diretta a Zaccagnini. Si noti: « un po' diverso ». Non molto diverso, il morire, dal continuare a vivere. Ma la famiglia ha bisogno, « il piu grande bisogno ». E lo ripe- tera ad ogni lettera, fino a dirlo « grave e urgente » nella lettera al presidente della Re- pubblica. 55 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Ora queste affermazioni sul bisogno che la famiglia aveva di lui, bisogno grave e urgen- te, Moro sapeva bene che trovavano imme- diata smentita nella situazione oggettiva del- la sua famiglia: che di lui, della sua libera- zione, del suo ritorno, aveva bisogno nella sfe- ra degli affetti, non in quella patrimoniale e sociale. Peraltro, da meridionale, non credo potesse vedere come bisognosa - di denaro o di protezione — una famiglia come la sua. Un meridionale ai cui figli non manca il lavoro e le cui figlie hanno, oltre al lavoro, un marito; che lascia alia moglie una casa e una pensione e all'intera famiglia un buon nome, si consi- dera come sciolto dal problema della famiglia e in regola con la vita e con la morte. E da pensare, dunque, che appunto perche trova- vano immediata e oggettiva smentita Moro continuasse a martellare queste asserzioni sul bisogno della famiglia. Perche si pensasse, insomma, che voleva dire altro. E quando dice: « E noto che i gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro la morte » (lettera per- venuta al « Messaggero » il 29 aprile), inten- de col « noto » sottolineare quel che noto non e: e che dunque altra ragione bisogna ricono- scere alia sua lotta contro la morte. Del resto, nelle lettere alia famiglia — almeno in quelle che si conoscono - non c'e nulla che lasci intravedere preoccupazioni propriamente familiari. E si puo obiettare che abbia usato rargomento famiglia nel sentimento, nella sentimentalita, nel pietismo in cui gli italiani 56 www.scribd.com/Cultura in Ita4 lo usano e cioe secondo la longanesiana bou- tade: « Sulla bandiera dell'italiano c'e scritto io ho famiglia »; ma sarebbe un far torto alia sua intelligenza, alia sua misura, alia sua lucidita: qualita di cui — e si vedra nel futuro che e gia cominciato - ha dato prova, piu che nella sua trentennale attivita politica, nelle lettere dal- la « prigione del popolo ». 57 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Nel pomeriggio del 4 aprile alia redazione milanese del giornale « La Repubblica » per- viene una lettera di Moro a Zaccagnini insie- me al comunicato numero quattro delle Bri- gate rosse e ad un opuscolo a stampa che con- tiene la Risoluzione delta direzione strategica. La ragione per cui le Brigate rosse immetto no nel giro dei grandi mezzi di diffusione il loro progetto strategico, che a regola di stra- tegia avrebbe dovuto circolare tra adepti, forse e da cercare, oltre che nel sempre profi- cuo eccesso di evidenza, nella necessita di rag- giungere - appunto servendosi dei mezzi di diffusione del SIM - quei simpatizzanti non ancora a loro collegati ma che tra loro vanno collegandosi. Soltanto dai simpatizzanti, un po' dovunque sparsi, la Risoluzione puo essere letta con profitto: ma c'e da dubitarne. La lettera di Moro e tale da suscitare, imme- diatamente, questa nota, concordata in una riunione ristretta di maggiorenti democri- stiani, che ufficialmente viene affidata al giornale del partito ma che tutti i giornali l'indomani riportano: « Come possono com- prendere i lettori il testo della lettera a fir- ma Aldo Moro indirizzata all'on. Zaccagni- ni ... rivela ancora una volta le condizioni di 58 www.scribd.com/Cultura in Ita4 assoluta coercizione nelle quali simili docu- menti vengono scritti e conferma che anche questa lettera non e "moralmente a lui ascrivi- bile" ». I lettori, almeno quelli — pochi o molti — che sanno capire quel che leggono, non erano del parere dei maggiorenti democristiani: anche se era un parere condiviso dai grandi giornali e dalla radiotelevisione. Che approvassero o no il comportamento deironorevole Moro, i lettori non potevano comprendere perche si dovesse giudicare « fuori di se », non in con- dizione di intendere e di volere, un uomo che non voleva morire e che si rivolgeva al pro- prio partito affinche lo riscattasse con mezzi che, per quanto elettoralisticamente rischio- si, non attingevano airimpossibile. C'erano, si, quei cinque morti: quei cinque uomini della scorta massacrati al momento del « pre- levamento». Ma, a pensarci bene, quei cin- que morti facevano ragione perche ce ne fos- se un sesto? Comunque, la lettera di Moro non sembrava delirante. E non era. «Caro Zaccagnini, « scrivo a te, intendendo rivolgermi a Piccoli, Bartolomei, Galloni, Gaspari, Fanfani, An- dreotti e Cossiga, ai quali tutti vorrai leggere la lettera e con i quali tutti vorrai assumere le responsabilita che sono ad un tempo indivi- dual! e collettive. Parlo innanzi tutto della DC alia quale si rivolgono accuse che riguardano 59 www.scribd.com/Cultura in Ita4 tutti, ma che io sono chiamato a pagare con conseguenze che non e difficile immaginare. Certo sono in gioco altri partiti; ma un cosi tremendo problema di coscienza riguarda innanzi tutto la DC, la quale deve muoversi qualunque cosa dicano, o dicano nell'imme- diato, gli altri. Parlo innanzi tutto del Partito Comunista, il quale pur nell'opportunita di affermare l'esigenza di fermezza, non puo dimenticare che il mio drammatico preleva- mento e avvenuto mentre si andava alia Ca- mera per la consacrazione del Governo che m'ero tanto adoperato a costruire. E per altro doveroso, nel delineare la disgraziata situa- zione, che io ricordi la mia estrema, reiterata e motivata riluttanza ad assumere la carica di Presidente che tu mi offrivi e che ora mi strappa alia famiglia mentre essa ha il piu grande bisogno di me. Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io. Ed infine e doveroso aggiungere, in que- sto momento supremo, che se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle esigenze della situazio- ne, io forse non sarei qui. « Questo e tutto il passato. II presente e che io sono sottoposto ad un difficile processo poli- tico del quale sono prevedibili sviluppi e con- seguenze. « Sono un prigioniero politico che la vostra brusca decisione di chiudere un qualsiasi di- scorso relativo ad altre persone parimenti detenute, pone in una situazione insostenibi- 60 www.scribd.com/Cultura in Ita4 le. II tempo corre veloce e non ce n'e pur- troppo abbastanza. Ogni momento potrebbe essere troppo tardi. Si discute qui non in astratto diritto (benche vi siano le norme sul- lo stato di necessita), ma sul piano dell'oppor- tunita umana e politica, se non sia possibile dare con realismo alia mia questione Tunica soluzione positiva possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti, attenuando l'attenzione nel contesto proprio di un fenomeno politico. Tener duro pud apparire piu appropriato ma una qualche concessione e non solo equa, ma anche politi- camente utile. « Come ho ricordato in questo modo civile si comportano moltissimi Stati. Se altri non ha il coraggio di farlo, lo faccia la DC, che, nella sua sensibilita ha il pregio di indovinare come muoversi nelle situazioni piu difficili. Se cosi non sara, l'avrete voluto e lo dico senza ani- mosita, le inevitabili conseguenze ricadran- no sul Partito e sulle persone. Poi comincera un altro ciclo piu terribile e parimenti senza sbocco. Tengo a precisare di dire queste cose in piena lucidita e senza avere subito alcuna coercizione nella persona; tanta lucidita al- meno, quanta pud averne chi e da quindici giorni in una situazione eccezionale, che non puo avere nessuno che lo consoli, che sa che cosa lo aspetti. Ed in verita mi sento anche un po' abbandonato da voi. Del resto queste idee gia espressi a Taviani per il caso Sossi ed a Gui a proposito di una contestata legge con- 61 www.scribd.com/Cultura in Ita4 tro i rapimenti. Fatto il mio dovere di infor- mare e richiamare mi raccolgo con Iddio, i miei cari e me stesso. Se non avessi una fami- glia cosi bisognosa di me sarebbe un po' di- verse*. Ma cosi ci vuole davvero coraggio per pagare per tutta la DC, avendo dato sempre con generosita. Che Iddio vi illumini e lo faccia presto, come necessario. I piu affet- tuosi saluti ». Per quella specie di dottrina di Monroe da lui sempre propugnata — la non ingerenza di altre forze politiche e d'opinione in quel con- tinente che e la Democrazia Cristiana - si rivolge ancora al partito e, per nome, agli altri sette democristiani che con Zaccagnini possono « assumere le responsabilita », deci- dere. Tra gli otto e'e, alquanto incongrua- mente, Cossiga. Basterebbe, per il governo, Andreotti: il presidente del Consiglio. E piu necessaria, dovendo decidere per le trattati- ve e per lo scambio, sarebbe stata la presenza del ministro della Giustizia. Perche Moro vuole che a quel ristretto consesso partecipi Cossiga? Ma evidentemente perche il mini- stro degli Interni dica o che le indagini e ricerche sono ad un punto morto, e dunque la trattativa si impone senza riserve, o che la polizia sta per raggiungere dei risultati, e dunque si puo ancora resistere a non trattare o trattare in un certo modo. A quel punto, dopo circa venti giorni di pri- gionia, Moro non si fa certo molte illusioni a 62 www.scribd.com/Cultura in Ita4 che la polizia possa trovarlo e liberarlo. Spera di piu nella trattativa, nello scambio: e offre al partito un argomento che pud servire a giustificarlo - ammesso che la Democrazia Cristiana abbia bisogno di giustificazioni - di fronte agli altri partiti e all'opinione pubbli- ca: Fargomento dell'aver pensato sempre co- si, in coerenza all'essere cristiano. Cos! pen- sava Aldo Moro, presidente della Democra- zia Cristiana, gia qualche anno prima: che tra il salvare una vita umana e il tener fede ad astratti principi si dovesse forzare il concetto giuridico di stato di necessitd fino a farlo diven- tare principio: il non astratto principio del- la salvezza dell'individuo contro gli astratti principi. E cosi non potevano non pensare, nel loro essere o dirsi cristiani, gli uomini della Democrazia Cristiana: dalla base ai ver- tici. Ma una insospettata e immane fiamma stato- latrica sembra essersi attaccata alia Democra- zia Cristiana e possederla. Moro, che conti- nua a pensare come pensava, ne e ormai un corpo estraneo: una specie di doloroso calco- lo biliare da estrarre — con Fardore statolatri- co come anestetico — da un organismo che, quasi toccato dal miracolo, ha acquistato il movimento e 1'uso del « senso dello Stato ». Certo, e scomodo si sappia che Moro ha sem- pre pensato cosi; che non sono state le Brigate rosse, con sevizie e droghe, a convertirlo alia liceita dello scambio di prigionieri tra uno Stato di diritto e una banda eversiva. Ma c'e rimedio: e nemmeno occorre tan to affaticar- 63 www.scribd.com/Cultura in Ita4 si per applicarlo. I giornali indipendenti e di partito, i settimanali illustrati, la radio, la te- levisione: sono quasi tutti li, in riga a difende- re lo Stato, a proclamare la metamorfosi di Moro, la sua morte civile. 64 www.scribd.com/Cultura in Ita4 E come se un moribondo si alzasse dal let- to, balzasse ad attaccarsi al lampadario come Tarzan alle liane, si lanciasse alia finestra sal- tando, sano e guizzante, sulla strada. Lo Stato italiano e resuscitato. Lo Stato italiano e vivo, forte, sicuro e duro. Da un secolo, da piu che un secolo, convive con la mafia siciliana, con la camorra napoletana, col banditismo sardo. Da trent'anni coltiva la corruzione e Tincom- petenza, disperde il denaro pubblico in fiumi e rivoli di impunite malversazioni e frodi. Da died tranquillamente accetta quella che De Gaulle chiamo — al momento di farla finire — « la ricreazione » : scuole occupate e devasta- te, violenza dei giovani tra loro e verso gli insegnanti. Ma ora, di fronte a Moro prigio- niero delle Brigate rosse, lo Stato italiano si leva forte e solenne. Chi osa dubitare della sua forza, della sua solennita? Nessuno deve aver dubbio: e tanto meno Moro, nella « pri- gione del popolo». « Lo Stato italiano forte coi deboli e debole coi forti » aveva detto Nenni. Chi sono i de- boli oggi? Moro, la moglie e i figli di Moro, coloro che pensano lo Stato avrebbe dovuto e dovrebbe essere forte coi forti. Dell 1 improvviso levarsi dello Stato « come 65 www.scribd.com/Cultura in Ita4 torre ferma che non crolla » Moro e sorpre- so. Come e venuto fuori, da quella larva, questo mostro corazzato e armato? Sono stati « gli altri » a trasmettere alia Democrazia Cri- stiana una cosi dura volonta nella difesa dello Stato? Gli altri: « Parlo innanzi tutto del Par- tito Comunista, il quale pur neH'opportunita di affermare Tesigenza di fermezza, non puo dimenticare che il mio drammatico preleva- mento e avvenuto mentre si andava alia Ca- mera per la consacrazione del Governo che m'ero tanto adoperato a costruire ». Ma ap- punto questo non dimenticava il Partito Co- munista: e Moro Tavra chiaro tra qualche giorno. Intanto, inconsciamente, rivendican- do il merito di quella costruzione, usa la pa- rola « consacrazione ». Un lapsus per il catto- lico; un presentimento per l'uomo che si sen- te « un po' abbandonato » (e voleva dire del tutto). « Di cose meramente umane » dice il cattolico Tommaseo « non si dovrebbe mai adoperare queH'alta parola »; « Consacrasi fa- cendo sacro quel che sacro non era, con paro- le solenni, con atti, con riti ». Parole solenni: la difesa dello Stato. Riti: il massacro di cin- que uomini, l'esecuzione di una condanna a morte. Sono di fronte due stalinismi: e chiamo per una piu attuale comodita stalinismo una cosa molto piu antica, « la cosa » da sempre gestita sulFintelligenza e il sentimento degli uomini, a spremerne dolore e sangue, da alcuni uo- mini non umani. O meglio: sono di fronte le due meta di una stessa cosa, della « cosa »; e 66 www.scribd.com/Cultura in Ita4 lentamente e inesorabilmente si avvicinano a schiacciare l'uomo che ci sta in mezzo. Lo stalinismo consapevole, apertamente violen- to e spietato delle Brigate rosse che uccide senza processo i servitori del SIM e con pro- cesso i dirigenti; e lo stalinismo subdolo e sottile che sulle persone e sui fatti opera come sui palinsesti: raschiando quel che prima vi si leggeva e riscrivendolo per come al momento serve. Moro non vuol restarne schiacciato. Non per vilta ma, si direbbe, per servizio. C'e come una impassibilita burocratica, di routine, nella conclusione della sua lettera a Zaccagnini: « Fatto il mio dovere di informare e richia- mare... ». E si badi: « di informare ». E dove puo annidarsi l'informazione? Ecco, proba- bilmente in quel qualcosa che nella lettera non c'e e avrebbe dovuto esserci: una espres- sione di pieta, di compianto, per la scorta che aveva visto massacrare. « Ed infine e dovero- so aggiungere, in questo momento supremo, che se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle e- sigenze della situazione, io forse non sarei qui ». Un dovere: non una protesta, non una recriminazione; e nel « momento supremo », nell'ora della verita. L'accostamento tra un fatto a tutti evidente, quale l'inefficienza del- la scorta, e il « momento supremo » in cui lui sente il dovere di comunicare una cosi ovvia constatazione, e sproporzionato. E del resto gli uomini di scorta hanno pagato con la vita la loro inefficienza. E se con le « ragioni ammi- 67 www.scribd.com/Cultura in Ita4 nistrative » Moro avesse voluto alludere a ca- renze e colpe che stavano piu in alto dei cin- que uomini, a maggior ragione avrebbe do- vuto esserne pietoso. Non era un cinico; e se lo fosse stato, avrebbe calcolato l'effetto a lui favorevole che una parola di compianto per quei cinque morti avrebbe avuto sull'opinione pubblica. Se la e, invece, calcolatamente vietata. Perche? II ca- rabiniere Domenico Ricci da circa vent'anni era il suo autista; il maresciallo Oreste Leo- nardi era con lui da quindici. E incredibile non si fosse stabilito un rapporto affettivo. Eppure, uccisi sotto i suoi occhi, non ha per loro una parola di pena. Perche? Forse ap- punto per questo: perche « gli amici » — e Cossiga principalmente - se ne domandasse- ro la ragione e la cercassero. Si puo pensare non abbia visto che confusa- mente, senza ben capire, quel che in fulmi- nea sequenza era accaduto in via Fani: ma per quanto fulminea l'azione, almeno il tem- po di accorgersi che Leonardi e Ricci, nella sua automobile, erano stati colpiti a morte, certamente l'ha avuto. E poi, leggeva i gior- nali: e glieli facevano leggere non solo per queiretica carceraria di cui si e gia parlato, ma anche perche nulla c'era nei giornali di cui Moro potesse confortarsi, che potesse in- coraggiarlo a resistere, che servisse a dargli coscienza di dover difendere qualcosa che valesse la pena difendere. Ma questo passo della lettera e destinato a 68 www.scribd.com/Cultura in Ita4 restare relegato nel mistero - o nel silenzio. Almeno fino a quando non diventera irresi- stibile, per qualcuna delle dramatis personae, dell'una sponda o dell'altra, il bisogno di con- fessarsi o la vanita di raccontare. 69 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Dei due « amici » che Moro, nella lettera a Zaccagnini, chiama a testimoniare sulla sua immutata opinione riguardo alia necessita che il privato cittadino paghi i riscatti e lo Stato ceda agli scambi, Tonorevole Gui con- ferma; ma l'onorevole Taviani nega. E non solo la conferma di Gui, ma anche la considerazione che Moro non avrebbe chia- mato in causa, a testimoniare cosa non vera, un « amico » che sa non tanto amico, rendono vana e miserevole la smentita di Taviani. Gli si pud far credito di smemorataggine, ma non di verita. La verita e quella di Moro. E reagisce infatti come chi, in condizioni di af- flizione ed impotenza, e ferito dalla menzo- gna mentre si aspetta di essere aiutato dalla verita: « Filtra fin qui la notizia di una smentita op- posta daH'on. Taviani alia mia affermazione, del resto incidentale, contenuta nel mio se- condo messaggio e cioe che delle mie idee in materia di scambio di prigionieri (nelle circo- stanze delle quali ora si tratta) e di un modo di disciplinare i rapimenti avrei fatto paro- la, rispettivamente, all'on. Taviani ed all'on. Gui (oggi entrambi Senatori). L'on. Gui ha 70 www.scribd.com/Cultura in Ita4 correttamente confermato; Ton. Taviani ha smentito, senza evidentemente provare disa- gio nel contestare la parola di un collega lon- tano, in condizioni difficili e con scarse e sal- tuarie comunicazioni. Perche poi la smenti- ta? Non ce che una spiegazione, per eccesso di zelo, cioe, per il rischio di non essere in questa circostanza in prima fila nel difendere lo Stato. « Intanto quello che ho detto e vero e posso precisare alio smemorato Taviani (smemora- to non solo per questo) che io gliene ho parla- to nel corso di una direzione abbastanza agi- tata tenuta nella sua sede dell'EUR proprio nei giorni nei quali avvenivano i fatti dai quali ho tratto spunto per il mio occasionale rife- rimento. E non ho aggiunto, perche mi sa- rebbe parso estremamente indiscreto riferire lopinione dell'interlocutore (non l'ho fatto nemmeno per Ton. Gui), qual era Topinione in proposito che veniva opposta in confronto di quella che, secondo il mio costume, facevo pacatamente valere. Ma perche Ton. Taviani, pronto a smentire il fatto obiettivo della mia opinione, non si allarmi nel timore che io voglia presentarlo come se avesse il mio stes- so pensiero, mi affrettero a dire che Taviani la pensava diversamente da me, come tanti anche oggi la pensano diversamente da me e alio stesso modo di Taviani. Essi, Taviani in testa, sono convinti che sia questo il solo mo- do per difendere l'autorita ed il potere dello Stato in momenti come questi. Fanno riferi- mento ad esempi stranieri? O hanno avuto 71 www.scribd.com/Cultura in Ita4 suggerimenti? Ed io invece ho detto sin d'al- lora riservatamente al ministro ed ho ora ripetuto ed ampliato una valutazione per la quale in fatti come questi, che sono di auten- tica guerriglia (almeno cioe guerriglia), non ci si pud comportare come ci si comporta con la delinquenza comune, per la quale del resto all'unanimita il Parlamento ha introdotto correttivi che riteneva indifferibili per ragio- ni di umanita. Nel caso che ora ci occupa si trattava di immaginare, con opportune ga- ranzie, di porre il tema di uno scambio di prigionieri politici (terminologia ostica, ma corrispondente alia realta) con l'effetto di salvare altre vite umane innocenti, di dare umanamente un respiro a dei combattenti, anche se sono al di la della barricata, di realiz- zare un minimo di sosta, di evitare che la tensione si accresca e lo Stato perda credito e forza, si e sempre impegnato in un duello processuale defatigante, pesante per chi lo subisce, ma anche non utile alia funzionalita dello Stato. C'e insomma un complesso di ragioni politiche da apprezzare ed alle quali dar seguito, senza fare all'istante un blocco impermeabile, nel quale non entrino nem- meno in parte quelle ragioni di umanita e di saggezza, che popoli civilissimi del mondo hanno sentito in circostanze dolorosamente analoghe e che li hanno indotti a quel tanto di ragionevole flessibilita, cui l'ltalia si rifiuta, dimenticando di non essere certo lo Stato piu ferreo del mondo, attrezzato, materialmente e psicologicamente, a guidare la fila di Paesi 72 www.scribd.com/Cultura in Ita4 come USA, Israele, Germania (non quella pero di Lorenz), ben altrimenti preparati a rifiutare un momento di riflessione e di uma- nita. « L'inopinata uscita del senatore Taviani, an- cora in questo momento per me incompren- sibile e comunque da me giudicata, nelle con- dizioni in cui mi trovo, irrispettosa e provoca- toria, m'induce a valutare un momento que- sto personaggio di piu che trentennale ap- partenenza alia DC. Nei miei rilievi non c'e niente di personale, ma sono sospinto dallo stato di necessita. Quel che rilevo, espressio- ne di un malcostume democristiano che do- vrebbe essere corretto tutto nell'avviato rin- novamento del partito, e la rigorosa cataloga- zione di corrente. Di questa appartenen- za Taviani e stato una vivente dimostrazione con virate cosi brusche ed immotivate da la- sciare stupefatti. Di matrice cattolica demo- cratica Taviani e andato in giro per tutte le correnti, portandovi la sua indubbia efficien- za, una grande larghezza di mezzi ed una cer- ta spregiudicatezza. Uscito io dalle file do- rotee dopo il '68, avendo avuto chiaro sento- re che Taviani mi aspettasse a quel passo, per dar vita ad una formazione piu robusta ed equilibrata, la quale, pur su posizioni diverse, potesse essere utile al migliore assetto della DC, attesi invano un appuntamento che mi era stato dato e poi altri ancora, finche con- statai che l'assetto ricercato e conseguito era stato diverso ed opposto. Erano i tempi in cui Taviani parlava di un appoggio tutto a de- 73 www.scribd.com/Cultura in Ita4 stra, di un'intesa con il Movimento Sociale come formula risolutiva della crisi italiana. E noi che, da anni, lo ascoltavamo proporre al- tre cose, lo guardavamo stupiti, anche per- che il partito della DC da tempo aveva blocca- to anche le piu modeste forme d'intesa con quel partito. Ma, mosso poi da realismo poli- tico, l'on. Taviani si convinse che la salvezza non poteva venire che da uno spostamento verso il partito comunista. Ma al tempo in cui avvenne 1'ultima elezione del presidente del- la Repubblica, il terrore del valore contami- nante dei voti comunisti sulla mia persona (estranea, come sempre, alle contese) indusse lui e qualche altro personaggio del mio parti- to ad una sorta di quotidiana lotta aH'uomo, fastidiosa per l'aspetto personale che pareva avere, tale da far sospettare eventuali inter- ferenze di ambienti americani, perfettamen- te inutile, perche non vi era nessun accanito aspirante alia successione in colui che si vole- va combattere. Nella sua lunga carriera poli- tica che poi ha abbandonato di colpo senza una plausibile spiegazione, salvo che non sia per riservarsi a piu alte responsabilita, Tavia- ni ha ricoperto, dopo anche un breve perio- do di segreteria del Partito senza pero succes- so, i piu diversi ed importanti incarichi mini- steriali. Tra essi vanno segnalati per la loro importanza il ministero della Difesa e quello dell'Interno, tenuti entrambi a lungo con tut- ti i complessi meccanismi, centri di potere e diramazioni segrete che essi comportano. A questo proposito si puo ricordare che l'amm. 74 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Hencke, divenuto Capo del SID e poi Capo di Stato Maggiore della Difesa, era un suo uomo che aveva a lungo collaborate con lui. L'importanza e la delicatezza dei molteplici uffici ricoperti pud spiegarci il peso che egli ha avuto nel Partito e nella politica italiana, fino a quando e sembrato uscire di scena. In entrambi i delicati posti ricoperti ha avuto contatti diretti e fiduciari con il mondo ame- ricano. Vi e forse, nel tener duro contro di me, una indicazione americana e tedesca? ». La lettera arriva ai giornali nel pomeriggio del 10 aprile. La pubblicano tutti: evidente- mente, il gusto di dar documento di un cosi drammatico dissidio in casa democristiana e superiore al ritegno censorio che, per « senso dello Stato », i giornali dicono di essersi im- posto. La breve biografia che Moro traccia dellonorevole Taviani diverte tutti. E magari erano cose che si sapevano gia, ma dette da Moro assumono altro peso. Ed e superfluo dire che piu di tutti si divertono le Brigate rosse. « Anticipiamo » scrivono nel comuni- cato numero cinque che accompagna il mes- saggio di Moro « tra le dichiarazioni che il prigioniero Moro sta facendo, quella impar- ziale ed incompleta, che riguarda il teppista di Stato Emilio Taviani. Non vogliamo fare nessun commento a cio che Moro scrive per- che, pur nel contorto linguaggio moroteo che quando afferma delle certezze assume le forme di velate allusioni, esprime con chia- rezza il suo punto di vista su cio che riguarda 75 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Taviani, i suoi giochi di potere nella DC, e le trame in cui e implicato». In verita questa lettera ha molto di velato e di contorto an- che se e una delle piu sciolte che Moro ab- bia scritto. E sciolte e la parola giusta: Moro comincia, pirandellianamente, a sciogliersi dalla forma, poiche tragicamente e entra- to nella vita. Da personaggio ad « uomo so- lo », da « uomo solo » a creatura: i passag- gi che Pirandello assegna all'unica possibile salvezza. C'e anche, in questa lettera, quell'ironia che l'uomo politico Moro nascondeva, che rara- mente lasciava intravedere. Giustamente la nascondeva: nulla e piu difficile da capire, piu indecifrabile, dell'ironia. E se si pud im- piccare un uomo muovendogli come accusa una sola sua frase avulsa da un contesto, a maggior ragione, piu facilmente, lo si puo impiccare muovendogli contro una sua frase ironica. Questa, per esempio: « dare umana- mente un respiro a dei combattenti, anche se sono al di la della barricata ». Moro che vuol dare respiro alle Brigate rosse, che riconosce in loro dei combattenti! Non ci vuole di piu, per considerarlo passato alle Brigate rosse. E infatti l'onorevole Taviani fa sapere ai gior- nali che « non intende aprire una polemica con le Brigate rosse ». Suggestionato o convinto, Moro ormai parla come le Brigate rosse e per le Brigate rosse: questa e la tesi che come una enorme pietra tombale scende sull'uomo vivo, combattivo e acuto che Moro e ancora nella « prigione del 76 www.scribd.com/Cultura in Ita4 popolo », mentre si ricorda e si celebra il Mo- ro gia morto, il Moro da monumentare: il « grande statista » che Moro non e mai stato. Nel suo vecchio vagheggiamento-vaneggia- mento nei riguardi dello Stato (e lo dico senza schcrno perche anch'io ne sono affetto: solo che lui ritiene di averlo una volta intravisto, in Italia; e io mai), Montanelli intonera un « requiem per Moro»; e Fonorevole Anto- nello Trombadori, comunista, nei corridoi della Camera dei deputati lancera il grido: «Moro e morto! ». Autoselezionatosi e tra- scelto tra i tanti « amici un gruppo di « ami- ci di Moro » prepara un mostruoso docu- mento di misconoscimento: il Moro che parla dalla « prigiont del popolo » non e il Moro che abbiamo conosciuto. Effettualniente, mai Moro e stato cosi vicino alia sua immagine di sottile politicante, come in questa lettera contro Taviani. La smentita di Taviani gli ha dato amarezza, l'ha ancora di piu sprofondato nella condizione di « uo- mo solo», ma al tempo stesso gli ha come amplificato il giuoco, gli ha offerto la possibi- lita di giuocare all interno delle Brigate ros- se: tra loro, senza parere, seminando il dub- bio. E il veleno di questo dubbio e nella frase finale della lettera, nella domanda: « Vi e forse, nel tener duro contro di me, una indica- zione americana e tedesca? ». Puo parere un corollario alia biografia politica di Taviani che sommariamente, ma con consumata ma- lizia, ha tracciato: e a la lettre lo e (Taviani e l uomo degli americani cosi come Henke e- 77 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ra l'uomo di Taviani). Ma si consideri l'effetto di una simile domanda sui giovani gregari delle Brigate rosse: Moro — uno degli uomini che stava al vertice del SIM, e uno dei piu intelligent! - che si domanda se l'uomo degli americani e stato, anche questa volta, nel ne- gare una verita cosi palesemente vera, istrui- to e comandato dagli americani - e dai tede- schi. E se Moro formalmente, retoricamente, se lo domanda, non vuol dire che sostanzial- mente ne e certo? E dunque la loro azione- nell'aver catturato Moro, nel tenerlo prigio- niero — corrisponde anche a un disegno ame- ricano e tedesco, vi concorre involontaria- mente, casualmente lo agevola - o addirittu- ra ne e parte? Se Moro avesse loro insinuato questo dubbio nelle lunghe conversazioni che certamente avevano, o durante il «processo», non ne avrebbero tenuto conto, l'avrebbero appunto valutato come una insinuazione, un tentativo di seminare zizzania. Ma Moro rivolge questa domanda - cioe questa certezza, questa accu- sa — ai suoi «amici»: e in un momento di rabbia e di disperazione. E non e inquietante il sapere che l'uomo degli americani, « il tep- pista di Stato » Taviani, ha interesse a che Moro resti nella « prigione del popolo », e ci muoia, quanto i loro capi, i capi delle Brigate rosse? E puo darsi che si stia, qui, facendo un ro- manzo: ma non e improbabile che da questa lettera di Moro si apra nelle Brigate rosse quella specie di dicotomia di cui non si posso- 78 www.scribd.com/Cultura in Ita4 no indicare segni precisi ma che diventa a un certo punto avvertibile. Tanto avvertibile da muovere il Partito Socialista Italiano, che pu- re fa parte della maggioranza governativa, a rompere Tatmosfera statolatrica e a proporre agli altri partiti, e principalmente alia Demo- crazia Cristiana, un'apertura alle trattative. Poiche e impensabile che un partito, un inte- ro partito, si muova per improvvisi afflati umanitari o per I'improvvisa smania di appa- rire diverso appunto in senso umanitario e sentimentale, e da sospettare che di quella dicotomia il Partito Socialista Italiano (e cioe gli uomini che si sono assunti la responsabili- ta di rompere il fronte statolatrico) avesse avuto un qualche segno. 79 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Qualcosa di nuovo, di imprevisto, certamen- te sta accadendo all'interno delle Brigate ros- se. Nel comunicato numero sei, che arriva alia redazione milanese del giornale « La Re- pubblica » la sera del 15 aprile, dicono: «a questo punto facciamo una scelta ». La scelta e di diffondere soltanto clande- stinamente le informazioni in loro possesso: e quindi, principalmente, le risultanze del « processo » — che proclamano chiuso con la condanna a morte - fatto a Moro. Motivazio- ne della scelta: « La stampa di regime e sem- pre al servizio del nemico di classe; e la men- zogna, la mistificazione sono per essa la rego- la, ed in questi giorni ne ha dato una prova superlativa... ». Motivazione alquanto banale e che ha tutta l'aria di un ravvedimento; e tardivo per giunta. E poi, dando non solo per vero, ma per scontato, che la stampa « di regime » operi in mistificazione, non c'e pero dubbio che ha dato all'azione delle Brigate rosse una amplificazione quasi mitica e ai loro comunicati teorici o pratici una diffusione vastissima. E guardando agli effetti: le inter- pretazioni delle azioni e delle comunicazioni delle Brigate rosse, per quanto mistificate e mistificanti, cadono sempre su un pubblico 80 www.scribd.com/Cultura in Ita4 giadisposto, predisposto, ad accettarle; men- tre i testi, pubblicati nella loro integrita, rag- giungono aree di simpatizzanti che la diffu- sione clandestina non potrebbe mai raggiun- gere. Comunicando, dunque, risoluzioni e in- formazioni alia stampa « di regime », i van- taggi sono - per le Brigate rosse - di gran lunga superiori agli svantaggi, i profitti alle perdite. E allora perche dicono di aver scelto il silenzio? Si tratta - nel loro avvertitissimo senso della teatralita, dei colpi di scena, della suspense - di una battuta d'aspetto? O hanno bisogno di fare il punto, di riflettere? O la « centrale » sente la necessita di una coordinazione piu precisa, di un controllo piu serrato: con le «colonne», sulle «colonne»; e soprattutto con e su quella che detiene Moro? E ci si puo anche fermare su questa ipotesi e immagina- re (immaginare, immaginare!) che una mi- gliore coordinazione e un piu stretto control- lo appaiano necessari alia « centrale » per l'inquietudine seminata — tra i gregari piu giovani, tra gli esecutori meno provveduti della « colonna » romana - dalla lettera di Moro contro Taviani e dall'insoddisfacente risultato del « processor E che il risultato del « processo » sia stato insoddisfacente, lo si deduce facilmente - e anche troppo facil- mente - da questo leitmotiv del comunicato numero sei: « Non ci sono segreti che riguar- dano la DC, il suo ruolo di cane da guardia della borghesia, il suo compito di pilastro dello Stato delle Multinazionali, che siano 81 www.scribd.com/Cultura in Ita4 sconosciuti al proletariate) ... Quali misteri ci possono essere del regime DC da De Gasperi a Moro che i proletari non abbiano gia cono- sciuto e pagato con il loro sangue? ... Non ci sono quindi "clamorose rivelazioni" da fa- re... ». Niente segreti, niente misteri, nessuna clamorosa rivelazione: tanto valeva — poiche Io si sapeva da prima, poiche non e una risul- tanza del processo — lasciare Moro in via Fani, affratellato nella morte a quei cinque servito- ri del SIM. Di essere caduti in contraddizione si accorgo- no anche loro. E subito dopo, nello stesso comunicato,aggiustano: « l'interrogatorioad Aldo Moro ha rivelato le turpi complicita del regime, ha additato con fatti e nomi i veri e nascosti responsabili... ». Di nuovo contrad- dicendosi: che vuol dire le rivelazioni da fare ci sarebbero, e clamorose. E considerando il comunicato come il dispositivo di una sen- tenza, e'e da notare quest'altra e piu grave contraddizione: che Moro vi appare, e pro- prio mentre lo si condanna a morte, come (ripetendo l'espressione di Pasolini) « il meno implicato di tutti»: il meno implicato nelle trame di potere, negli scandali, nelle corrut- tele. Piu come un testimone, vi appare, che come un imputato. E come un testimone d'accusa, per di piu: di quelli coltivati e ben- voluti dai pubblici ministeri. Uno che « addi- ta », che « indica », che « mette a nudo ». Non e'e un solo tratto, nel dispositivo, che lasci intravedere una sua colpevolezza attiva, una sua responsabilita specifica. Ne mai e det- 82 www.scribd.com/Cultura in Ita4 to che sta accusando giustamente gli altri per salvare ingiustamente se stesso. E viene da pensare a quell'episodio della rivoluzione messicana che Martin Luis Guzman racconta in quel gran libro che e Uaquila e il serpente: del generale rivoluzionario che entrando da vincitore in un paese convoca cinque o sei notabili e a ciascuno impone di versare una data somma: tante migliaia di pesos al primo, tempo tre ore; il doppio al secondo, a quattro ore; e cosi via, aumentando per ognuno la somma e dilazionando il tempo: e pena 1'im- piccagione. E alio scadere delle tre ore il pri- mo, che si dichiara disperatamente povero, viene impiccato; ma tutti gli altri, anche pri- ma che scada il termine a ciascuno assegnato, consegnano i pesos. Soddisfatto, il generale vanta all'aiutante la bonta del sistema. « Ma il primo non ha pagato » osserva Taiutante. E il generale: « Ma non aveva di che pagare, lo sapevo bene: appunto per questo mi servi- va ». Si puo anche avere l'impressione di qualcosa di simile, dal comunicato numero sei. Ma soprattutto si ha l'impressione di un momen- to di inquietudine, di incertezza, di indecisio- ne: pur nella terribile decisione della con- danna a morte. E c'e da immaginare (ancora da immaginare) che scatti da questo momen- to di indecisione la trovata del comunicato numero sette: quel comunicato che le Briga- te rosse poi dissero falso e che la stampa « di regime » assunse come « falso » : delicata- mente dubitando, nel mettere la parola tra 83 www.scribd.com/Cultura in Ita4 virgolette, che le Brigate rosse dicessero la verita. E qui ci sarebbe da fare tutto un di- scorso sul mito di rigore e di verita che, in uno a quelle* della micidiale perfezione e del- l'imprendibilita, godevano e godono le Bri- gate rosse neirinconscio collettivo e in quella parte deirinconscio collettivo che si annida nelle istituzioni (la polizia, la magistratura, il giornalismo). Ne e caso estremo quello capi- tato in una banca di un paese del settentrio- ne, ai cui sportelli si presenta un signore che, aprendo la giacca a mostrare con nonchalance e discrezione una pistola, chiede al cassiere che lo accompagni nell'ufficio del direttore: inviato, dice, dalle Brigate rosse. E al diretto- re, sempre a nome delle Brigate rosse, chie- de un contributo di ottanta milioni. Avutolo, rilascia una ricevuta, si fa accompagnare alia porta, prescrive che non si diano allarmi e non si faccia denuncia fino alle sei della sera (prescrizione fedelmente eseguita): e scorn- pare. Caso estremo, e di estrema comicita: ma sintomo rivelatore di uno stato d'animo abbastanza diffuso. 84 www.scribd.com/Cultura in Ita4 II « falso » comunicato numero sette arriva nella tarda mattinata del 18 aprile. Grafica- mente, ci sono gli elementi che sarebbero poi stati addotti a prova della falsita. Nel linguag- gio, c'e « un di piu » di beffardo cinismo, di macabra frivolita. Coloro che avevano redat- to i precedenti comunicati, quelli certamente autentici, sarebbero stati piu solenni e piu prolissi. « Oggi 18 aprile 1978, si conclude il periodo "dittatoriale" della DC che per ben trent'an- ni ha tristemente dominato con la logica del sopruso. In concomitanza con questa data co- munichiamo l'avvenuta esecuzione del presi- dente della DC Aldo Moro, mediante "suici- dio". Consentiamo il recupero della salma, fornendo Tesatto luogo ove egli giace. La salma di Aldo Moro e immersa nei fondali limacciosi (ecco perche si dichiarava impan- tanato) del lago Duchessa, alt. mt. 1800 cir- ca localita Cartore (RI) zona confinante tra Abruzzo e Lazio. «E soltanto l'inizio di una lunga serie di "suicidi": il "suicidio" non deve essere sol- tanto una "prerogativa" del gruppo Baader- Meinhof. 85 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « Inizino a tremare per le loro malefatte i vari Cossiga, Andreotti, Taviani e tutti coloro i quali sostengono il regime. « P.S. Rammentiamo ai vari Sossi, Barbaro, Corsi, ecc, che sono sempre sottoposti a liber- ta "vigilata" ». L'elemento da opporre alia falsita, relemen- to per cui lo si pud ritenere proveniente dal- le Brigate rosse, e principalmente questo: attend come sono sempre stati alle date, al- le ricorrenze, alle rispondenze simboliche, e possibile che lasciassero passare il 18 apri- le senza fare una qualche azione o alme- no emettere un comunicato? II 18 aprile del 1948, la grande vittoria elettorale della De- mocrazia Cristiana aveva dato inizio al « regi- me », al SIM: possibile che le Brigate rosse dimenticassero di celebrarne, a loro modo, il trentennale? Anche il diverso tono del comunicato, la sua atroce leggerezza, puo trovare spiegazione nell'autenticita: chi lo scrive sa che Moro e vivo; e sa di star facendo una beffa alia poli- zia, al SIM. E altro elemento: e soltanto la sera del 20 che le Brigate rosse emettono il comunicato numero sette, il « vero » comuni- cato numero sette contro il « falso ». Perche hanno aspettato due giorni? Evidentemente perche gli effetti della beffa si dispiegassero pienamente agli occhi degli italiani, con quel- le vane e grottesche ricerche nel lago Duches- sa. Senza dire che la beffa poteva anche ri- spondere a una immediata necessita di al- 86 www.scribd.com/Cultura in Ita4 leggerimento, di svincolo: proprio la mattina del 18 aprile, in via Gradoli, a poca distanza da via Fani, la polizia aveva scoperto un « co- vo » delle Brigate rosse. Distogliere forze da Roma e attenzione da quegli indizi che in- dubbiamente i brigatisti avevano lasciato nel- l'appartamento di via Gradoli, poteva essere una ragionevole necessita. Nel « vero » comunicato numero sette, divi- so in due paragrafi, il secondo e dedicato al « falso »: « II comunicato falso del 18 aprile »: « una lugubre mossa degli specialisti della guerra psicologica ». Non se ne indignano molto ne si attardano a cercarne spiegazione. Sembrano davvero convinti che contro di lo- ro siano scesi in campo gli specialisti della guerra psicologica e che a tanta specialita si debba il « falso » comunicato. E si potrebbe anche essere d'accordo con loro, se per un solo momento si riuscisse a vedere il ministe- ro degli Interni capace di una qualche inizia- tiva. II fatto e che il « falso » comunicato pote- va essere indifferentemente escogitato dalle Brigate rosse come dal governo — a patto che il governo fosse stato in grado di escogitare qualcosa. Serviva -ede servito — ad entram- bi: come ballon d'essai, come prova generate, come ovvio sistema per far scaricare su una notizia falsa - che sarebbe poi stata dichiarata falsa - quelle tensioni, emozioni e giudizi che si sarebbero scaricati sulla vera; e di rendere quindi la vera, che a distanza piu o meno calcolata sarebbe esplosa, come ridotta, come devitalizzata. Moro era stato condannato a 87 www.scribd.com/Cultura in Ita4 morte direttamente dalle Brigate rosse e in- direttamente dalla Democrazia Cristiana, dal- 10 Stato; bisognava far si che gli effetti di riprovazione, di orrore e di pieta che la noti- zia dell'esecuzione avrebbe suscitato si ridu- cessero, si devitalizzassero. Ed era interesse delle due parti. La Democrazia Cristiana a- veva da fare i conti col cristianesimo, di cui qualche barlume, di fronte al caso Moro, co- minciava ad accendersi anche nei cattoli- ci praticanti (e piu che dei barlumi tra i non praticanti e i laici). E i brigatisti avevano da fare i conti con quella sinistra alia sinistra del Partito Comunista che ancora li chiamava « compagni » (« compagni che sbagliano ») e che non solo — dopo l'assassinio del giornali- sta Casalegno - cominciava a distinguere tra omicidio e rivoluzione, ma cominciava a nu- trire la preoccupazione che la serie in cre- scendo dei delitti rivoluzionari magari servis- se a preparare la rivoluzione, ma piu certa- mente e immediatamente sortisse ad effetti di reazione, di repressione. 11 « falso » comunicato, dicono dunque i gior- nali: con delicatezza, si e detto, volendo insi- nuare il sospetto che, falso nel contenuto, non ne sia falsa la provenienza. La « lugubre mossa », dicono le Brigate: meno delicata- mente restituendo il sospetto come accusa precisa: al « regime », al governo, al presi- dente del Consiglio Andreotti. La « lugubre mossa »: come se - ammesso che il falso non venisse da loro - fosse meno lugubre la pro- clamazione della sentenza di morte e la deci- 88 www.scribd.com/Cultura in Ita4 sione di eseguirla. Di eseguirla a meno che... Ed ecco, per la prima volta, nel « vero » co- municato numero sette, avanzata finalmente da loro la condizione che fino a quel punto avevano fatto in modo che apparisse propo- sta e propugnata solamente da Moro: « II rilascio del prigioniero Aldo Moro puo esse- re preso in considerazione solo in relazione della liberazione di prigionieri comunisti ». E un ultimatum: la Democrazia Cristiana e il governo debbono dare una risposta « chiara e definitiva » entro quarantotto ore, a partire dalle ore 15 del 20 aprile. 89 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Subito dopo il comunicato numero sette (« vero » o bis che lo si voglia chiamare), lo stesso giorno 20, arriva alia redazione mila- nese de « La Repubblica » una fotografia di Moro. A certificazione di quella che in buro crazia si dice « esistenza in vita», gli hanno messo in mano « La Repubblica » del giorno precedente. Moro vi appare non deperito. E con la stanchezza di sempre. L'indomani, Zaccagnini riceve una nuova let- tera di Moro. Vi e svolta la tesi, abbastanza lucida e sufficientemente condividibile, che il « rispetto cieco della ragion di Stato » nel non voler riscattare la sua vita reintroduca di fatto la pena di morte nell'ordinamento costituzio- nale italiano. « Caro Zaccagnini, « mi rivolgo a te ed intendo con cio rivolger- mi nel modo piu formale e, in certo modo, solenne all'intera Democrazia Cristiana, alia quale mi permetto d'indirizzarmi ancora nel- la mia qualita di Presidente del Partito. E un'ora drammatica. Vi sono certamente pro- blemi per il Paese che io non voglio discono- scere, ma che possono trovare una soluzione 90 www.scribd.com/Cultura in Ita4 equilibrata anche in termini di sicurezza, ri- spettando pero quella ispirazione umanita- ria, cristiana e democratica, alia quale si sono dimostrati sensibili Stati civilissimi in circo- stanze analoghe, di fronte al problema della salvaguardia della vita umana innocente. Ed infatti, di fronte a quelli del Paese, ci sono i problemi che riguardano la mia persona e la mia famiglia. «Di questi problemi, terribili ed angosciosi, non credo vi possiate liberare, anche di fron- te alia storia, con la facilita, con l'indifferen- za, con il cinismo che avete manifestato sino- ra nel corso di questi quaranta giorni di mie terribili sofferenze. Con profonda amarezza e stupore ho visto in pochi minuti, senza nes- suna seria valutazione umana e politica, assu- mere un atteggiamento di rigida chiusura. « L'ho visto assumere dai dirigenti, senza che risulti dove e come un tema tremendo come questo sia stato discusso. «Voci di dissenso, inevitabili in un partito democratico come il nostro, non sono artifi- ciosamente emerse. La mia stessa disgrazia- ta famiglia e stata, in certo modo, soffoca- ta, senza che potesse disperatamente gridare il suo dolore ed il suo bisogno di me. Possibi- le che siate tutti d'accordo nel volere la mia morte per una presunta ragione di Stato che qualcuno lividamente vi suggerisce, quasi a soluzione di tutti i problemi del Paese? Altro che soluzione dei problemi. Se questo crimi- ne fosse perpetrato, si aprirebbe una spirale terribile che voi non potreste fronteggiare. 91 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Ne sareste travolti. Si aprirebbe una spacca- tura con le forze umanitarie che ancora esi- stono in questo Paese. Si aprirebbe, insanabi- le, malgrado le prime apparenze, una frattu- ra nel partito che non potreste dominare. « Penso ai tanti e tanti democristiani che si sono abituati per anni ad identificare il parti- to con la mia persona. Penso ai miei amici della base e dei gruppi parlamentari. Penso anche ai moltissimi amici personali ai quali non potreste fare accettare questa tragedia. Possibile che tutti questi rinuncino in quest'o- ra drammatica a far sentire la loro voce, a contare nel partito come in altre circostanze di minor rilievo? « Io lo dico chiaro; per parte mia non assolve- ro e giustifichero nessuno. Attendo tutto il partito ad una prova di profonda serieta e umanita e con esso forze di liberta e di spirito umanitario che emergono con facilita e Con- cordia in ogni dibattito parlamentare su temi di questo genere. Non voglio indicare nessu- no in particolare, ma rivolgermi a tutti. Ma e soprattutto alia DC che si rivolge il Paese per le sue responsabilita, per il modo come ha saputo contemperare sempre sapientemente ragioni di Stato e ragioni umane e morali. Se fallisse ora, sarebbe per la prima volta. Essa sarebbe travolta dal vortice e sarebbe la sua fine. « Che non avvenga, ve ne scongiuro, il fatto terribile di una decisione di morte presa su direttiva di qualche dirigente ossessionato da problemi di sicurezza, come se non vi fosse 92 www.scribd.com/Cultura in Ita4 l'esilio a soddisfarli, senza che ciascuno abbia valutato tutto fino in fondo, abbia interroga- te veramente e fatto veramente parlare la sua coscienza. Qualsiasi apertura, qualsiasi posi- zione problematica, qualsiasi segno di con- sapevolezza immediata della grandezza del problema, con le ore che corrono veloci, sa- rebbero estremamente importanti. « Dite subito che non accettate di dare una risposta immediata e semplice, una risposta di morte. Dissipate subito l'impressione di un partito unito per una decisione di morte. Ri- cordate, e lo ricordino tutte le forze politiche, che la Costituzione repubblicana, come pri- mo segno di novita, ha cancellato la pena di morte. Cosi, cari amici, si verrebbe a reintro- duce, non facendo nulla per impedirla, fa- cendo con la propria energia, insensibilita e rispetto cieco della ragion di Stato, che essa sia di nuovo, di fatto, nel nostro ordinamen- to. Ecco nell'Italia democratica del 1978, nel- ritalia del Beccaria, come nei secoli passati, io sono condannato a morte. Che la condanna sia eseguita, dipende da voi. A voi chiedo almeno che la grazia mi sia concessa: mi sia concessa almeno, come tu Zaccagnini sai, per essenziali ragioni di essere curata, assistita, guidata che ha la mia famiglia. « La mia angoscia in questo momento sareb- be di lasciarla sola — e non pud essere sola — per la incapacita del mio partito ad assumere le sue responsabilita, a fare un atto di corag- gio e responsabilita insieme. « Mi rivolgo individualmente a ciascuno de- 93 www.scribd.com/Cultura in Ita4 gli amici che sono al vertice del partito e con i quali si e lavorato insieme per anni neH'inte- resse della DC. Pensa ai sessanta giorni cru- ciali di crisi, vissuti insieme con Piccoli, Bar- tolomei, Galloni, Gaspari sotto la tua guida e con il continuo consiglio di Andreotti. Dio sa come mi son dato da fare, per venirne fuori bene. Non ho pensato no, come del resto mai ho fatto, ne alia mia sicurezza ne al mio ri- poso. « II Governo e in piedi e questa e la ricono- scenza che mi viene tributata, per questa co- me per tante altre imprese. In allontana- mento dai familiari senza addio, la fine so- litaria, senza la consolazione di una carezza, del prigioniero politico condannato a morte. Se voi non intervenite, sarebbe scritta una pagina agghiacciante nella storia d'ltalia. II mio sangue ricadrebbe su voi, sul partito, sul Paese. « Pensateci bene cari amici. Siate indipen- denti. Non guardate al domani ma al dopo- domani. « Pensaci soprattutto tu Zaccagnini, massimo responsabile. Ricorda in questo momento - dev'essere un motivo pungente di riflessione per te — la tua straordinaria insistenza e quel- la degli amici che avevi a tal fine incaricato - la tua insistenza per avermi Presidente del Consiglio nazionale, per avermi partecipe e corresponsabile nella fase nuova che si apriva e che si profilava difficilissima. Ricordi la mia fortissima resistenza soprattutto per le ragio- ni di famiglia a tutti note. Poi mi piegai, come 94 www.scribd.com/Cultura in Ita4 sempre, alia volonta del Partito. Ed eccomi qui, sul punto di morire, per averti detto di si ed aver detto di si alia DC. Tu hai dunque una responsabilita personalissima. II tuo si o il tuo no sono decisivi. Ma sai pure che, se mi togli alia famiglia, Thai voluto due volte. Que- sto peso non te lo scrollerai di dosso piu. «Che Iddio ti illumini, caro Zaccagnini, ed illumini gli amici, ai quali rivolgo un dispera- to messaggio. Non pensare ai pochi casi nei quali si e andati avanti diritti, ma ai molti risolti secondo le regole dell'umanita e per- cid, pur nelle difficolta della situazione, in modo costruttivo. Se la pieta prevale, il Paese non e finito ». Non tutti i giornali pubblicano la lettera. E la pieta, anche se qualcosa sommuove, non pre- vale. La Democrazia Cristiana e, dicono i giorna- li, « lacerata dal dubbio». La famiglia Mo- ro avanza pubblicamente la sua « ferma » ri- chiesta a che il partito « dichiari la propria disponibilita ad accertare quali siano, in con- creto, le condizioni per il rilascio del suo pre- sidente ». II partito, lacerato piu dalla certez- za di non dover far nulla che dal dubbio, non trova di meglio che incaricare la Carita Inter- nazionale - un ente umanitario vaticano di cui pochissimi fino a quel momento avevano sentito parlare - di « individuare possibili vie per indurre i rapitori dell'onorevole Moro a restituirlo in liberta ». Impossibili vie, in con- creto: poiche la Democrazia Cristiana tiene a 95 www.scribd.com/Cultura in Ita4 riaffermare « la propria indefettibile fedelta alio Stato democratico, alle sue istituzioni e alle sue leggi in operante solidarieta con i partiti costituzionali ». Ma tra i partiti costitu- zionali, a quel punto il Socialista rompe Yino- perante solidarieta: vuol fare qualcosa per sal- vare la vita di Moro. Diventa cosi una specie di figliuol prodigo o di pecora nera. A lenire la lacerazione della Democrazia Cri- stiana, interviene Paolo VI: qualche ora pri- ma che scada rultimatum delle Brigate rosse e con una lettera che la radio vaticana diffon- de e i giornali riproducono in autografo l'in- domani. Lettera che sembra di alto sentire cristiano: solo che vi si cela, nell'esortazio- ne agli uomini delle Brigate a liberare Mo- ro « semplicemente, senza condizioni », una specie di confermazione - e sarebbe da dire tout court cresima - della Democrazia Cristia- na in quella sua dichiarata « indefettibile fe- delta alio Stato ». Nella « prigione del popolo», a Moro non sfugge quel che alia generalita degli italiani, commossi dall'inginocchiarsi del papa da- vanti ai brigatisti, non appare: che Paolo VI ha piu « senso dello Stato » di quanto abbia dimostrato di averne il principe Poniatowski, ministro degli Interni dello Stato francese, che in tempi non lontani aveva dichiarato ammissibile il principio di trattare coi terrori- sti per evitare il sacrificio « della vita umana innocente ». Vale a dire che la pensava esatta- mente come Moro: ne si puo dire che lo Stato francese non sia Stato; lo e con tutti i sa- 96 www.scribd.com/Cultura in Ita4 cramenti, e il caso di dire. I sacramenti che fanno Stato uno Stato; e magari in abbon- danza. E tentera, Moro, di convincere il papa: « In concreto lo scambio giova (ed e un punto che umilmente mi permetto sottoporre al S. Pa- dre) non solo a chi e dall'altra parte, ma an- che a chi rischia Tuccisione, alia parte non combattente, in sostanza alFuomo comune come me ». E in una delle ultime lettere, me- no umilmente, fara notare come nell'atteg- giamento della Santa Sede nei riguardi del suo caso ci sia una modifica di precedenti posizioni e un rinnegamento di tutta una tradizione umanitaria. « E una cosa orribile, indegna della S. Sede... Non so se Poletti (il cardinale Poletti) puo rettificare questa enor- mita in contraddizione con altri modi di com- portarsi della S. Sede »: e certamente pensa all'offrirsi del papa, qualche mese prima, co- me ostaggio ai terroristi tedeschi che minac- ciavano la strage dei passeggeri di un aereo, a Mogadiscio. Offerta che allora apparve senza senso della realta: ma veniva dall'unica realta che un papa puo ritrovare e celebrare, nel- 1'assistere inerme e come sconfitto al ribollire della violenza. Come era prevedibile, l'appello del papa pas- sacome acqua sulle pietre; e la comunicazio- ne della Democrazia Cristiana di aver dato incarico alia Carita di cercare « possibili vie » e considerata dalle Brigate rosse tutt'altro che chiara e definitiva (comunicato numero otto del 24 aprile). Ma l'ultimatum viene so- 97 www.scribd.com/Cultura in Ita4 speso. Evidentemente, e la posizione assunta dal Partito Socialista Italiano a fermare le Brigate nell'esecuzione della sentenza. Forse, a questo punto, il governo potrebbe - anche spregiudicatamente, anche cinicamente - giuocare ad alimentare il dissenso che cova all'interno delle Brigate rosse: tra coloro che hanno deciso che Moro deve morire e coloro che lo libererebbero contro un cedimento anche simbolico dello Stato italiano. Non ce- ripeto — nessun segno certo di un tale dissen- so: eppure lo si intuisce, lo si sente, lo si intravede. Forse perche sto cercando di capi- re anche loro. Di capire* gli « uomini delle Brigate rosse », come il papa li chiama: anche se non amandoli come il papa dice di amarli. Di capire quelli di loro che stanno a guardia di Moro e che lo processano: in quella diffici- le, terribile familiarita quotidiana che inevi- tabilmente si stabilisce. Nello scambiare pa- role, colloquiali o di accuse e discolpe. Nel consumare insieme i cibi. Nel sonno del pri- gioniero e nella veglia del carceriere. Nell'oc- cuparsi della salute di quell'uomo condanna- to a morte. Nel leggere i suoi messaggi e nel rischio corso ogni volta per recapitarli. Tan- ti piccoli gesti; tante parole che inavvertita- mente si dicono, ma che provengono dai piu profondi moti dell'animo; un incontrarsi di sguardi nei momenti piu disarmati; l'impre- vedibile e improvviso scambio di un sorriso; i silenzi — sono tante le cose, tanti i momenti, che giorno dopo giorno — per piu di cinquan- 98 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ta- possono insorgere ad affratellare il carce- riere e il carcerato, il boia e la vittima. E al pun- to che il boia non puo piu essere boia. In una sua lettera - quella del 29 aprile - Moro ad un certo punto dira: « La pieta di chi mi recava la lettera (dei familiari, pubblicata da un giornale) ha escluso i contorni che diceva- no la mia condanna (da parte della Democrazia Cristiana: nel non voter irattare) ». E direi che e il momento piu alto, piu cristianamente alto, toccato dalla tragedia. 99 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Col comunicato numero otto, le Brigate rosse dettano le condizioni per la restituzione di Moro. Vogliono la liberazione di tredici per- sone: un assortimento di brigatisti, protobri- gatisti e neobrigatisti. L'assortimento e pro- vocatorio: i protobrigatisti, benche al mo- mento di essere giudicati aves^ero rivendi- cato moventi di palingenesi sociale e poli- tica, dall'opinione generate erano stati con- siderati di non sofisticata delinquenza; e Cristoforo Piancone - il solo per cui vengono addotte giustificazioni alia richiesta di libe- rarlo: e percio e forse quello di meno lunga militanza — e da appena due settimane che, dopo avere con altri ucciso la guardia carce- raria Cotugno, si trova in carcere. Troppo recente il crimine, dunque, perche la richie- sta non sembri provocatoria. In quanto a Curcio e agli altri veri e propri brigatisti, erano sotto processo a Torino, il processo ancora durava. E sarebbe stato meglio non farlo, rimandarlo a tempo piu conveniente: ma una volta in corso, avrebbe aggiunto grot- tesco a grottesco il liberarli prima della sen- tenza o subito dopo. Ma a parte Tevidente provocazione che e nel- l'assortimento dei nomi, c'e da chiedersi per- 100 www.scribd.com/Cultura in Ita4 che proprio tredici. Le Brigate rosse non sa- ranno superstiziose: ma sanno benissimo che gli italiani lo sono. Non c'e, nel loro fermarsi a tredici, una nascosta irrisione e macabra: un voler dire che sanno le trattative non arri- veranno ad approdo e la sfortuna di Moro e gia segnata? II senso che aH'interno delle Brigate si sia aperta quella dicotomia cui si e accennato, si fa piu vivo. Tra questo comunicato e le lette- re di Moro - il quale indubbiamente tiene conto del punto di vista dei brigatisti che ha intorno — c'e differenza. I brigatisti che parla- no con Moro sembra siano nell'ordine d'idee di salvare lafaccia: e del resto consegnerebbe- ro un Moro, come si dice in linguaggio ma- fioso, gia « morto nel cuore degli amici»; politicamente morto, per come mestamen- te salutato da Montanelli e proclamato dal- l'onorevole Trombadori. I brigatisti che e- mettono i comunicati sembra vogliano inve- ce ottenere un irrigidimento governativo, un « no » assoluto e definitivo che consenta loro di eseguire la sentenza. Gia il 19 aprile il giornale « Lotta continua », della sinistra a sinistra del Partito Comunista, aveva pubblicato un appello per la liberazio- ne di Moro firmato, oltre che da esponenti della sinistra piu a sinistra (anche da Dario Fo), da vescovi, da intellettuali laici e cattolici (tra cui Raniero La Valle, cattolico eletto se- natore nelle liste del Partito Comunista) e persino da due comunisti di prestigio come Umberto Terracini e Lucio Lombardo Radi- 101 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ce. Ma le Brigate rosse mettono anche questo nel mazzo degli appelli rivolti loro da « alcu- ne personality del mondo borghese » e da « alcune autorita religiose » (tra le quali sa- rebbe il papa): e invitano coloro che l'hanno firmato a rivolgere analogo appello alia De- mocrazia Cristiana e al suo governo per la liberazione dei tredici brigatisti. Invito che, rivolto al papa e ai vescovi, va benissimo: poiche, come si e gia notato, quel che nell'ap- pello del papa e un di piu, e cioe un di meno, e di chiedere alle Brigate rosse una conver- sione (il papa nel ruolo di san Francesco, le Brigate in quello del lupo di Gubbio) sen- za, d'altra parte, chiedere ai cattolici che go- vernano lo Stato di ricordarsi che la salvezza della vita umana innocente (e tale e per il pa- pa quella di Moro: « uomo buono ed one- sto, che nessuno puo incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alia giustizia e alia pacifica convivenza ») e principio superiore ad ogni altro. Per gli uomini che rappresentano la Chiesa di Cristo, per colui che sommamen- te la rappresenta, non dovrebbe esserci che quello che il conte Attilio chiama supposto im- possibile, e cioe il « debole parere » di padre Cristoforo: « il mio debole parere sarebbe che non vi fossero ne sfide, ne portatori, ne bastonate » (/ promessi sposi, capitolo v). Non e altrettanto giusto, l'invito, per quel che attiene a « Lotta continua » e ad altri, della sinistra piu a sinistra, che hanno firmato Tap- pello: i quali hanno in un certo senso il diritto 102 www.scribd.com/Cultura in Ita4 di avvertire le Brigate rosse, chiuse nella loro monade di follia ideologica-giudiziaria, del nefasto errore in cui stanno cadendo e di cui lo Stato — in quei sussulti di reazione che nascono dall'impotenza e seguono alle scon- fitte - facilmente avrebbe potuto ad un certo punto far pagare il prezzo proprio a loro: e cioe a quella parte della sinistra piu scoperta- mente vicina, in teoria, alle posizioni delle Brigate rosse. Nella stessa giornata, 24 aprile, in cui a mold giornali arriva il comunicato numero otto, al giornale « Vita » (cattolico) arriva altra lettera di Moro a Zaccagnini. Piu drammaticamente vi sono ribadite le cose gia dette nelle lettere precedenti e che — queste si « indefettibil- mente » - rispondono a quel che Moro ha sempre pensato: il governo come emanazio- ne della Democrazia Cristiana; la salvezza della vita umana innocente come prescritta da un codice superiore e insopprimibile; la « nessuna ragione politica e morale » perche un tal codice non venga, anche nel suo caso, applicato. C'e di nuovo il mettersi di Moro nel punto di vista del militante democristiano di base. Abituato a conoscere i dissensi, di corrente e personali, che si svolgono nel par- tito, questa volta nulla sa il democristiano di quel che nel partito accade, delle discussioni e degli scontri che debbono pur esserci su un caso tanto grave. « Ora di questa vicenda, la piu grande e gravida di conseguenze che ab- bia investito da anni la DC, non sappiamo nulla o quasi. Non conosciamo la posizione 103 www.scribd.com/Cultura in Ita4 del Segretario ne del Presidente del Con- siglio: vaghe indiscrezioni dell'on. Bodra- to con accenti di generico carattere umanita- rio... ». Moro coglie precisamente: a quel mo- mento una inquietudine, un disagio, un sen- so di colpa comincia a circolare non soltanto tra i democristiani di base, ma pure tra quelli che hanno importanti cariche nel partito an- che se sono esclusi da quel ristretto consesso in cui maturano le indecisioni-decisioni sul- V affaire. Ma nonostante dibatta ancora il problema ed esorti a risolverlo, Moro e ormai certo che nulla sara fatto per salvarlo. Piu come ammo- nizione e previsione che come minaccia, scri- ve: « Non creda la DC di avere chiuso il suo problema, liquidando Moro. Io ci saro anco- ra come un punto irriducibile di contestazio- ne e di alternativa per impedire che della DC si faccia quello che se ne fa oggi ». E conclu- de: « Per questa ragione, per una evidente incompatibility, chiedo che ai miei funerali non partecipino ne autorita dello Stato ne uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno veramente voluto bene e sono degni percio di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore». 104 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « II Popolo », giornale della Democrazia Cri- stiana, pubblica la lettera di Moro « per do- vere d'informazione » e « per un rispetto in- distruttibile » al Moro di prima. Del Moro di oggi, il giornale trova attenuanti alle col- pe di disamore alio Stato e di rimproveri al partito nel fatto che e tenuto nel « buio piu profondo » e in condizioni di « grave costri- zione ». }t il 25 aprile: giorno in cui si celebra la libera- zione dal nazifascismo. La marea della retori- ca sale. La Resistenza al nazifascismo, valore indistruttibile quanto il rispetto della Demo- crazia Cristiana ad Aldo Moro, viene invoca- ta e trasposta come resistenza alle trattative per salvare la vita di Moro. II guaio e che quella Resistenza e un valore indistruttibile anche per le Brigate rosse: credono di esser- ne i figli, di continuarla o di ripeterla. Nessu- no ha spiegato loro che non si trattava di una rivoluzione lasciata a mezzo e con la riserva di riaccenderla a piu conveniente momento, ma di un ritorno invece: di un ritorno all'Italia prefascista — e col paradosso della continuita giuridica con l'ltalia fascista - in cui, in qual- che modo, a tentoni, ad improvvisazione, si sarebbe tenuto conto delle idee, dei fatti, del- 105 www.scribd.com/Cultura in Ita4 le cose nuove e migliori che intanto correva- no nel mondo. Nella sede centrale della Democrazia Cristia- na, nella romana piazza del Gesu, viene di- stribuito ai giornalisti un documento che ho gia definito, per come mi parve e mi pa- re, mostruoso. Una cinquantina di persone, « amici di vecchia data » dell'onorevole Mo- ro, solennemente assicurano che Tuomo che scrive le lettere a Zaccagnini, che chiede di essere liberato dal « carcere del popolo » e argomenta sui mezzi per farlo, non e lo stesso uomo di cui sono stati lungamente amici, al quale per « comunanza di formazione cultu- rale, di spiritualita cristiana e di visione poli- tica » sono stati vicini. « Non e l'uomo che conosciamo, con la sua visione spirituale, po- litica e giuridica che ha ispirato il contributo alia stesura della stessa Costituzione repub- blicana ». Si sa come in Italia, e specialmente tra gli intellettuali, si raccolgono adesioni a manife- sti e dichiarazioni di protesta civile: spesso per telefono, sommariamente comunicando- ne il contenuto. E distrattamente, fidando nella comunanza di idee o di opinioni con colui che la chiede, l'adesione vien data: co- me a scrollarsi di un fastidio che frequente- mente ricorre. E possibile, dunque, che qual- cuno con uguale distrazione abbia aderito a questa dichiarazione su Moro, per dirla pi- randellianamente, « uno e due». Ma non si doveva. Non si trattava di una protesta civile, ma piuttosto, di una incivile protestazione. 106 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Da protesto, non da protesta. A Moro vie- ne protestata la cambiale di quel che si cre- deva fosse. O meglio: di quel che si voleva fosse. Tra i firmatari della protestazione, colpisce la presenza di un filologo illustre e di un non meno illustre esegeta di sant'Agostino, e car- dinale per giunta. Come fa il filologo a non accorgersi che il Moro che scrive dal « carcere del popolo » e integralmente e lucidamente il Moro che ha scritto suWantigiuridicitd net di- rittopenale, che ha scritto nel 1945 gli articoli che la rivista « Studium » ripropone (numero del marzo-aprile '78), che meno di due mesi prima ha pronunciato in Parlamento quel discorso a difesa dell'onorevole Gui? E come /fa Tesegeta di Agostino a non sapere quanto e difficile, addirittura impossibile, conoscere un uomo; quanto arrogante — senza amore, senza carita - il voler apporre certificazione e giudizio a quel che era e a quel che non e piu, a come era e a come non e? « Io ritengo giustissima quella legge dell'amicizia secondo la quale non si deve amare l'amico ne piu ne meno di quanto noi stessi ci amiamo. Ora se anch'io sono sconosciuto a me stesso, non gli faccio davvero torto dicendo che lui e a me sconosciuto; tanto piu che, come credo, nep- pure lui si conosce ». O, travalicando la legge che Agostino accetta, il cardinale ha amato Moro piu di se stesso e quindi piu di se stesso ha conosciuto il Moro di prima? Non lo ha conosciuto per nulla. E, quel che e peggio, ora rifiuta di avvicinarsi a conoscerlo: 107 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ora che come non mai dovrebbe conoscer- lo, riconoscerlo, non abbandonarlo, non la- sciarlo « uomo solo » di fronte alia morte, la tremenda morte che gli viene da altri uomini. « II vescovo » ha scritto il cardinale di Agosti- no « vuole attuare la verita dentro il suo cuo- re: davanti a Dio nella sua confessione, e nel suo scritto davanti a molti testimoni». In questo scritto, che per averlo firmato e anche suo, in questo misconoscimento deiruomo chiuso nella « prigione del popolo», il car- dinale-arcivescovo, l'esegeta di Agostino, ha davvero creduto di attuare davanti a molti testimoni, e davanti al maggior testimonio che era Moro, la verita del suo cuore? E una domanda in cui mi sgomento, in cui mi smar- risco: io che non sono del gregge di quel pastore. E quale sara stato lo sgomento e lo smarrimento di Moro? Dice: « non lo avrei creduto possibile ». Nella lettera che a un giornale romano perviene la sera del 29 aprile e che vale la pena rileggere integralmente. « Dopo la mia lettera comparsa in risposta ad alcune ambigue, disorganiche, ma sostan- zialmente negative posizioni della DC sul mio caso, non e accaduto niente. Non che non ci fosse materia da discutere. Ce n'era tanta. Mancava invece al partito, al suo segretario, ai suoi esponenti il coraggio civile di aprire un dibattito sul tema proposto che e quello della salvezza della mia vita e delle condizioni per conseguirla in un quadro equilibrato. E 108 www.scribd.com/Cultura in Ita4 vero: io sono prigioniero e non sono in uno stato d'animo lieto. Ma non ho subito nessu- na coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia, ho la mia solita calligrafia. Ma sono, si dice, un altro e non merito di essere preso sul serio. Allora ai miei argomenti neppure si risponde. E se io faccio l'onesta domanda che si riunisca la direzione o altro organo costituzionale del partito, per- che sono in gioco la vita di un uomo e la sor- te della sua famiglia, si continua invece in degradanti conciliaboli, che significano pau- ra del dibattito, paura della verita, paura di firmare col proprio nome una condanna a morte. « E devo dire che mi ha profondamente rat- tristato (non lo avrei creduto possibile), il fatto che alcuni amici, da mons. Zama, al- l'avv. Veronese, a G.B. Scaglia ed altri, senza ne conoscere ne immaginare la mia sofferen- za, non disgiunta da lucidita e liberta di spiri- to, abbiano dubitato dell'autenticita di quello che andavo sostenendo, come se io scrivessi su dettatura delle Brigate Rosse. Perche que- sto avallo alia pretesa mia non autenticita? Ma tra le Brigate Rosse e me non c'e la mini- ma comunanza di vedute. E non fa certo identita di vedute la circostanza che io abbia sostenuto sin dall'inizio (e, come ho dimo- strato, molti anni fa) che ritenevo accettabile, come avviene in guerra, uno scambio di pri- gionieri politici. E tanto piu quando, non scambiando, taluno resta in grave sofferen- za, ma vivo, l'altro viene ucciso. In concreto lo 109 www.scribd.com/Cultura in Ita4 scambio giova (ed e un punto che umilmente mi permetto sottoporre al S. Padre) non solo a chi e dall'altra parte, ma anche a chi rischia l'uccisione, alia parte non combattente, in sostanza all'uomo comune come me. « Da che cosa si puo dedurre che lo Stato va in rovina, se, una volta tanto, un innocente so- pravvive e, a compenso, altra persona va in- vece che in prigione, in esilio? II discorso e tutto qui. In questa posizione, che condanna a morte tutti i prigionieri delle Brigate Rosse (ed e prevedibile ce ne siano) e arroccato il Governo, e arroccata caparbiamente la DC, sono arroccati in generale i partiti con qual- che riserva del Partito Socialista, riserva che e augurabile sia chiarita d'urgenza e positiva- mente, dato che non c'e tempo da perdere. In una situazione di questo genere, i sociali- st potrebbero avere funzione decisiva. Ma quando? Guai, caro Craxi, se una tua iniziati- va fallisse. Vorrei ora tornare un momen- to indietro con questo ragionamento che fi- la come filavano i miei ragionamenti di un tempo. Bisogna pur ridire a questi ostinati immobilisti della DC che in moltissimi casi scambi sono stati fatti in passato, ovunque, per salvaguardare ostaggi, per salvare vitti- me innocenti. Ma e tempo di aggiungere che, senza che almeno la DC lo ignorasse, anche la liberta (con l'espatrio) in un numero discreto di casi e stata concessa a palestinesi, per para- re la grave minaccia di ritorsioni e rappresa- glie capaci di arrecare danno rilevante alia comunita. E, si noti, si trattava di minacce 110 www.scribd.com/Cultura in Ita4 serie, temibili, ma non aventi il grado d'im- manenza di quelle che oggi ci occupano. Ma allora il principio era stato accettato. La ne- cessita di fare uno strappo alia regola della legalita formale (in cambio c'era Tesilio) era stata riconosciuta. Ci sono testimonianze i- neccepibili che permetterebbero di dire una parola chiarificatrice. E sia ben chiaro che, provvedendo in tal modo, come la necessita comportava, non s'intendeva certo mancare di riguardo ai paesi amici interessati i quali infatti continuarono sempre nei loro amiche- voli e fiduciosi rapporti. «Tutte queste cose dove e da chi sono state dette in seno alia DC? E nella DC dove non si affrontano con coraggio i problemi. E al caso che mi riguarda, e la mia condanna a morte, sostanzialmente avallata dalla DC, la quale, arroccata sui suoi discutibili principi, nulla fa per evitare che un uomo, chiunque egli sia, ma poi un suo esponente di prestigio, un militante fedele sia condotto a morte. Un uomo che aveva chiuso la sua carriera con la sincera rinuncia a presiedere il governo, ed e stato letteralmente strappato da Zaccagnini (e dai suoi amici tanto abilmente calcolatori) dal suo posto di pura riflessione e di studio, per assumere l'equivoca veste di Presidente del Partito, per il quale non esisteva un ade- guato ufficio nel contesto di Piazza del Gesu. Son piu volte che chiedo a Zaccagnini di col- locarsi lui idealmente al posto ch'egli mi ha obbligato ad occupare. Ma egli si limita a dare 111 www.scribd.com/Cultura in Ita4 assicurazioni al Presidente del Consiglio che tutto sara fatto com'egli desidera. « E che dire dell'on. Piccoli, il quale ha dichia- rato, secondo quanto leggo da qualche parte, che se io mi trovassi al suo posto (per cosi di- re libero, comodo, a Piazza, ad esempio, del Gesu), direi le cose che egli dice e non quelle che dico stando qui. Se la situazione non fosse (e mi limito nel dire) cosi difficile, cosi dram- matica quale essa e, vorrei ben vedere che cosa direbbe al mio posto Ton. Piccoli. Per parte mia ho detto e documentato che le cose che dico oggi le ho dette in passato in condi- zioni del tutto oggettive. E possibile che non vi sia una riunione statutaria e formale, quale che ne sia l'esito? Possibile che non vi siano dei coraggiosi che la chiedano, come io la chiedo con piena luciditaxdi mente? Centi- naia di parlamentari volevano votare contro il Governo. Ed ora nessuno si pone un pro- blema di coscienza? E cio con la comoda scusa che io sono un prigioniero. « Si deprecano i lager, ma come si tratta ci- vilmente un prigioniero, che ha solo un vin- colo esterno, ma l'intelletto lucido? Chiedo a Craxi, se questo e giusto. Chiedo al mio parti- to, ai tanti fedelissimi delle ore liete, se questo e ammissibile. Se altre riunioni formali non le si vuol fare, ebbene io ho il potere di convoca- re per data conveniente e urgente il Consi- glio Nazionale avendo per oggetto il tema circa i modi per rimuovere gli impedimenti del suo Presidente. Cosi stabilendo, delego a presiederlo Ton. Riccardo Misasi. 112 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « E noto che i gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro la morte. In tanti anni e in tante vicende i desideri sono caduti e lo spi- rito si e purificato. E, pur con le mie tante colpe, credo di avere vissuto con generosita nascoste e delicate intenzioni. Muoio, se cosi decidera il mio partito, nella pienezza della mia fede cristiana e nell'ardore immenso per una famiglia esemplare che io adoro e spero di vigilare dall'alto dei cieli. Proprio ieri ho letto la tenera lettera di amore di mia moglie, dei miei figli, deiramatissimo nipotino, del- l'altro che non vedro. La pieta di chi mi reca- va la lettera ha escluso i contorni che diceva- no la mia condanna, se non avverra il mira- colo del ritorno della DC a se stessa e la sua assunzione di responsabilita. Ma questo ba- gno di sangue non andra bene ne per Zacca- gnini, ne per Andreotti, ne per la DC, ne per il Paese: ciascuno portera la sua responsabi- lita. « Io non desidero intorno a me, lo ripeto, gli uomini del potere. Voglio vicino a me coloro che mi hanno amato davvero e continueran- no ad amarmi e pregare per me. Se tutto questo e deciso, sia fatta la volonta di Dio. Ma nessun responsabile si nasconda dietro l'a- dempimento di un presunto dovere. Le cose saranno chiare, saranno chiare presto ». Ci sono, in questa lettera, tante cose da se- gnare, su cui riflettere. E da decifrare. In- tanto, questa frase: « non scambiando, talu- 113 www.scribd.com/Cultura in Ita4 no resta in grave sofferenza, ma vivo, Faltro viene ucciso». Taluno: « pronome indicante qualita; adoprasi bene laddove si tratti ap- punto di fermare l'attenzione sopra la qualita d'una o piu persone: ma d'ordinario, non molte ». (Ancora il Tommaseo: sto scrivendo queste pagine suWaffaire Moro in un mareg- giare di ritagli di giornali e col dizionario del Tommaseo solido in mezzo come un frangi- flutti). Indubbiamente, Moro vuol richiama- re l'attenzione dei destinatari della lettera, e che vi si fermi, sulla qualita delFuna o piu persone che lo Stato dovrebbe cedere: e che dunque si puo trattare sul numero, e cioe andare al di sotto dei tredici di cui le Brigate hanno domandato la liberazione. E ribadi- sce: « lo Stato va in rovina, se, una volta tanto, un innocente sopravvive e, a coijhpenso, altra persona va invece che in prigione, in esilio? ». II taluno e diventato uno: non c'e dubbio. E tanto piu che come a dire: una sola persona, avete capito bene, aggiunge: « II discorso e tut- to qui ». E parrebbe anche di poter interpre- tare che questa « altra persona » non e ancora in carcere, ma dovrebbe andarci. Le Brigate rosse, dunque, o almeno la cellula che lo detiene, lo hanno eletto a mediatore di una possibile trattativa e gli hanno confidato il prezzo ultimo - simbolico o per loro effetti- vamente importante - che vogliono sia paga- to dallo Stato. Moro ne fa una avarice abba- stanza esplicita: ma non viene intesa da chi dovrebbe intenderla. E ormai il 3 1 e 47 che nella cabala siciliana del giuoco del lotto cor- 114 www.scribd.com/Cultura in Ita4 risponde al « mono che paria ». Che paria nei sogni o negli incubi degli « amici ». Che conti- nues a parlare. Tante altre cose sarebbero da segnare: dal- l'avvertimento a Craxi e ai socialisti, cui si pud conferire un senso che va al di la deiriniziati- va di salvargli la vita, a quel tornare sul nome di Misasi per delegarlo a presiedere il Consi- glio Nazionale della Democrazia Cristiana: nome che le cronache non avevano fino a quel momento mai fatto come di uno che avesse manifestato, nei consessi segreti del partito, inclinazione alle trattative: e a meno che non sia stata un'intuizione quasi divina- toria, qualcuno a Moro Tavra rapportato. In- quietante ipotesi: da lasciare cioe, come Moro l'ha lasciata, all'inquietudine degli « amici ». E c'e poi quel « leggo da qualche parte », da notare come elemento probante di quella che ho chiamato Tetica carceraria delle Brigate rosse: che gli davano da leggere il giornale, e forse piu di uno. O gli facevano una specie di servizio stampa, ritagliandogli con mutevole criterio quel che ritenevano di fargli conosce- re. Ma fatto sta che era informato; e che dica dettato dalla pieta il fatto che dal quotidiano « II giorno » del 26 aprile gli sia stata conse- gnata la sola lettera dei figli ritagliata ad escludere « i contorni che dicevano la sua condanna », puo anche significare che fino a quel punto i giornali glieli avevano dad in- teri. E infine, ecco, c'e la parola che per la prima volta scrive nella piu atroce nudita; la parola 115 www.scribd.com/Cultura in Ita4 che finalmente gli si e rivelata nel suo ve- ro, profondo e putrido significato: la parola « potere ». « Io non desidero intorno a me, lo ripeto, gli uomini del potere ». Ma nella pre- cedente lettera aveva parlato di « autorita dello Stato » e « uomini di partito » : e soltanto ora che e arrivato alia denominazione giusta, alia spaventosa parola. Per il potere e del potere era vissuto fino alle nove del mattino di quel 16 marzo. Ha spera- to di averne ancora: forse per tornare ad assumerlo pienamente, certamente per evi- tare di affrontare quella morte. Ma ora sa che l'hanno gli altri: ne riconosce negli altri il volto laido, stupido, feroce. Negli «amici», nei « fedelissimi delle ore liete »: delle maca- bre, oscene ore liete del potere. 116 www.scribd.com/Cultura in Ita4 «Le ore liete », le ore liete del potere. Con ironia. Un'ironia che viene da lontano: e ora amara, dolorosa. Non pare abbia mai avuto letizia di potere. L'ha amato, ma l'ha anche sofferto. L'essere tra gli altri il migliore, e il dover disprezzarli, forse gli dava cristiana misura della propria miseria. Ed era questa la differenza tra lui e gli altri; e la ragione per cui tra gli altri — e in un certo senso dagli altri - e stato prescelto alia morte. Nella sua storia gia come scritta, nella sua storia gia opera letteraria (e che qui soltanto si tenta di interpretare), ci sono gia da prima i segni premonitori. E si scorra il Mow di Cor- rado Pizzinelli, pubblicato nel 1969: una bio- grafia scritta per una collezione che s'intitola «Gente famosa», sulla cronaca e come cro- naca. Ci sono dei punti in cui il giornalista sembra fermarsi come su dei presagi: e figu- riamoci oggi il lettore, dopo la tragedia. Par- la, ecco, di Moro ministro della Giustizia: « Come guardasigilli mette in eccezionale ri- lievo tutti i suoi difetti. E pignolo, minuzioso, lento e meticoloso fino all'eccesso ... Intanto a che cosa dedica la sua maggiore attenzione? Sorpresa. Alle carceri e ai carcerati, cui fa 117 www.scribd.com/Cultura in Ita4 lunghe, lunghissime visite ... Le sue esplora- zioni in questo sottofondo della vita sociale italiana sono continue e minuziose. Vien vo- glia di chiedere a uno psicanalista quali po- trebbero essere le motivazioni segrete della curiosa propensione per le galere e i galeot- ti che ha l'uomo cui, non dimentichiamolo, piacciono tanto le cravatte e i loro nodi ». E non e inquietante che il giornalista abbia as- sociate le ispezioni nelle carceri alle cravatte e ai nodi delle cravatte — e cioe aH'impicca- gione? E parlando del periodo in cui e sta- to presidente dei governi di centrosinistra: « Iniziatosi con la morte di Kennedy » questo periodo effettualmente si chiude il 6 giu- gno 1 968, alia notizia dell'assassinio delfaltro Kennedy. « Destino curioso: e nell'arco fra queste due tragiche morti che Moro e stato al governo». E ancora: « Una parola, fatalita, torna spesso nei suoi discorsi... ». Ma lasciando le coincidenze e tornando ai fatti che le contengono: dopo la lettera di Moro del 29 aprile - Tultima diretta alia De- mocrazia Cristiana e al mondo politico italia- no: a meno che non ce ne siano altre tenute segrete - la famiglia affida ai giornali un duro comunicato: « La famiglia di Aldo Moro, dopo tanti giorni di attesa angosciosa, rivolge un pressante ap- pello alia DC affinche essa assuma con corag- gio le proprie responsabilita per la liberazio- ne del suo presidente. La famiglia ritiene che 118 www.scribd.com/Cultura in Ita4 I atteggiamento della DC sia del tutto insuffi- ciente a salvare la vita di Aldo Moro. «Sappia la delegazione democristiana, sap- piano gli onorevoli Zaccagnini, Piccoli, Bar- tolomei, Galloni e Gaspari che con il loro comportamento di immobilita e di rifiuto di ogni iniziativa proveniente da diverse parti ratificano la condanna a morte di Aldo Moro. Se questi cinque uomini non vogliono assu- mere la responsabilita di dichiararsi disponi- bili alia trattativa, convochino almeno il Con- siglio nazionale della DC, come formalmente richiesto dal suo presidente. « La nostra coscienza non pud piu tacere di fronte alFatteggiamento della DC. Credia- mo, con questo appello, di interpretare an- che la volonta del nostro congiunto. Egli non riesce ad esprimerla direttamente senza es- sere dichiarato sostanzialmente pazzo dalla quasi totalita del mondo politico italiano e in prima linea dalla DC e da gruppi ad essa paralleli di sedicenti "amici" e "conoscenti" di Aldo Moro. « Per evitare una lunga stagione di dolore e di morte, non serve negare la dura realta; occorre invece affrontarla con lucido corag- gio». II governo risponde, due giorni dopo, con una nota, dicono i giornali, « scritta di pugno d'Andreotti ». E sarebbe da portare anche questo all'attenzione dello psicanalista: il fat- to che i giornalisti tengano al particolare di Andreotti che scrive « di pugno » il comuni- 119 www.scribd.com/Cultura in Ita4 cato del governo. E un'immagine: di un uo mo che scrive una sentenza. Comincia forse da questa focalizzazione di un particolare fi- sico quell'inconscio processo di deresponsa- bilizzazione che presto o tardi finira con l'e- splodere (e se presto, primamente segnera la fine del governo Andreotti). La nota del governo dice: « L'invito al governo rivolto dalla DC di ap- profondire il contenuto della soluzione uma- nitaria adombrata dal PSI, avra un seguito in una riunione del Comitato interministeriale per la sicurezza che avra luogo nei prossimi giorni. Si osserva tuttavia fin d'ora che e nota la linea del governo di non ipotizzare la ben- che minima deroga alle leggi dello Stato e di non dimenticare il dovere morale del rispet- to del dolore delle famiglie che piangono le tragiche conseguenze deH'operato crioqinoso degli eversori ». Se davvero questa nota Tha scritta Andreotti, e di suo pugno, l'ha scritta piu nel linguaggio di Moro che nel proprio. Di solito lui e piu chiaro, piu banalmente chiaro. Quale coin- cidenza riconosceremo piu tardi in questo fatto? Traduciamo, intanto: « La Democra- zia Cristiana chiede al governo democristiano di tener quieto il Partito Socialista, sulla cui quiete e fondata la quiete del governo, mo- strando una certa considerazione nei riguar- di di una soluzione umanitaria del caso Mo- ro. II governo intende e sta al giuoco: ci sara 120 www.scribd.com/Cultura in Ita4 una ristretta riunione di ministri assoluta- mente inutile, poiche il governo ha gia deciso di non trattare in nessun modo con le Briga- te rosse, per il rispetto che si deve alle fami- glie i cui congiunti sono stati uccisi dai briga- tisti » . Ha ragione Moravia: in Italia, la famiglia spiega tutto, giustifica tutto, e tutto. Come diceva Lincoln per la democrazia: dalla fami- glia, per la famiglia, alia famiglia. E dunque per sopravanzare le ragioni della famiglia Moro, per annientarle - poiche in quanto famiglia di ragioni ne ha — non c'e niente di meglio che servirle un certo numero di fami- glie gia in lutto, e quanto meno le cinque di coloro che facevano scorta all'onorevole Mo- ro. Una ulteriore e piu libera traduzione del- la nota, e piu realistica, suonerebbe dunque cosi: « II governo, altrimenti impotente, puo mostrare la sua forza, e in qualche modo attenuare le critiche e i risentimenti che alia sua impotenza si rivolgono, soltanto lascian- do che le Brigate rosse procedano a una solu- zione egualitaria del caso Moro. Se poi l'lnno- minato che le comanda sara, per le preghiere del Santo Padre, toccato dalla Grazia come llnnominato del Manzoni, il governo non potra che dirsi lieto della restituzione alia famiglia dell'onorevole Moro». 121 www.scribd.com/Cultura in Ita4 II 1° maggio i giornali pubblicano la notizia che altre lettere di Moro sono arrivate al pre- sidente della Repubblica Leone, al presiden- te del Senato Fanfani, al presidente della Ca- mera dei deputati Ingrao, al presidente del Consiglio Andreotti, al presidente del grup- po parlamentare democristiano Piccoli (oggi presidente della Democrazia Cristiana: la ca- rica che fu di Moro). E si ha l'impressione che nel rivolgersi a tanti presidenti, a tanti uomi- ni che stanno ai vertici del potere, Moro abbia voluto come esaurire il suo compito, il suo dovere: verso se stesso, verso la « famiglia » ; e ormai con poca speranza. Una lettera ha mandato anche a Misasi; e una a Craxi, segretario del Partito Socialista. Di queste sette lettere, soltanto due se ne co- noscono: quella a Craxi, resa pubblica dal destinatario; e quella a Leone, pervenuta, pare, a un'agenzia di stampa. Ha tanta poca speranza, ormai, sa cosi bene di avere - come dice a Craxi — « un respiro minimo », che nella breve e cerimoniosa let- tera a Leone si lascia andare a un tratto di ironia (ma forse c'e ironia anche nella ceri- moniosita): « Le tante forme di solidarieta sperimentate t'indirizzino per la strada giu- 122 www.scribd.com/Cultura in Ita4 s ta ». Tra le forme di solidarieta sperimenta- te da Leone, c'era quella che venutagli due mesi dopo a mancare doveva costringerlo al- |e dimissioni. E forse a quella Moro princi- palmente allude: del Partito Comunista. II 5 maggio arriva alia stampa il comunica- tonumero nove delle Brigate rosse. Oltre alle solite accuse al SIM, alia DC, agli assassini «capeggiati da Andreotti », a Berlinguer e ai berlingueriani, contiene una polemica con- tro Craxi e il Partito Socialista eccessiva se non addirittura gratuita. E viene il sospetto che la « centrale » abbia sentito il bisogno di muovere tale polemica diciamo per uso inter- no, contro la « periferia »: ad avvertimento e rimprovero, insomma, verso coloro che a- vrebbero voluto continuare le trattative « al di sotto dei tredici »: cioe chiedendo alio Sta- to italiano un prezzo meno mortificante di quello della liberazione dei tredici brigatisti. E si puo anche, da questo sospetto, far ram- pollarne un altro: che le Brigate rosse ten- dessero a squalificare elettoralmente - nelle elezioni parziali che ci sarebbero state da li a una settimana — il Partito Socialista: squalifi- cazione che per loro parte quei giornali che le Brigate chiamano « di regime » alacremente conducevano (titoli: Craxi e passato sulValtra barricata; I socialisti sono isolati; Craxi insiste ma incontra molte resistenze; Uiniziativa di Craxi si sgonfia; Craxi costretto a ripiegare sulla linea del- la DC). Ed e un sospetto su cui varrebbe la pena fermarsi, riflettere. Alia fine del comunicato, l'annuncio tremen- 123 www.scribd.com/Cultura in Ita4 do: « Concludiamo quindi la battaglia inizia- ta il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro e stato condannato ». « Eseguendo »: gerundio presente del verbo eseguire. Un presente dilatabile. E si preferi- sce dilatarlo verso il futuro, verso la speran- za. « Tutta la nostra attenzione » dichiara il direttore del giornale democristiano « II Po- polo » « e concentrata sul gerundio ». Ce da dubitare che una concentrazione sul gerun- dio sia mai valsa e possa mai valere a salvare una vita: ma ormai siamo nel surreale. Pieno di speranza, il gerundio sale come un pallon- cino alPidrogeno: fluttua tra le direzioni dei partiti, le redazioni dei giornali, la radio, la televisione, i discorsi della gente. Non il ge- rundio presente del verbo eseguire, ma la parola gerundio. Un buon terzo della popo- lazione italiana si chiede che cosa e questo gerundio cui ci si affida per salvare la Vila di Moro. Sara sinonimo di intermediario? Sara un ente di autorita morale superiore a quella del papa? Sara un corpo di polizia speciale, particolarmente addestrato ed attrezzato per azioni di estremo rischio e di estrema preci- sione? Sara il nome di una persona che ha un qualche potere sulle Brigate rosse? La vita e la morte di Aldo Moro - la vita o la morte — perdono di realta: sono presenti sol- tanto in un gerundio, sono soltanto un ge- rundio presente. 124 www.scribd.com/Cultura in Ita4 C e un postscriptum al comunicato numero no- ve delle Brigate rosse (quello del gerundio): « Le risultanze dell'interrogatorio ad Aldo Moro e le informazioni in nostro possesso, ed un bilancio complessivo politico-militare del- la battaglia che qui si conclude, verra forni- to al Movimento Rivoluzionario e alle OCC (Organizzazioni Comuniste Combattenti) attra- verso gli strumenti di propaganda clande- stini ». E la confessione di una sconfitta. Gia anticipata nel comunicato numero sei, questa decisione di destinare soltanto alia dif- fusione clandestina le « risultanze » del pro- cesso a Moro assume, nel comunicato che da per certa l'esecuzione della sentenza, un sen- so di piu evidente e sinistra menzogna: a nascondere, appunto, la sconfitta. Nel comu- nicato numero tre avevano detto: « niente deve essere nascosto al popolo ed e questo il nostro costume »; lo avevano ribadito, in maiuscole, nel comunicato numero cinque; nel sei, pur avendo gia scelto la diffusione clandestina, vagamente promettevano: « tut- to sara reso noto al popolo ». Ma nel nove 125 www.scribd.com/Cultura in Ita4 questa promessa sembra del tutto dimentica- ta. Ci sono o non ci sono « le risultanze del- l'interrogatorio ad Aldo Moro »? E, doman- da ancora piu grave, c'e ancora il popolo cui « niente deve essere nascosto »? Forse si pud rispondere con un no ad en- trambe le domande. L'interrogatorio a Moro non gli ha lasciato nulla in mano che possa esplodere come rivelazione, servire come ac- cusa; e la decisione di ucciderlo e ovvio agi- sca in loro, inconsciamente, ad accrescere il senso e il sentimento di una separazione, di un isolamento, di una chiusura sempre piu stretta in quella monade che ormai ha solo dei sotterranei, segreti passaggi - passaggi che a conveniente momento, e non da loro, saranno chiusi. Si pensi con quale esultanza hanno diffuso la lettera di Moro contro Taviani e con quale immaginabile soddisfazione ne avranno con- statato Teffetto — di timore, di smarrimento - nell'area del potere democristiano. E con quale godimento hanno assaporato, nel co- municato numero sette, la battuta di Moro su Andreotti: « nel caso che lo riguarda vede come in particolare il suo compare Andreot- ti cerchera con ogni mezzo di trasformarlo in un "buon affare" (cosi lo definisce Moro), come ha sempre fatto in tutta la sua carrie- ra... ». Possibile dunque che avendo in ma- no altre rivelazioni di Moro, altri giudizi, ri- nuncino a farli conoscere? E per quale cal- colo? II fatto e che dentro questa Democrazia Cri- 126 www.scribd.com/Cultura in Ita4 stiana che lo dice mutato, che lo misconosce, che lo nega; dentro questo partito momenta- neamente snaturato da suggerimenti esterni (« qualcuno lividamente vi suggerisce »), Mo- ro vede una Democrazia Cristiana che e la sua: invertebrata, disponibile, cedevole e al tempo stesso tenace, paziente, prensile; una specie di polipo che sa mollemente abbrac- ciare il dissenso per restituirlo, maciullato, in consenso. Una Democrazia Cristiana che vie- ne da lontano e che va lontano: quanto da lontano viene e quanto lontano ancora andra il cattolicesimo italiano, quel cattolicesimo consustanziato al modo di essere degli italia- ni. E continua a dire « il mio partito » anche nel momento in cui meno lo riconosce, e cioe nel momento in cui dal partito - piu che dalle Brigate rosse — si sente condannato a morte: « Muoio, se cosi decidera il mio parti- to... ». Al di la di Zaccagnini, di Andreotti, di Piccoli, resta questo suo partito - « fonda- mento insostituibile » del governo — che non tardera a ravvedersi, a ritrovare la ragion d'essere e di durare, e in cui il caso Moro diventera « un punto irriducibile di contesta- zione e di alternativa ». Certo, ci sono nelle lettere che conosciamo — e ancora di piu ce ne saranno in quelle che non conosciamo — delle incoerenze, delle con- traddizioni (e anche sviste ed errori); ma e del tutto normale che ci siano, se appena tentiamo di immaginare la condizione in cui e di colpo precipitato — dal vertice del potere 127 www.scribd.com/Cultura in Ita4 alia piu assoluta impotenza: come ne La vida es sueno di Calderon — e tutto quello che nella « prigione del popolo » subiva dai nemici vici- ni e dagli « amici » lontani. Ma la sua piu vera coerenza bisogna intrave- derla nel non aver risposto al processo, nel- l'averlo respinto: per se e per la Democrazia Cristiana - cosi come nel Parlamento della Repubblica 1'aveva qualche mese prima re- spinto per Tonorevole Gui in quanto demo- cristiano in cui Tintera Democrazia Cristiana si riconosceva e intorno al quale faceva qua- drato. E questa era per lui - coerentemente, e non per alterazione psichica e mentale - la colpa della Democrazia Cristiana, la colpa che non poteva ne politicamente giustificare ne umanamente perdonare: il non aver fat- to quadrato intorno alia sua vita, il non esser- si riconosciuta in lui prigioniero e imputato delle Brigate rosse. E nemmeno di tutta la Democrazia Cristiana, questa colpa; ne del- la Democrazia Cristiana nella sua essenza, nella sua natura e nel suo destino: ma di quegli uomini del partito, di quegli uomini del potere, che si erano arrogato il diritto di decidere. E pud darsi vengano fuori delle « risultan- ze » : ma sara troppo tardi perche non si pensi a sapienti montaggi di nastri di registrazione o di scritti. Moro e stato fedele alia sua Demo- crazia Cristiana: e vale a dire che mentre noi, qui, tentiamo di sciogliere quella che Pasolini chiamo « una enigmatica correlazione », lui, 128 www.scribd.com/Cultura in Ita4 per se, del tutto non la sciolse. La sciolse di fronte a Dio, denudato di potere e ricono- scendo la diabolicita del potere; non la sciolse di fronte ai cittadini della Repubblica ita- liana. 129 www.scribd.com/Cultura in Ita4 La mattina del 9 maggio il professor Franco Tritto, amico della famiglia Moro, riceve una telefonata (e non era la prima) da parte delle Brigate rosse. Registrata dalla polizia, la tele- fonata e stata due mesi dopo diffusa dalla radiotelevisione - con l'inconsulta speranza che qualcuno riconoscesse la voce: e si puo immaginare quanti mitomani l'avranno rico- nosciuta e quanti malvagi avranno tentato di inguaiare qualche loro nemico o amico - e trascritta dai giornali. brigatista. « Pronto? E il professor Franco Tritto? ». tritto. « Chi parla? ». b. « II dottor Nicolai ». t. « Chi Nicolai? ». b. « E lei il professor Franco Tritto? ». t. « Si, sono io ». b. « Ecco, mi sembrava di riconoscere la vo- ce... Senta, indipendentemente dal fatto che lei abbia il telefono sotto controllo, dovrebbe portare un'ultima ambasciata alia famiglia ». t. « Si, ma io voglio sapere chi parla ». b. « Brigate rosse. Ha capito? ». t. « Si » . b. « Ecco, non posso stare molto al telefono. 130 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Quindi dovrebbe dire questa cosa alia fami- glia, dovrebbe andare personalmente, anche se il telefono ce Tha sotto controllo non fa niente, dovrebbe andare personalmente e di- re questo: adempiamo alle ultime volonta del presidente comunicando alia famiglia dove potra trovare il corpo dell'onorevole Aldo Moro ». t. « Ma che cosa dovrei fare? ». b. « Mi sente? ». t. * No; se pud ripetere, per cortesia... ». b. « No, non posso ripetere, guardi... Allo- ra lei deve comunicare alia famiglia che tro- veranno il corpo dell'onorevole Aldo Moro in via Caetani, che e la seconda traversa a destra di via delle Botteghe Oscure. Va be- ne? ». t. « Si » . b. « Li c'e una Renault 4 rossa. I primi nu- meri di targa sono N 5 ». t. « N 5? Devo telefonare io » (ed e preso dal pianto). b. « No, dovrebbe andare personalmente ». t. « Non posso... ». b. « Non puo? Dovrebbe, per forza... ». t. « Si, certo, si... ». b. « Mi dispiace. Cioe se lei telefona non... non verrebbe meno aHadempimento delle richieste che ci aveva fatto espressamente il presidente... ». t. « Parli con mio padre, la prego... » (nel pianto, non riesce piii a parlare). b. « Va bene ». t. padre. « Pronto? Che mi dice? ». 131 www.scribd.com/Cultura in Ita4 b. « Lei dovrebbe andare dalla famiglia del- I'onorevole Moro oppure mandare suo figlio o comunque telefonare ». t. padre. « Si ». b. « Basta che lo facciano. II messaggio ce l'ha gia suo figlio. Va bene? ». t. padre. « Non posso andare io? ». b. « Lei, pud andare anche lei ». t. padre. « Perche mio figlio non sta bene ». b. « Puo andare anche lei, va benissimo, certamente: purche lo faccia con urgenza; perche le volonta, rultima volonta delFono- revole e questa: cioe di comunicare alia fami- glia, perche la famiglia doveva riavere il suo corpo... Va bene? Arrivederci ». Si e voluto riportare integralmente questo dialogo perche da luogo a delle non inutili riflessioni. La prima riguarda la durata: tra lo smarrimento di Tritto, il suo pianto, il pas- saggio del telefono al padre, le esitazioni e le ripetizioni del brigatista, non meno di tre minuti. Certo involontariamente, nella con- fusione e commozione in cui lo gettava la notizia, Tritto si e comportato come chi vuol prendere tempo e darne alia polizia. Poiche il brigatista telefonava dalla stazione Termini, dove c'e un posto di polizia e nelle cui vici- nanze e da presumere si trovino sempre delle autopattuglie collegate per radio alia questu- ra, prenderlo sul finire della telefonata non sarebbe stato impossibile. Questa stessa con- siderazione va ribaltata sul brigatista: sa che il telefono di casa Tritto e sotto controllo, sa 132 www.scribd.com/Cultura in Ita4 che l'attardarsi nella telefonata pud essergli fatale; eppure e paziente, meticoloso, riguar- doso persino. Ripete, si lascia andare a un «mi dispiace »; e insomma diluisce in piu di tre minuti una comunicazione che avrebbe potuto dare in trenta secondi. Si puo spiega- re questo suo comportamento con la sicurez- za - che gli viene da una ormai lunga speri- mentazione - di un muoversi della polizia mai a misura di minuti (e infatti: « la prima pantera biancoblu della polizia arriva ululan- do in via Caetani alle 13,20 »); ma non si po- teva sottovalutare il rischio che questa vol- ta, per l'enormita della notizia e dopo quasi due mesi di affinamento alia caccia, scattas- se un'operazione di eccezionale celerita. Che cosa dunque trattiene il brigatista a quella telefonata, se non V adempimenio di un dovere che nasce dalla militanza ma sconfina ormai nell'umana pieta? La voce e fredda; ma le parole, le pause, le esitazioni tradiscono la pieta. E il rispetto. Per quattro volte chiama Moro « l'onorevole » e per due volte « il presi- dente ». Quel linguaggio tra goliardico e da sezione rionale del Partito Comunista con cui neicomunicati le Brigate parlavano di Moro, e scomparso. « L'onorevole », « il presiden- te». Nel loro manifesto o latente antiparla- mentarismo - non del tutto gratuito, non del tutto ingiustificato - mai credo gli italiani a- vevano pensato che il titolo di « onorevole » venisse da « onore » come nel momento in cui l'hanno sentito dalla voce del brigatista ac- compagnarsi al nome di Moro. 133 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Forse ancora oggi il giovane brigatista crede di credere si possa vivere di odio e contro la pieta: ma quel giorno, in queWadempimento, la pieta e penetrata in lui come il tradimento in una fortezza. E spero che lo devasti. 134 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Chi, non disponendo che dei dati divulgati dai mezzi d'informazione, vuole fare un'ana- lisi delV affaire Moro, non solo deve scernere il poco grano dal tanto loglio, ma deve far tabu- la rasa di quella specie di pregiudizio autode- nigratorio (di solito, cioe, impiegato in senso autodenigratorio) che non riconosce come i- taliano tutto cio che e preciso, puntuale, effi- ciente. Precisione, puntualita ed efficienza so- no dalla generalita degli italiani considera- te qualita a loro estranee o, a voler salvare qualcosa, allogene. Di un istituto che non fun- ziona, di un ospedale in cui si e maltrattati o in cui non c'e posto, di un treno che ritarda, di un aereo che non parte, di una lettera che non arriva, di una festa che non riesce, il suggello e sempre l'esclamazione: « Cose no- stre! ». Eppure, c'e almeno una cosa che fun- ziona: ed e appunto quella che antonomasti- camente e « cosa nostra ». E d'accordo che non c'e da menarne vanto e che per questa « cosa nostra » che funziona si puo anche ele- vare a grido di disperazione l'esclamazione « cose nostre! » su quelle che non funzio- nano; ma tant'e che funziona e che dunque non per natura o maledizione siamo destina- 135 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ti all'imprecisione, all'impuntualita, all'inef- ficienza. Le Brigate rosse funzionano perfettamente: ma (e il ma ci vuole) sono italiane. Sono una cosa nostra, quali che siano gli addentellati che possono avere con sette rivoluzionarie o servizi segreti di altri paesi. E non che si vo- glia qui avanzare il sospetto di un rapporto, se non fortuito e da individuo a individuo, con l'altra « cosa nostra » di piu antica e pro- vata efficienza: ma analogie tra le due cose ce ne sono. Le Brigate rosse avranno studia- to ogni possibile manuale di guerriglia, ma nella loro organizzazione e nelle loro azioni c'e qualcosa che appartiene al manuale non scritto della mafia. Qualcosa di casalingo, pur nella precisione ed efficienza. Qualcosa che e riconoscibile piu come trasposizione di rego- la mafiosa che come esecuzione di regola ri- voluzionaria. Peresempio: l'azzoppamento- che e la trasposizione dello sgarrettamento del bestiame praticato dalla mafia rurale. Per esempio: il sistema per incutere omerta e sollecitare protezione o complicita; sistema in cui ha minima parte la corruzione, una certa parte la minaccia diretta, ma e quasi sempre affidato al far sapere che non c'e delazione o collaborazione di cui loro non siano informa- ti. II sistema, insomma, di ingenerare sfiducia nei pubblici poteri e di rendere l'invisibile presenza del mafioso (o del brigatista) piu pressante e temibile di quella del visibile ca- rabiniere. Per esempio: la micidiale attenzio- ne dedicata al personale di vigilanza delle 136 www.scribd.com/Cultura in Ita4 carceri e che tende a stabilire, dentro le car- ceri, il privilegio del detenuto rivoluzionario cosi come vi si e da tempo stabilito il privilegio del detenuto mafioso (e non si creda che il mafioso se ne sia avvalso soltanto nel senso della comodita: molto prima che dei politici, la concezione del carcere come luogo di pro- selitismo, di aggregazione, di scuola, e stata dei mafiosi). E al di la di queste analogie, fino a un certo punto oggettive, nella coscienza popolare se ne e affermata un'altra: che co- me la mafia si fonda ed e parte di una certa gestione del potere, di un modo di gestire il potere, cosi le Brigate rosse. Da cio quella che pud apparire indifferenza: ed e invece la di- staccata attenzione dello spettatore a una pie- ce che gia conosce, che rivede in replica, che segue senza la tensione del come va a finire ed e soltanto intento a cogliere la diversita di qualche dettaglio nelle scene e nell'umore de- gli attori. Ed e facile sentir dire, e special- mente in Sicilia, che questa delle Brigate ros- se e tutta una storia come quella di Giuliano: e ci si riferisce a tutte quelle acquiescenze e compli- city dei pubblici poteri che i siciliani conosce- vano ancor prima che diventassero risultanze (queste si, risultanze) nel famoso processo di Viterbo. Atteggiamento che si pud anche di- sapproval, non poggiando su dati di fatto; ma che trova giustificazione in quel distico di Trilussa che dice la gente non fidarsi piu della campana poiche conosce quello che la suona. Personalmente, debbo e voglio essere piu 137 www.scribd.com/Cultura in Ita4 cauto. E tenermi a questi due punti: primo, che l'efficienza delle Brigate rosse e italiana, tipicamente analoga ad altra piu conosciuta e diffusa efficienza; secondo, che l'azione delle Brigate rosse non e avulsa dal contesto politi- co italiano e che in esso giuoca in un senso ancora imprecisato, ancora ambiguo: ma, e da presumere, non imprecisato e non ambi- guo per chi le muove. Sarebbe pazzesco da parte nostra collocare le Brigate rosse in una sfera di autonoma e autarchica purezza rivo- luzionaria che si illuda di muovere le masse a far saltare le strutture politiche che le con- tengono; e sarebbe ancor piu pazzesco che loro vi si collocassero. La loro ragion d'esse- re, la loro funzione, il loro « servizio » stanno esclusivamente nello spostare dei rapporti di forza: e delle forze che gia ci sono. E di spo- starli non di molto, bisogna aggiungere. Di spostarli nel senso di quel « cambiar tutto per non cambiar nulla » che il principe di Lampe- dusa assume come costante della storia sici- liana e che si puo oggi assumere come costan- te della storia italiana. Operazione di puro potere, dunque; che si puo soltanto svolgere in quell'area interpartitica in cui, al riparodai venti ideologici, il potere ormai vive. Non si vuole con cio escludere che l'esistenza delle Brigate rosse sia appunto «pazzesca»: ma quando dalla pazzia comincia ad affiorare un metodo, e bene diffidarne: come Polonio di quella di Amleto (ma non ne diffido abba- stanza: e cosi non sia di noi). E il metodo e 138 www.scribd.com/Cultura in Ita4 proprio daWaffaire Moro che comincia ad af- fiorare. Che quella delle Brigate rosse sia una follia non priva di metodo, tutti lo dicevano e lo dicono. Ma e dalla vicenda di Moro, e attra- verso le sue lettere, che si comincia a intrave- derne il disegno. Come Polonio, Moro, pri- gioniero e condannato a morte, ha cercato e poi seguito il filo del metodo in quello che dapprima gli sara parso un labirinto di follia. E gia nella prima lettera a Zaccagnini si ha I impressione che ne abbia scoperto il capo, quando dice: il Partito Comunista « non pud dimenticare che il mio drammatico preleva- mento e avvenuto mentre si andava alia Ca- mera per la consacrazione del Governo che mero tanto adoperato a costruire ». E nella seconda: « II Governo e in piedi e questa e la riconoscenza che mi viene tributata ... Ricor- da in questo momento - dev'essere un moti- vo pungente di riflessione per te — la tua straordinaria insistenza e quella degli amici che avevi a tal fine incaricato — la tua insisten- za per avermi Presidente del Consiglio nazio- nale (del partito), per avermi partecipe e cor- responsabile nella fase nuova che si apriva e che si profilava difficilissima ». Ed e da notare come, al tempo stesso che si considera cosi atrocemente ripagato dal governo che si era tanto adoperato a costruire, da quella opera- zione, da quella « fase nuova », tenda a pren- dere distanza: non artefice, ma « partecipe »; non responsabile, ma « corresponsabile ». II punto di consistenza del dramma, la ragio- 139 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ne per cui a Moro si deve in riconoscimento (in « riconoscenza ») la morte sta appunto in questo: che e stato Tartefice del ritorno, dopo trent'anni, del Partito Comunista nella mag- gioranza di governo. E le Brigate rosse non solo gliene fanno esplicita imputazione nei loro comunicati, ma ne danno con funebre ardimento la solenne e simbolica rappresen- tazione facendo ritrovare il suo corpo tra via delle Botteghe Oscure, dove ha sede il Partito Comunista Italiano, e piazza del Gesu, dove ha sede la Democrazia Cristiana (la forza dei nomi: le botteghe oscure, il Gesu dei gesuiti; e non so se la via Caetani, dove il corpo di Moro e stato portato, ha nome dalla famiglia, cui appartenne Bonifacio VIII, o dall'arabi- sta; e va bene nell'uno o neiraltro caso). Ma se lo scopo delle Brigate rosse - dichiara- to e ribadito - e quello di interrompere il processo di attrazione, il movimento di con- giunzione che si svolge tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana, come mai non si ac- corgono del sortire ad effetto opposto delle loro azioni — e cioe che quel processo riceve dalle loro azioni parvenza di necessita e acce- lerazione? E per loro e contro di loro, intan- to, che il Partito Comunista puo procedere all'invenzione dello Stato (e dico invenzione nel senso per cui si dice invenzione delta Croce: e anche qui, la forza delle parole; e di questa - invenzione — che rimanda a sant'Elena, ma- dre di Costantino). E si puo osservare che una tale invenzione, se ha funzionato a non far riscattare Moro e ad incutere qualche 140 www.scribd.com/Cultura in Ita4 preoccupazione alia sinistra piu a sinistra e qualche disagio agli intellettuali piu « libera- li » e piu isolati, non ha funzionato per nulla a scalfire la forza delle Brigate rosse o a impe- dire qualche loro azione. Ma non si sa mai: potrebbe anche, al momento opportuno, fun- zionare contro di loro. E poi: gia al primo giorno del « prelevamento », la sera del 16 marzo, si e avuto anche visivamente l'effetto - contrario alle dichiarate intenzioni del- le Brigate rosse - che il « prelevamento » produceva e che l'esecuzione della condan- na avrebbe moltiplicato: tante bandiere rosse a stringere di condoglianza e di protezione quelle bianche della Democrazia Cristiana: nelle piazze delle citta italiane. Si puo dunque dedurre, da questo procedere che appare scriteriato, che l'essenza e il desti- no delle Brigate rosse stiano davvero nella sfera — a dirla banalmente — del « pazzesco » o - meno banalmente, piu sottilmente — nella sfera di un estetismo in cui il morire per la rivoluzione e diventato un morire con la rivo- luzione? 141 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Esattamente a un mese da quella che le Bri- gate rosse chiamano « conclusione di una bat- taglia » (e anche chi non ama le battaglie, re- spirera sanamente a rileggersi la descrizio- ne di una battaglia vera: poiche ci si sente come soffocati a sentir chiamare battaglia l'uccisione, con pistola silenziata, di un uomo inerme dentro a un garage o uno scantinato), alia redazione di un settimanale non molto diffuso arrivano, anonimamente, le fotoco- pie di quattro lettere di Moro. II settimanale (« OP » : osservatore politico) le presenta, nel nu- mero del 13 giugno, come inedite: ma non lo era quella diretta a Zaccagnini, gia pubblicata il 30 aprile da alcuni giornali. Su ogni fotoco- pia e stampigliata, da parte della questura di Roma, Tassicurazione di conformita all'ori- ginale. Chi, dentro la questura di Roma, ha voluto che quelle lettere non restassero i- gnote? Ma anche se tra quelle non conosciute una ce n'e di straordinario interesse, pochissimi giornali la riproducono o ne danno notizia. Perche ormai si tende a rimuovere V affaire, a dimenticarlo, o in ragione - appunto - del- l'interesse che la lettera non pud non susci- tare? 142 www.scribd.com/Cultura in Ita4 La lettera e diretta alia moglie e si pud presu- mere l'abbia scritta tra il 27 e il 30 aprile. « Mia carissima Noretta, « anche se il contenuto della tua lettera al "Giorno" non recasse motivi di speranza (ne io pensavo che li avrebbe recati) essa mi ha fatto un bene immenso, dandomi conferma nel mio dolore di un amore che resta fermo in tutti voi e mi accompagna e mi accompa- gnera per il mio Calvario. A tutti dunque il ringraziamento piu vivo, il bacio piu sentito, l'amore piu grande. « Mi dispiace, mia carissima, di essermi tro- vato a darti questa aggiunta d'impegno e di sofferenza ma credo che anche tu, benche sfiduciata, non mi avresti perdonato di non averti chiesto una cosa che e forse un inutile atto di amore, ma e un atto di amore. « Ed ora, pure in questi limiti, dovrei dar- ti qualche indicazione per quanto riguarda il tuo tenero compito. E bene avere l'assistenza discreta di Rana e Guerzoni. Mi pare che siano rimasti taciti i gruppi parlamentari, ed in essi i migliori amici forse intimiditi dal timore di rompere questa unanimita fittizia, come tante volte e accaduto. Quello che e stupefacente e che in pochi minuti il Governo abbia creduto di valutare il significato e le implicazioni di un fatto di tanto rilievo ed abbia elaborato in gran fretta e con superfi- ciality una linea dura che non ha piu scalfito: si trattava in fondo di uno scambio di prigio- 143 www.scribd.com/Cultura in Ita4 nieri come si pratica in tutte le guerre (e questa in fondo lo e), con la esclusione dei prigionieri liberati dal territorio nazionale. Applicare le norme del diritto comune non ha senso. E poi questo rigore proprio in un paese scombinato come Tltalia. La faccia e salva, ma domani gli onesti piangeranno per il crimine compiuto e sopratutto i democri- stiani. Ora mi pare manchi specie la voce dei miei amici. Converrebbe chiamare Cervoni, Rosato, Dell'Andro, e gli altri che Rana cono- sce, e incitarli ad una dissociazione, ad una rottura dell'unita. E Tunica cosa che i nostri capi temono. Del resto non si curano di nien- te. La dissociazione dovrebbe essere pacata e ferma. Cosi essi non si rendono conto di quanti guai verranno dopo e che questo e il meglio, il minor male almeno. Tutto questo andrebbe fatto presto, perche i tempi strin- gono. Degli incontri che riuscirai ad avere, se riuscirai, sara (bene) dare notizia con qualche dichiarazione. Occorre del pubblico oltre che del privato. In questo fatti guidare da Guer- zoni. « Nel risvolto del "Giorno" ho visto con dolo- re ripreso dal solito Zizola un riferimento deH'"Osservatore romano" (Levi). In sostan- za: no al ricatto. Con cio la S. Sede espressa da questo signor Levi, e modificando precedent! posizioni, smentisce tutta la sua tradizione umanitaria e condanna oggi me, domani sa- ranno i bambini a cadere vittime per non consentire il ricatto. E una cosa orribile, inde- gna della S. Sede. L'espulsione dallo Stato e 144 www.scribd.com/Cultura in Ita4 praticata in tanti casi, anche nell'Unione So- vietica, non si vede perche qui dovrebbe esse- re sostituita dalla strage di Stato. Non so se Poletti pud rettificare questa enormita in con- traddizione con altri modi di comportarsi della S. Sede. Con questa tesi si avalla il peg- gior rigore comunista ed a servizio dell'unici- ta del comunismo. E incredibile a quale pun- to sia giunta la confusione delle lingue. Natu- ralmente non posso non sottolineare la cat- tiveria di tutti i democristiani che mi hanno voluto nolente ad una carica che, se necessa- ria al Partito, doveva essermi salvata accet- tando anche lo scambio dei prigionieri. Sono convinto che sarebbe stata la cosa piu saggia. Resta, pure in questo momento supremo, la mia profonda amarezza personale. Non si e trovato nessuno che si dissociasse? Bisogne- rebbe dire a Giovanni che significa attivita politica. Nessuno si e pentito di avermi spinto a questo passo che io chiaramente non vole- vo? E Zaccagnini? Come puo rimanere tran- quillo al suo posto? E Cossiga che non ha saputo immaginare nessuna difesa? II mio sangue ricadra su di loro. Ma non e di questo che voglio parlare; ma di voi che amo ed amero sempre, della gratitudine che vi deb- bo, della gioia indicibile che mi avete dato nella vita, del piccolo che amavo guardare e cerchero di guardare fino all'ultimo. Avessi almeno le vostre mani, le vostre foto, i vostri baci. I democristiani (e Levi delP'Osservato- re") mi tolgono anche questo. Che male puo venire da tutto questo male? 145 www.scribd.com/Cultura in Ita4 « Ti abbraccio, ti stringo carissima Noretta e tu fai lo stesso con tutti e con il medesimo animo. Davvero Anna si e fatta vedere? Che Iddio la benedica. Vi abbraccio Aldo ». La « strage di Stato ». E possibile Moro non ricordi, nello scriverla, quel che questa e- spressione contiene di preciso - e cioe il ri- ferimento al fatto, ai fatti, per cui e stata co- niata e rivolta come accusa (accusa divenu- ta ormai attendibile anche al vaglio dei piu increduli) a certi organismi governativi, al governo, alia Democrazia Cristiana e a lui stesso? Assolutamente impossibile: e anche perche uno dei capi dell'accusa contro di lui formulata dalle Brigate rosse vi fa esplicito richiamo (comunicato numero uno: « Quan- do la sporca trama verra completamente alio scoperto, come un vero "padrino" che si ri- spetti, Moro affossera il tutto e ricompensera con una valanga di "omissis" i suoi autori »); e dunque nella « prigione del popolo » conti- nuamente avra sentito parlare della « strage di Stato » e continuamente se ne sara dichia- rato estraneo (o « meno implicato di tutti »: e solo per gli « omissis »). Non distrattamente, dunque, scrive quell'espressione: ma facen- dola propria, adattandola al suo caso, tra- smettendola come giudizio. E poi: « Con que- sta tesi si avalla il peggior rigore comunista ed a servizio dell'unicita del comunismo. E in- 146 www.scribd.com/Cultura in Ita4 credibile a quale punto sia giunta la confusio- ne delle lingue ». « Ho gia detto che si tratta di un romanzo poliziesco ... A distanza di sette anni, mi e impossibile recuperare i dettagli dell'azione; ma eccone il piano generate, quale l'impove- riscono (quale lo purificano) le lacune della mia memoria. C'e un indecifrabile assassi- nio nelle pagine iniziali, una lenta discussione nelle intermedie, una soluzione nelle ultime. Poi, risolto ormai l'enigma, ce un paragrafo vasto e retrospettivo che contiene questa fra- se: "Tutti credettero che Tincontro dei due giocatori di scacchi fosse stato casuale". Que- sta frase lascia capire che la soluzione e sba- gliata. II lettore, inquieto, rivede i capitoli sospetti e scopre unaltra soluzione, la vera » (J.L. Borges, Ficciones). Racalmuto, 24 agosto 1978 147 www.scribd.com/Cultura in Ita4 www.scribd.com/Cultura in Ita4 CRONOLOGIA DELL'« AFFAIRE » Marzo 1978 16 Aldo Moro, presidente del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, viene « prelevato » - uccisi i cinque uomini che lo scortavano - da una banda che si presume delle Brigate rosse. Un'ora dopo, le confederazioni sindacali pro- clamano lo sciopero generale. Prima di sera, il governo presieduto dall'ono- revole Andreotti su cui fino al giorno prima si manifestavano perplessita e riserve da par- te delle sinistre e di alcuni gruppi della De- mocrazia Cristiana, viene approvato, da una maggioranza che comprende anche i comu- nisti, alia Camera dei deputati e al Senato. In via Licinio Calvo, a un centinaio di metri da via Fani dove il « prelevamento » e avve- nuto, la polizia trova una delle automobili di cui si sono serviti i terroristi. 17 La polizia arresta un giovane impiegato come gravemente indiziato di partecipazione o complicita al sequestra dell'onorevole Mo- ro; ma il magistrato incaricato dell'inchiesta lo rilascia due giorni dopo in quanto estraneo al fatto. (E da notare come grossolano errore 149 www.scribd.com/Cultura in Ita4 di grammatica poliziesca che una persona, sospettata di un reato quale il sequestro di persona, venga subito arrestata invece che accortamente seguita, spiata). In via Licinio Calvo la polizia trova un'altra automobile di cui i terroristi si sono servi- ti: c'era da prima o vi e stata portata dopo? Trattandosi di una zona che era stata minu- tamente setacciata e restava vigilatissima, il rinvenimento dice inefficienza ed ha sapore di beffa. 18 Arriva il primo comunicato delle Briga- te rosse: assumono la responsabilita del se- questro di Moro e dell'uccisione della scorta; dichiarano di voler processare (Tribunale del Popolo) il presidente della Democrazia Cri- stiana. Al comunicato e unita una fotografia di Moro prigioniero nel « carcere del popo- lo ». 19 In via Licinio Calvo, la polizia trova la terza automobile di cui i terroristi si sono serviti per il rapimento. « Sicuramente ieri non c'era » dice la polizia. Ma il fatto che vi sia stata portata dopo, eludendo la vigilanza, i pattugliamenti, e altrettanto grave che il non averla notata per due giorni di seguito. Non e, del resto, il solo infortunio in cui la polizia incorre: dei ricercati di cui diffonde per tele- visione e sui giornali l'immagine, due sono gia da tempo in carcere e uno si trova, non nascosto, a Parigi. Anche Brunilde Pertra- mer, ricercata come brigatista, risultera re- 150 www.scribd.com/Cultura in Ita4 golarmente registrata negli alberghi in cui ha alloggiato. 20 Al processo contro Curcio e altri, che si svolge tempestosamente all'Assise di Torino, i brigatisti in gabbia gridano: « Moro e nelle nostre mani! ». 21 II Consiglio dei ministri approva una legge che accresce i poteri della polizia e ri- duce la liberta dei cittadini. I giornali dibattono sull'opportunita dell'au- tocensura: e con propensione a praticarla. Uomini rappresentativi vengono dai giornali invitati a pronunciarsi pro o contro il prin- cipio delPautocensura. Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, interrogato dal « Gior- nale di Sicilia », risponde: « In linea di princi- pio, informare l'opinione pubblica e un do- vere. Ma in particolari momenti, come quel- lo che stiamo vivendo, forse sarebbe meglio non pubblicare i messaggi dei brigatisti, an- che per favorire le indagini. Quando le noti- zie possono nuocere all'azione degli inqui- renti e quindi alia cattura degli assassini, si deve tacere anche se pud costare. Ripeto pe- ro che, in linea di principio, la liberta di stam- pa deve essere assicurata ». 24 A Torino, attentato delle Brigate rosse contro Giovanni Picco, democristiano, ex sin- daco della citta. 25 Comunicato numero due delle Brigate rosse: vi sono elencati i capi d'imputazione a Moro; ma genericamente. 151 www.scribd.com/Cultura in Ita4 29 Arrigo Levi, direttore del quotidiano to rinese « La Stampa », lancia la proposta che Leone si dimetta da presidente della Repub- blica e che il Parlamento elegga al suo posto Moro. La proposta suscita diffuse perplessita e diffidenze. La sera, arrivano una lettera di Moro al mini- stro degli Interni Francesco Cossiga e il co- municato numero tre delle Brigate rosse. Nel comunicato si afferma che Tinterrogatorio « prosegue con la completa collaborazione del prigioniero ». 31 « L'Osservatore romano » offre la dispo- nibilita della Santa Sede a operare per la soluzione del « dolorosissimo caso ». Aprile 1° Pare che Nicola Rana, segretario di Mo- ro, abbia ricevuto una lettera del prigioniero. L'indomani, si dice ne abbia avuta una anche la famiglia. 3 La polizia effettua perquisizioni e arre- sti neirambito dell'ultra sinistra. Ma entro le quarantotto ore, il magistrato rilascia quasi tutti gli arrestati: la polizia aveva operato sul- la base di elenchi compilati nel 1968. Molti dei ribelli di allora erano ormai nei partiti del cosidetto arco costituzionale, e specialmente nel Partito Comunista. 4 Arrivano una lettera di Moro a Zaccagni- ni, il comunicato numero quattro delle Bri- gate rosse e l'opuscolo, datato febbraio 1978, 152 www.scribd.com/Cultura in Ita4 della Risoluzione della direzione strategica. Nel comunicato si dice che « la manovra messa in atto dalla stampa di regime », di attribuire a dettatura delle Brigate quanto Moro ha scrit- to a Cossiga, « e stata subdola quanto malde- stra » e che lo scritto esprime un punto di vista che le Brigate non condividono. 6 « II Giorno » pubblica una lettera di Eleo- nora Moro al direttore, scritta nella speran- za che i brigatisti la facciano leggere al ma- rito. 7 A Genova, attentato delle Brigate rosse contro Felice Schiavetti, presidente dell'Asso- ciazione Industrials il solito azzoppamento. 10 I giornali diffondono la notizia, del tutto infondata, che le Brigate chiedono, a riscatto di Moro, le dimissioni di Leone e sessanta miliardi di lire. Nel pomeriggio, le Brigate rosse diffondono 11 comunicato numero cinque e uno scritto autografo di Moro contro Taviani. 11 A Torino, tre brigatisti sparano contro la guardia carceraria Lorenzo Cotugno. Pri- ma di morire, Cotugno ferisce il brigatista Cristoforo Piancone, che viene dai compagni lasciato sulla soglia di un ospedale. Piancone si dichiara prigioniero politico e non rispon- de alle domande della polizia e del giudice; ma qualche giorno dopo, sui quotidiani « II Tempo » e « II Giornale », apparira l'intervi- sta che un giornalista e riuscito ad avere da lui. 153 www.scribd.com/Cultura in Ita4 12 Si dice che Cossiga, Rana e la famiglia abbiano avuto altre lettere di Moro. 15 Comunicato numero sei delle Brigate rosse: « Aldo Moro e colpevole e viene per- tanto condannato a morte ». I giornali pubblicano la notizia di « undid attentati a Venezia in diciassette ore » : il gior- no precedente; e, cautamente, che un elenco di duecento possibili brigatisti « sarebbe stato consegnato al ministero degli Interni da un alto esponente del Partito Comunista ». 1 7 Appelli alle Brigate rosse dell'« Osserva- tore romano » e di Amnesty International. 18 II « falso » comunicato numero sette del- le Brigate rosse. La polizia scopre in via Gradoli un « covo » delle Brigate. Per caso, si dice dapprima; ma poi si apprende che la segnalazione l'aveva ricevuta da un pezzo: solo che era andata a Gradoli, in provincia di Viterbo, invece che nella via Gradoli, che si trova nella zona ro- mana in cui Moro e stato rapito. 19 « Lotta continua », giornale dell'ultra si- nistra, pubblica un appello per la salvezza di Moro firmato da vescovi, parlamentari, intel- lettuali cattolici e laici. 20 Le Brigate rosse, a Milano, uccidono il maresciallo delle guardie carcerarie France- sco De Cataldo. Le Brigate diffondono il « vero » comunica- to numero sette: Moro e vivo, sono disposti 154 www.scribd.com/Cultura in Ita4 a restituirlo in cambio di « prigionieri co- munisti». E un ultimatum. Scadenza: le ore quindici del giorno 22. Una fotografia di Mo- re), con in mano « La Repubblica » del giorno precedente, viene mandata a questo gior- nale. 21 Altra lettera di Moro a Zaccagnini: ma non tutti i giornali la pubblicano. 22 All'Universita di Padova, attentato con- tro il professor Ezio Riondato: quattro colpi alle gambe, da parte del Nucleo Combattenti per il Comunismo. Paolo VI scrive agli « uomini delle Brigate rosse » . 24 Comunicato numero otto delle Brigate rosse: ci sono i tredici nomi dei « prigionieri comunisti » che vogliono liberi in cambio di Moro. II governo di Panama si dice disposto a rice- vere i terroristi, nel caso il governo italiano si decidesse ad accettare lo scambio. Una nuova lettera di Moro a Zaccagnini per- viene al giornale « Vita ». 25 Kurt Waldheim, segretario generale deirONU, rivolge dalla televisione italiana, e parlando in italiano, un appello alle Brigate rosse. Suscita malumore negli ambienti po- litici italiani: ha attribuito ai terroristi u- na « causa », e quindi un ideale. Ma pare che Waldheim volesse dire « propositi » : un pic- colo errore di traduzione. Dalla sede della Democrazia Cristiana, viene 155 www.scribd.com/Cultura in Ita4 distribuita ai giornalisti la dichiarazione degli « amici di Moro »: « Non e Tuomo che cono- sciamo » . 26 Dieci colpi di pistola contro il democri- stiano Girolamo Mechelli, ex presidente del- la Regione Lazio. Alle gambe. « II Giorno » pubblica una lettera a Moro dei figii. 27 A Torino, colpi alle gambe a Sergio Pal- mieri, capufficio di « analisi del lavoro » a Mirafiori: e relativo comunicato delle Briga- te. Craxi propone che lo Stato mostri di cede- re al ricatto delle Brigate rosse con atti di clemenza verso i prigionieri politici. 28 Andreotti in televisione: « Quale sareb- be la reazione dei carabinieri, dei poliziotti, degli agenti di custodia se il governo, alle loro spalle e violando la legge, trattasse con chi ha fatto scempio della legge stessa? E cosa direb- bero le vedove, gli orfani, le madri di coloro che sono caduti neH'adempimento del pro- prio dovere? ». Evidentemente, nulla c'e da fare per Moro: come Cortes, toccando di ma- dri, vedove e orfani, Andreotti ha bruciato i vascelli di una trattativa con le Brigate rosse che Craxi continua a dire possibile. 29 Si parla di altre lettere di Moro alia fa- miglia; e di una arrivata per posta in risposta a quella dei familiari pubblicata dal « Gior- no ». La sera ne arriva una al giornale « II Messag- 156 www.scribd.com/Cultura in Ita4 gero», indirizzata alia Democrazia Cristia- na. Sara pubblicata Tindomani. Di quelle che conosciamo, e l'ultima diretta airintero par- tito. 30 Si ha notizia che Moro ha inviato lettere a Leone, Andreotti, Ingrao, Fanfani, Misasi, Piccoli e Craxi. Ma soltanto quelle a Craxi e a Leone saranno pubblicate, rispettivamente il 3 e il 4 maggio. Maggio 1° Appello della famiglia Moro ai dirigen- ti della Democrazia Cristiana: che il partito « assuma con coraggio le proprie responsabi- lita ». 3 Andreotti ribadisce il no del governo a una trattativa con le Brigate rosse. 4 Due azzoppamenti: a Milano, Umberto Degli Innocenti, della Sit-Siemens; a Genova, Alfredo Lamberti, dello stabilimento Italsi- der di Cornigliano. 5 Comunicato numero nove delle Brigate rosse: « Concludiamo ... la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro e stato condannato ». Si scatena l'inter- pretazione del gerundio. 6 A Novara, azzoppamento del medico del- le carceri Giorgio Rossanigo: ma dai Prole ta- ri Armati per il Comunismo. 8 Altro medico - fiscale dell'IN AM - azzop- 157 www.scribd.com/Cultura in Ita4 pato a Milano, Diego Fava: anche lui dai Pro- letari Armati per il Comunismo. 9 Nel bagagliaio di una Renault 4 — rossa secondo il brigatista che ne ha dato comuni- cazione, amaranto secondo i giornali — viene trovato il corpo di Aldo Moro. La famiglia diffonde questo comunicato: « La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorita di Stato e di partito la precisa volonta di Aldo Moro. Cio vuol dire: nessuna manifestazione pubblica o cerimo- nia o discorso; nessun lutto nazionale, ne funerali di Stato o medaglia alia memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silen- zio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudichera la storia ». 10 A Torrita Tiberina, i funerali in forma privata. Moro viene seppellito in quel cimi- tero. 13 Rito funebre nella basilica di San Gio- vanni in Laterano. Presiede Paolo VI, celebra 11 cardinal Poletti (quello in cui Moro sperava, ma non molto, per una rettifica della « enor- mita »). Tutti gli uomini del potere sono pre- senti. Mancano la moglie e i figli di Aldo Moro. II papa dice: « Tu, o Signore, non hai esaudito la nostra supplica ». 158 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Commissione Parlamentare d'inchiesta su la strage di via Fani, il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro, la strategia e gli obiettivi perseguiti dai terroristi RELAZIONE DI MINORANZA PRESENTATA DAL DEPUTATO LEONARDO SCIASCIA www.scribd.com/Cultura in Ita4 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Numerosa di quaranta membri piu il presi- dente, nel succedersi di tre presidenti, l'ulti- mo dei quali - il senatore Valiante - nomina- te) quando gia le acquisizioni erano ingenti, e necessitato dunque a informarsene, la Com- missione Parlamentare d'inchiesta sulla stra- ge di via Fani, il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e la strategia e gli obiettivi perse- guiti dai terroristi, si e mossa in questa prima parte dei suoi lavori, sopratutto devoluti al caso Moro, con inevitabili ritardi, lentezze e dispersioni. II fatto che la presenza dei com- ponenti si riducesse di media tra la meta e i due terzi, le e stato di minima agevolazione sulle audizioni, sempre troppo lunghe e in parte ripetitive. A cio va aggiunta la latente e a volte esplicita conflittualita, tra i membri della Commissione, che riproduceva quella manifestatasi tra i partiti del cosidetto arco costituzionale - e specialmente tra il comuni- sta e il democristiano da un lato, il socialista dall'altro - nei giorni del sequestro Moro ed oltre, fino al sequestro e al rilascio del magi- strato D'Urso: e cioe sulla posizione detta « umanitaria » dei socialisti, che affermava la necessita di trattare coi terroristi, pur tenen- do presenti i limiti del possibile cedimento, e 161 www.scribd.com/Cultura in Ita4 quella detta « della fermezza », sostenuta da comunisti, democristiani e altri, di assoluta e inscalfibile intransigenza. Tali posizioni si ri- petevano nella Commissione col perseguire da una parte la dimostrazione che un minimo cedimento, conseguente alle trattative con le Brigate rosse, avrebbe potuto salvare la vita di Aldo Moro (cosi come poi la chiusura del carcere dell'Asinara e l'intervento di parla- mentari presso i brigatisti carcerati si ritenne — ma non da tutti, e non da noi — avesse salvata quella del magistrato D'Urso); e dal- l'altra che la disponibilita a trattare del Parti- to Socialista, nonche incrinare la cosidetta « solidarieta nazionale » fondata sulla fer- mezza, non solo non poteva portare alia sal- vezza di Moro, ma si configurava - nella ri- cerca di un contatto particolare e riservato con le Brigate rosse, negli incontri tra espo- nenti socialisti ed esponenti dell'Autonomia romana che si credeva potessero fare da tra- mite (e si e visto poi che potevano) - come un vero e proprio reato, visto che i magistrati inquirenti non ne erano stati informati. Que- sta conflittualita, che ad evidenza corre nei verbali della Commissione, anche se mai e- spressa nei termini netti in cui noi la riassu- miamo, e stata nei lavoro della Commissione - a parer nostro - una grave remora, una incommensurabile perdita di tempo. Da cio, per esempio, le inutili udienze dedicate al caso Rossellini-Radio « Citta futura »: se Ros- sellini aveva o no dato notizia dell'avveni- mento di via Fani almeno mezz'ora prima che 162 www.scribd.com/Cultura in Ita4 si verificasse (e se si fosse riusciti a provarla, ne sarebbe venuta la conseguenza che Ros- sellini era « dentro », e dunque i suoi contatti coi socialisti diventavano automaticamente gravi: beninteso per i socialisti). Ma Rossellini non poteva aver dato quella notizia: poiche - se ne ha Timpressione - aveva ben studiato gli scopi e i comportamenti delle Brigate rosse, poteva avere, se mai, azzardato una ipotesi. Comunque, la domanda se Moro si poteva o no salvare attraverso trattative, finisce con l'apparire gratuita e irrilevante, dopo tante ore di audizioni e migliaia di pagine di verba- li. Gratuita e irrilevante, diciamo, ai fini di una Commissione Parlamentare d'inchiesta; mentre la si puo considerare non gratuita e non irrilevante in una inchiesta tra le Brigate rosse, dentro le Brigate rosse e da loro con- dotta: poiche a loro era possibile la scelta di rilasciare Moro invece che di assassinarlo; e dalla scelta di assassinarlo ha avuto principio, nel dissenso tra loro insorto, la crisi che va portandole alia disgregazione, all'annienta- mento. La domanda prima ed essenziale cui la Commissione ha il dovere di rispondere, a noi appare invece questa: perche Moro non e stato salvato, nei cinquantacinque giorni delta sua prigionia, da quelle forze che lo Stato prepone alia salvaguardia, allasicurezza, aWincolumitadeisin- goli cittadini, delta collettivita, delle istituzioni? Ovviamente, ne si poteva evitare, altro tempo si e perso nell'inseguire una risposta alia do- manda posta dal punto a), articolo I, della legge che istituiva la Commissione (« se vi 163 www.scribd.com/Cultura in Ita4 siano state informazioni, comunque collega- bili alia strage di via Fani, concernenti pos- sibili azioni terroristiche nel periodo prece- dente il sequestro di Aldo Moro, e come tali informazioni siano state controllate ed even- tualmente utilizzate »). Intorno a tale do- manda si sono accagliate insondabili mitoma- nie, scarti della memoria, incontrollabili giri di tempo (e ne fa parte anche il caso Rosselli- ni-Radio « Citta futura »). Ne meno inutile e stato il lavoro della Commissione per rispon- dere al punto b) della legge: « se Aldo Moro abbia ricevuto, nei mesi precedenti il rapi- mento, minacce o avvertimenti diretti a fargli abbandonare l'attivita politica »; poiche e da credere che ogni uomo politico di preminen- te ruolo ne riceva, anonimamente e non, co- me consiglio o come minaccia; e specialmen- te ne avra ricevuto - ne ha ricevuto - Aldo Moro, i cui intendimenti non sempre deci- frabili potevano facilmente dar luogo a frain- tendimenti. Ma anche Tavvertimento (o mi- naccia) che ebbe mentre presumibilmente si trovava in un paese « amico », e da parte di una personality in quel paese autorevole, non crediamo sia possibile collegarlo alia sua e- liminazione: e per il fatto stesso che c'e stato. Cose del genere - lo si sa persino proverbial- mente — si fanno senza dirle; il non dirle e anzi la condizione necessaria per farle. Era invece rigorosamente prevedibile — a rigore del loro cercare e colpire i gangli e le perso- nality dello « Stato delle multinazionali », del sistema democratico e capitalistico — che le 164 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Brigate rosse puntassero alia cattura e all'eli- minazione di un uomo come Moro, al vertice della Democrazia Cristiana e sul punto — si credeva — di allargarle intorno il consenso e comunque di renderla piu duttile, piu pren- sile, piu durevolmente sicura (e pero nella misura in cui piu duttili si, ma meno prensili e meno sicure diventavano le forze d'opposi- zione). Ma che secondo i loro schemi, piutto- sto rigidi ed elementari, le Brigate rosse fa- cessero una diagnosi della situazione che por- tasse alia cattura e/o aireliminazione di Al- do Moro, si era ben lontani, negli organi che ne avevano il dovere, dal prevederlo; e figu- riamoci dal prevenirlo. Sicche alia doman- da che pone il punto c) della legge (« le even- tuali carenze di adeguate misure di preven- zione e tutela della persona di Aldo Moro »), si puo nettamente rispondere che non solo le carenze ci furono, ma che ai tentativi della Commissione per accertarle sono state oppo- ste denegazioni cosi assolute da apparire in- credibili. A renderle incredibili e la persona- lity del maresciallo Leonardi, capo della scor- ta di Moro, per come concordemente, da di- versi punti di vista, ci e stata descritta. Giu- dicando la scorta di Moro dentro Tuniversita, l'ex brigatista Savasta dice: « Io ho notato tre uomini, fra cui uno anziano ... Erano tre mol- to visibili, tra cui questo anziano, che era il piu bravo di tutti perche si muoveva nella folia ... Si, era il maresciallo Leonardi, che si muoveva meglio di tutti, perche la ressa era molto grossa per partecipare alle lezioni di 165 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Aldo Moro. Nonostante questo riusciva a te- nere sotto controllo la situazione. Mi colpi questo aspetto specifico anche per capire che tipo di scorta c'era, cioe se era una scorta pro forma o una scorta reale ... L'atteggiamento del maresciallo Leonardi era quello di una scorta reale, molto preparata: era quel tipo di scorta che non eravamo abituati a vedere. C'e un modo che si capisce subito: prima il fat- to che erano sempre pronti a prendere la pi- stola; secondo, poi, come si muovevano tra la gente. Cioe era un modo diverso. Se la scorta e pro forma, non si sta molto a guardare; quando e reale, si capisce subito, cioe come si guarda la gente, come si vedono gli sposta- menti delle altre persone. Sembrava una scor- ta reale... ». Nel loro lavoro di osservazio- ne, i brigatisti erano dunque arrivati al giudi- zio che tutte le scorte fossero pro forma; e percio la meraviglia di scoprire invece reale - anche se in un determinato luogo — quella di Aldo Moro. Ma il merito era tutto di quell'an- ziano « molto bravo », che « riusciva a tenere sotto controllo tutta la situazione ». Questo giudizio, di innegabile competenza, concor- da con quello del generale Ferrara: « Leo- nardi era un sottufficiale eccellente sotto o- gni riguardo: austero, serio, distintissimo, fisicamente prestante, costantemente sicuro di se; era un ragazzo coraggioso e sempre pronto, tiratore scelto, cintura nera... ». Que- sti giudizi ci portano a considerare veridiche tutte le testimonianze sulle preoccupazioni del maresciallo Leonardi in ordine alia sicu- 166 www.scribd.com/Cultura in Ita4 rezza dell'onorevole Moro (e alia propria); e specialmente quella della moglie. Leonardi aveva chiesto altri uomini, al ministero del- rinterno: forse in piu, forse in sostituzione di quelli che gia aveva e che non gli pareva fossero « ben preparati per il servizio che dovevano svolgere ». Questa richiesta, che la signora Leonardi colloca tra la fine del '77 e il principio del '78, non ha lasciato traccia ne nei documenti ne nella memoria di chi avreb- be dovuto riceverla. E pure non puo non esserci stata: proprio in quel periodo le abitu- dini e i comportamenti di Moro e della sua scorta venivano — sappiamo — studiati dalle Brigate rosse; e cid non sfuggiva all'attenzio- ne di Leonardi. La sua preoccupazione cre- sceva a misura che, per certi segni, vedeva il pericolo avvicinarsi. Si era anche accorto che lo seguivano, ne aveva parlato alia moglie e ad altri aveva precisato che lo seguiva una 1 28 bianca. Negli ultimi tempi era cosi preoc- cupato, teso, dimagrito, si sentiva talmente insicuro da far dire alia moglie che « non era piu lo stesso». E quasi tutti i pomeriggi, quand'era libero, andava, dice la moglie, « a conferire col generale Ferrara, sempre per motivi di servizio ». Ma il generale Ferrara decisamente nega, avvalorando la sua nega- zione col preciso ricordo di un solo incontro con Leonardi: il 26 gennaio 1978, e per moti- vi non di servizio. Con chi dunque parlava Leonardi, a chi faceva i suoi rapporti? Che li facesse, la signora se ne dice « sicura al cento per cento ». Ma il generale Ferrara, pur am- 167 www.scribd.com/Cultura in Ita4 mettendo che Leonardi « aveva contatti con tutta la scala gerarchica », afferma: « il mare- sciallo Leonardi non ha mai mandato rap- porti a chicchessia ... abbiamo svolto un'in- chiesta per controllare presso tutti i comandi gerarchici della capitale se Leonardi avesse fatto cenno anche verbale: non risulto nien- te ... nessuna richiesta, ne di personale ne di rinforzi di uomini e di mezzi, era mai stata inoltrata ». II che, ribadiamo, non e credibile: Leonardi pud non aver parlato col generale Ferrara, ma con qualcuno dei « comandi ge- rarchici della capitale » ha parlato di certo. Che ne sia scomparsa ogni traccia e che lo si neghi e un fatto straordinariamente inquie- tante. Uguale immagine di preoccupazione, di ner- vosismo, di paura da del marito la vedova dell'appuntato Ricci. Non parlava molto del servizio, in casa: ma poiche faceva da autista, diceva dei guai che la 130 che gli avevano affidata dava (« si rompeva continuamente ») e sospirava l'arrivo della 130 blindata. Alia fine del '77, disse alia moglie che finalmente arrivava: il che vuol dire che era stata richie- sta e promessa. Ma non arrivo. Da cio, forse, verso il mese di febbraio, un piu accentuato nervosismo (« appariva nervoso e si compor- tava in maniera strana »): che corrisponden- do al comportamento del maresciallo Leo- nardi, vuol dire che condividevano la stessa preoccupazione, scorgevano gli stessi segni. Ma cosi come per i rapporti di Leonardi, nessuno sa nulla della richiesta di una mac- 168 www.scribd.com/Cultura in Ita4 china blindata; e stato anzi detto alia Com- missione che se fosse stata richiesta sarebbe stata data senza difficolta. Ma com'e che, non richiesta, la si aspettava e, ad un certo punto, non la si aspetto piu? «Reale», dunque, dentro l'universita, la scorta di Moro diventava « pro forma » fuori, nella deficienza e insicurezza dei mezzi: il che certamente non sfuggi alia osservazione delle Brigate rosse. II dire, oggi, che una macchina blindata e meglio funzionante per Moro; al- tra coi freni a posto per la scorta che lo segui- va; armi di sicura efficienza e addestramen- to a prontamente usarle, non sarebbero stati elementi di dissuasione o di non riuscita al piano delle Brigate rosse, e altrettanto insen- sato che affermare lo sarebbero stati. In azio- ni come quella attuata per il sequestro di Moro, basta che una piccola cosa funzioni o non funzioni per deciderne la riuscita o il fallimento. E comunque, quel che non fun- ziona suppone delle responsabilita, che van- no accertate e individuate. Ma nella ricerca delle responsabilita — che sono sempre indivi- duali anche se estensibili e concatenate — la Commissione si e sempre fermata un po' pri- ma, al limite di scoprirle, di accertarle: per ragioni formali, per difficolta interne ed e- sterne. II punto d) della legge che istituisce la Com- missione d'inchiesta, richiede si faccia luce su « le eventuali disfunzioni od omissioni e le conseguenti responsabilita verificatesi nella 169 www.scribd.com/Cultura in Ita4 direzione e nell'espletamento delle indagini, sia per la ricerca e la liberazione di Aldo Moro, sia successivamente all'assassinio dello stesso, e nel coordinamento di tutti gli organi e apparati che le hanno condotte»; ma il materiale raccolto dalla Commissione a tal proposito e cosi vasto che conviene estrarne i fatti essenziali o emblematici, conferendo importanza ad alcuni che sembrano non a- verne e rovesciando il significato e il valore di certi altri cui si e voluto invece dare impor- tanza. Per esempio: sembrano importanti, e se ne parla come di uno « sforzo imponente » da riconoscere e da elogiare, le operazioni condotte dalle forze dell'ordine nel giro dei cinquantacinque giorni che vanno dal seque- stro alFassassinio di Moro. Si tratta davvero di uno sforzo imponente, e ne trascriviamo il compendio: 72.460 posti di blocco, di cui 6.296 nella cinta urbana di Roma; 37.702 perquisizioni domiciliari, di cui 6.933 a Ro- ma; 6.413.713 persone controllate, di cui 167.409 a Roma; 3.383.123 automezzi con- trollati, di cui 96.572 a Roma; 150 persone arrestate; 400 fermate. In queste operazio- ni erano impegnati quotidianamente 13.000 uomini, 4.300 nella citta di Roma. Sforzo imponente, ma per nulla da elogiare. Preva- lentemente condotte « a tappeto » (e pero, come si vedra, con inconsulte eccezioni), le operazioni condotte in quei giorni erano o inutili o sbagliate. Si ebbe allora Timpressione — e se ne trova ora conferma — che si voles- se impressionare l'opinione pubblica con la 170 www.scribd.com/Cultura in Ita4 quantita e la vistosita delle operazioni, non- curanti affatto della qualita. E si tratto pro- priamente di una scelta subito fatta, di un criterio (paradossalmente consistente nella mancanza di un criterio effettuale) subito as- sunto: e ci riferiamo a quell'ordine, diramato alle questure dalla direzione deirUcigos di attuare, subito dopo il sequestro di Moro, il « piano zero ». II « piano zero » esisteva sol- tanto per la provincia di Sassari; ma il diri- gente dell'Ucigos, che era stato questore a Sassari, credeva esistesse per tutte le provin- cie italiane. Ne nacque un convulso telefo- narsi di questori tra loro, prima che si arri- vasse a capire che il piano non esisteva. Ma il punto non e quello dell'errore e del comico che ne derivo; il punto e come mai si penso che l'attuazione di un « piano zero » in tutte le provincie italiane potesse avere un qualche effetto. Che senso aveva istituire posti di blocco, controllare mezzi e persone, la matti- na del 16 marzo, a Trapani o ad Aosta? Nes- suno: se non quello di offrire lo spettacolo dello « sforzo imponente ». Si parti dunque - per volonta o per istinto - verso effetti spetta- colari e forse confidando nel calcolo delle probability (che non funziono). Ed e com- prensibile che per conseguire tali effetti si sia trascurato l'impiego di forze meno imponen- ti ma piu sagaci per dare un corso meno vi- stoso ma piu producente alle indagini: a tal punto che la Commissione si e sentita rispon- dere dall'allora questore di Roma che manca- va di uomini per un lavoro di pedinamento 171 www.scribd.com/Cultura in Ita4 che non ne avrebbe richiesto piu di una doz- zina; mentre solo a Roma 4.300 agenti spet- tacolarmente ma vanamente annaspavano. Ma torneremo su questo punto. Aggiungia- mo, intanto, che la nostra opinione sulla va- cuita delle operazioni di polizia e condivisa e trova autorevole conferma in questa dichia- razione del dottor Pascalino, allora procura- tore generale a Roma: « in quei giorni si fece- ro operazioni di parata, piu che ricerche». Ed e incontrovertibile che chi voile, chi assen- ti, chi nulla fece per meglio indirizzare il corso delle cose, va considerato - nel grado di responsabilita che gli competeva — piena- mente responsabile. Curiosamente, a queste operazioni di para- ta, corrisponde un contraddittorio segno di preparazione e di efficienza, da parte della polizia, che non e stato giustamente valutato: e riguarda la segnalazione dei ricercati in quanto presunti brigatisti; segnalazione che, attraverso la diffusione di fotografie sulla stampa e per televisione, fu fatta appena qualche giorno dopo l'eccidio di via Fani. Si segnalarono ventidue individui: ma subito si scopri che due di loro erano gia in carcere, uno notoriamente residente in Francia, un altro regolarmente registrato nell'albergo in cui alloggiava. Questi errori — che crediamo trovino giustificazione nella endemica inco- municabilita, nel nostro paese, delle istituzio- ni tra loro - impedirono all'opinione pubbli- ca di vedere quel che invece c'era di positivo nella segnalazione: e cioe che su diciotto indi- 172 www.scribd.com/Cultura in Ita4 vidui la polizia non si era sbagliata. Giusta- mente un funzionario di polizia (il dottor Improta) ha rivendicato, davanti alia Com- missione, la preparazione e la prontezza di- mostrata dalla questura di Roma in questo fatto, che invece l'opinione pubblica valuto al contrario e arrivando quasi al dileggio. Lo Stato non era impreparato, se dopo tre giorni la questura di Roma era in grado di indicare — precorrendo acquisizioni piu certe, provate e confessate — diciotto brigatisti, alcuni dei quali facenti parte del gruppo di via Fani, e se conosceva benissimo gli elementi piu attivi dell'area extraparlamentare (e persino nelle loro differenziazioni ideologiche e strategi- che, di prassi, di temperamento). II concorde coro di funzionari e uomini politici, suH'im- preparazione dello Stato a fronteggiare Tat- tacco terroristico, e dunque da accettare con beneficio d'inventario. II fatto che le prece- dent « risoluzioni » delle Brigate rosse e gli scritti dei loro teorici e fiancheggiatori non fossero stati convenientemente studiati, dalla polizia e dai servizi di sicurezza, non pone come conseguenza necessaria l'incertezza, la confusione, i disguidi, le omissioni, le vuote operazioni che si sono verificate durante i cinquantacinque giorni del sequestro Moro. Bastava una normale, ordinaria professiona- ls investigativa. Anche senza lo studio dei testi (che peraltro sarebbe stato piu utile alia prevenzione che di fronte al fatto compiuto), si aveva il vantaggio di conoscere approssi- mativamente la natura e il fine di un'associa- 173 www.scribd.com/Cultura in Ita4 zione per delinquere denominata Brigate rosse; si era gia arrivati a individuare un con- gruo numero di affiliati; si aveva sufficien- te informazione sul tessuto protettivo di cui l'associazione poteva godere. Se l'operazione di via Fani fosse stata fatta a solo fine di lucro e da un'associazione per delinquere mai ma- nifestatasi, oscura, improvvisata, lo svantag- gio sarebbe stato indubbiamente piu forte. Ma appunto dei vantaggi non si e saputo fare alcun uso. Ma andiamo per ordine, attenendoci stretta- mente ai fatti in cui disfunzioni e omissioni (e « conseguenti responsabilita » sempre) piu vistosamente appaiono. Nel pomeriggio del- 10 stesso giorno 16 in cui era avvenuto l'ecci- dio della scorta e il rapimento di Aldo Moro, la Fiat 132 in cui Moro era stato trasportato viene ritrovata in via Licinio Calvo: cio vuol dire che nella zona stessa in cui era accaduto 11 fatto, poche ore dopo, goliardicamente i brigatisti potevano avventurarsi indenni a bordo di una segnalatissima automobile. La beffarda restituzione, segno di un sicuro muoversi dei brigatisti nel quartiere, avrebbe dovuto far nascere il sospetto che vi abitasse- ro, e quindi incrementare ed acuire la vigi- lanza. Ma cosi non fu, e altre due macchine che erano servite per l'operazione venivano trovate, nella stessa via, il 17 e il 19. Rischio che sarebbe da considerare corso abbastanza scioccamente dai brigatisti: ma evidentemen- te sapevano quel che facevano e che senza danno ne sarebbero usciti. Si procedeva in- 174 www.scribd.com/Cultura in Ita4 tanto - 17 marzo - al fermo di polizia giudi- ziaria per Franco Moreno, su cui sembrava gravassero indizi proband di una partecipa- zione alFimpresa: provvedimento non del tutto comprensibile anche nel caso ci si fosse trovati a indagare soltanto suH'eccidio, ma del tutto incomprensibile trattandosi anche di un sequestro di persona. Poiche il Moreno era in quel momento, a giudizio degli investi- gatori, il solo elemento visibile dell'associazio- ne, il suo fermo non solo veniva a recidere un possibile tramite per raggiungere gli altri e il luogo in cui Aldo Moro era detenuto, ma poteva anche essere fatale per la vita del se- questrato. Ma forse anche in questo caso il criterio della parata prevalse su quello della professionals, della ponderata investigazio- ne. Ma gli indizi che sembravano (e, a rileg- gerne l'elenco, sembrano) gravi, si dissolsero non sappiamo come nell'esame del magistra- to; e tre giorni dopo il Moreno veniva rila- sciato. Intanto il giorno 18 — il terzo dei cinquanta- cinque - la polizia, nelle sue operazioni di perquisizione a tappeto, arrivava all'apparta- mento di via Gradoli affittato a un sedicente ingegnere Borghi, piu tardi identificato co- me Mario Moretti. Vi arrivo: ma si fermo davanti alia porta chiusa. E qui bisogna osser- vare che per quanto si voglia le operazioni fossero di parata, tant'e che si facevano; e in ordine all'istinto e al raziocinio professionale una porta chiusa, una porta cui nessuno ri- spondeva, doveva apparire tanto piu interes- 175 www.scribd.com/Cultura in Ita4 sante di una porta che al bussare si apriva. E tanto piu che il dottore Infelisi, il magistrato che conduceva l'indagine, aveva ordinato che degli appartamenti chiusi o si sfondassero le porte o si attendesse l'arrivo degli inquilini. Ordine eseguito in innumerevoli casi, e con gran disagio di cittadini innocenti; ma pro- prio in quell'unico caso (unico per quanto sappiamo), che poteva sortire a un effetto di incalcolabile portata, non eseguito. Pare che l'assicurazione dei vicini che Tappartamento fosse abitato da persone tranquille, sia basta- ta al funzionario di polizia per rinunciare a visitarlo: mentre appunto tale assicurazio- ne avrebbe dovuto insospettirlo. E pensabi- le che le Brigate rosse non si comportassero tranquillamente, e anzi piu tranquillamente di altri, abitando piccoli appartamenti di po- polosi quartieri? Esattamente un mese dopo - il 18 aprile - Tappartamento di via Gradoli di cui la polizia aveva preso atto come abitato da persone tranquille, fortuitamente si rivelava covo del- le Brigate rosse. Ma il nome Gradoli era gia corso nelle indagini, e vanamente, grazie a una seduta spiritica tenutasi nella campagna di Bologna il 2 aprile. E non meravigli che negli atti di una commissione parlamentare d'inchiesta si parli, come in una commedia dialettale, di una seduta spiritica: ma dodici persone, come si suol dire, degne di fede, e per di piu appartenenti al ceto dotto della dotta Bologna, sono state sentite una per una dalla Commissione e tutte hanno testimonia- 176 www.scribd.com/Cultura in Ita4 to della seduta spiritica da loro tenuta e da cui e venuto fuori il nome Gradoli. Non una di loro si e dichiarata esperta o credente riguar- do a fenomeni del genere; tutte hanno parla- to di un'atmosfera « ludica » che attorno al « piattino » e agli altri elementi necessari al- l'evocazione, si era stabilita in un pomeriggio uggioso: di gioco, dunque, di passatempo. E non solo tutti sembravano, nel riferire al- ia Commissione, credere alia semovenza del « piattino »; ma di fatto ci credettero, se l'in- domani ne riferirono alia Digos di Bologna e, successivamente, al dottor Cavina, capo del- l'ufficio stampa dell'onorevole Zaccagnini. Tra i farfugliamenti del « piattino », un no- me era venuto fuori nettamente: Gradoli. Poiche c'e in provincia di Viterbo un paese di questo nome, la polizia vi si reco in forze, presumibilmente facendovi le solite perqui- sizioni a tappeto; e senz'alcun risultato, si capisce. II suggerimento della signora Moro, di cercare a Roma una via Gradoli, non fu preso in considerazione; le si rispose, anzi, che nelle pagine gialle deirelenco telefonico non esisteva. II che vuol dire che non ci si era scomodati a cercarla, quella via, nemmeno nelle pagine gialle: poiche c'era. AH'appartamento di via Gradoli abitato dal sedicente ingegnere Borghi, si arriva final- mente, e per caso, alle 9,47 del 18 aprile: a tamponare una dispersione d'acqua, non a sorprendervi dei brigatisti. E qui e da notare che una specie di fatalita idrica incombe sulle Brigate rosse, non essendo quello di via Gra- 177 www.scribd.com/Cultura in Ita4 doli il solo caso in cui un covo viene scoperto per la disfunzione di un condotto. E del resto abbiamo parlato di spiriti, potremmo anche parlare di veggenti che nella vicenda hanno avuto un certo ruolo: perche non parlare della fatalita? Vi arrivarono primi i pompieri, naturalmente; e capirono e segnalarono di trovarsi in un covo. E a questo punto altro garbuglio, altro mistero: i giornalisti arriva- rono prima della polizia; i carabinieri seppe- ro della scoperta soltanto perche riuscirono a intercettare una comunicazione radio della polizia; il giudice inquirente apprese la noti- zia due ore dopo: non dalla polizia, ma dai carabinieri. E fu costretto, il giudice Infelisi, a ordinare il sequestro dei documenti trovati nel covo, a far si che anche i carabinieri ne prendessero visione (ma il questore De Fran- cesco nega di aver posto il veto a che i docu- menti li vedessero i carabinieri e dice di igno- rare il sequestro ordinato dal giudice: con- trasto rimasto irrisolto). Non si provvide, i- noltre, al rilevamento delle impronte digita- li nel covo; ne pare sia stato prontamente e accuratamente inventariato e vagliato il ma- teriale rinvenuto. II qual materiale, a giudizio del dottor Infelisi, non apportava alcuna in- dicazione relativamente al luogo in cui pote- va trovarsi Moro; ma sente il bisogno, il giu- dice, di mettere questo inquietante inciso: « almeno quello di cui io ho avuto conoscen- za »: cosi aprendo come possibile il fatto che possa esserci stato del materiale sottratto alia sua conoscenza. Insomma: tutto quel che in- 178 www.scribd.com/Cultura in Ita4 tercorre dal 18 marzo al 18 aprile intorno al covo di via Gradoli attinge all'inverosimile, all'incredibile: spiriti (che in una lettera in- viata dall'onorevole Tina Anselmi alia Com- missione ne appaiono molto meglio informa- ti di quanto poi riferito dai partecipanti alia seduta), provvidenziale dispersione d'acqua (ma la Provvidenza aiutata, per distrazione o per volonta, da mano umana), assenza della piu elementare professionals, della piu ele- mentare coordinazione, della piu elementare intelligenza. E ancora abbiamo da fermarci su altri episo- di. Sorvoliamo su quello del lago della Du- chessa: in cui, non credendo al comunicato, e perdendo tempo a stabilirne Tinautentica- autenticita o l'autentica-inautenticita, si agi come credendoci, con conseguente distrazio- ne e dispersione di forze; e fissiamoci per un momento su quello della tipografia Triaca. La prima segnalazione, relativa a persone che gravitavano intorno alia tipografia, e co- munque di persone sospettate di avere a che fare con le Brigate rosse, TUcigos la ebbe il 28 marzo. Ma passo giusto un mese prima che fosse in grado di fame rapporto alia Digos: il 29 aprile. Tanta lentezza crediamo dovuta principalmente a quello che il dottor Fariello (deirUcigos) chiama « pedinamento a inter- val^: che sarebbe il pedinare le persone sospette, a che non si accorgano di essere pedinate, quando si e quando no. II che equi- vale a non pedinarle affatto, poiche soltanto il caso pud dare effetto a una siffatta vigilan- 179 www.scribd.com/Cultura in Ita4 za. Come se il recarsi in luoghi segreti, gli incontri clandestini e tutto cio che s'appartie- ne all'occulto cospirare e delinquere, fosse regolato da abitudini ed orari. Ne la possibili- ty che la persona si accorga di essere oggetto di vigilanza viene dall'assiduita con cui la si segue, ma dall'accortezza o meno con cui l'o- perazione viene eseguita. Passa dunque un mese — e Moro sempre chiuso nella « prigione del popolo » - perche la segnalazione, resa piu consistente dalla fortuna che finalmente arride al « pedina- mento a intervalli », arrivi dalFUcigos alia Di- gos. II 1° maggio si ha cognizione della tipo- grafia Triaca, in via Pio Foa. Lo stesso giorno, la Digos chiede di poter effettuare controlli telefonici, otto giorni dopo l'autorizzazione a perquisire. La perquisizione si sarebbe dovu- ta effettuare il 9, il giorno stesso in cui le Brigate rosse consegnano il cadavere di Mo- ro: e percio viene rimandata al 17. E qui si pud anche essere d'accordo col dottor Fariel- lo: che tanto valeva attendere ancora. Moro ormai assassinato, una vigilanza non ad in- tervalli, ma continua e sagace intorno alia tipografia avrebbe persino consentita la cat- tura di Moretti: ma tanto il dirigente dell'U- cigos che il questore De Francesco ammetto- no di aver dovuto precipitare l'operazione per « la pressione delFopinione pubblica ». Dall'operazione al tempo stesso tardiva e precipitosa presso la tipografia Triaca dira- ma una rivelazione che ancora ci costringe a usare la parola incredibile: nella tipografia 180 www.scribd.com/Cultura in Ita4 venivano rinvenute una stampatrice prove- niente dal Raggruppamento Unita Speciali dell'Esercito e una fotocopiatrice provenien- te dal ministero dei Trasporti. Per quanto riguarda la fotocopiatrice, nessun elemento si e riusciti ad acquisire per capire come dal ministero dei Trasporti sia finita nella tipo- grafia delle Brigate rosse: il che pud dare al Parlamento e all'opinione pubblica (quella che non preme per operazioni di parata e sa essere attenta) sufficiente idea delle difficolta incontrate dalla Commissione. Per quanto ri- guarda la stampatrice, si sono avute si delle risposte: ma non servono a formularne una sicura sull'iter della macchina dal Raggrup- pamento Unita Speciali (RUS) - che e poi parte del SISMI, e cioe dei servizi segreti con tal sigla rifondati sulla dissoluzione del SID - alia tipografia Triaca. Che nelle amministra- zioni dello Stato sia uso alienare come « ferri- vecchi » macchine che, irrisoriamente acqui- state da privati, miracolosamente tornano a funzionare, puo anche - nel disordine delle cose - ammettersi; ma che proprio vadano a finire in mano alle Brigate rosse, e un po' troppo; e merita una severa inchiesta. Altro fatto da segnalare, sempre in relazione « alle disfunzioni, alle omissioni e alle conse- guenti responsabilita verificatesi nella dire- zione e nell'espletamento delle indagini», e l'avere trascurato quello che sarebbe stato un vero e proprio filo conduttore per arrivare airindividuazione e alia cattura di un certo numero di brigatisti e, con tutta probability, 181 www.scribd.com/Cultura in Ita4 al luogo in cui Aldo Moro era detenuto. A cio noi arriviamo col senno del poi; ma la polizia avrebbe potuto e dovuto arrivarci col senno di allora. Dice l'allora questore di Roma De Francesco (e la sua convinzione e pienamente condivisa dal dottore Improta, che era stato a capo della divisione politica): « L'area del- l'Autonomia e stata forse privilegiata nelle indagini, anche precedenti al sequestro del- l'onorevole Moro, poiche ritenevo e sono tut- tora convinto che si trattasse dell'area piu pericolosa della capitale ... Sul problema del- 1 Autonomia fin dal primo giorno, cioe dal 16 marzo, ho insistito perche quella — a mio avvi- so - era l'area nella quale alcune unita delle Brigate rosse avevano potuto trovare un sup- porto essenziale ». Ma non si riesce a vedere come la privilegiasse, come insistesse, se non devolveva sorveglianza alcuna ai capi del mo- vimento, che pure conosceva benissimo. Noi ora sappiamo quel che allora il questore era in grado di sospettare, conseguentemente al- le sue convinzioni, e di accertare: che i rap- porti tra almeno due brigatisti e i « grossi esponenti » dell'Autonomia romana c'erano e si mantennero durante i cinquantacinque giorni e oltre. E si concretizzavano in incon- tri. Un'accorta sorveglianza — e sopratutto senza intervalli — di Piperno e Pace avrebbe consentito l'individuazione di Morucci e Fa- randa, i due brigatisti che avevano preso par- te all'azione di via Fani, che con ogni probabi- lity continuavano a frequentare il luogo in cui Moro era detenuto e con tutta certezza ad 182 www.scribd.com/Cultura in Ita4 avere incontri con coloro che lo detenevano. Ma a chi, in Commissione, si meravigliava non avere la polizia presa una cosi elementa- re misura, come quella di far sorvegliare i capi dell'Autonomia, il questore De France- sco rispondeva che mancava di uomini. E ne teneva impegnati piu di 4.000 in operazioni di parata! A questo breve catalogo di omissioni e di- sfunzioni va aggiunto come esemplare l'e- pisodio riferito dall'allora comandante la Guardia di Finanza: il giorno 16, poco dopo l'azione di via Fani, « un individuo, fermo in via Sorelle Marchisio, ha notato due perso- ne: una piu magra, di statura 1,70-1,75, ve- stita con una uniforme di pilota civile, l'altra di corporatura robusta, tarchiata, piu bassa, con barba folta. La prima sorreggeva la se- conda per un braccio, stringendolo forte- mente al disopra del gomito. Provenivano da via Pineta Sacchetti, angolo via Montiglio; hanno percorso un tratto di via Sorelle Mar- chisio, raggiunto via Marconi, svoltato verso via Cogoleto ... In quella zona c'e una clini- ca ». Riversata subito l'informazione alia Di- gos, l'ordine di perquisire la clinica arrivo alia Guardia di Finanza « qualche settimana do- po ». E tutto lasciava sospettare che quel che l'anonimo informatore aveva visto fosse da mettere in connessione con quel che pochi minuti prima era accaduto in via Fani. Ci si chiede da che tanta estravaganza, tanta lentezza, tanto spreco, tanti errori professio- nali possano essere derivati. Si dice: l'impre- 183 www.scribd.com/Cultura in Ita4 parazione di fronte al fenomeno terroristico e, particolarmente, di fronte a un'azione cosi eclatante nei mezzi, nell'oggetto, negli scopi, come quella di via Fani. Ma non e una giusti- ficazione convincente: abbiamo visto come si fosse in grado di segnalare subito un certo numero di brigatisti, alcuni dei quali siamo ora certi che hanno partecipato all'azione, e come si avessero precise convinzioni riguar- do alle aree di complicita o di piu o meno diretto sostegno. E si pud anche ammettere una impreparazione piu generale e remota di fronte a fatti delinquenziali che scaturisco- no da associazioni protette dalla paura e dal silenzio dei cittadini, da un lato; dagli adden- tellati reali o supposti col potere, dall'altro. Ma non e che una spiegazione parziale. Biso- gna, per il caso Moro, metterne avanti altre: che sono insieme politiche, psicologiche, psi- canalitiche. Certamente quel che si fece di sbagliato — e che impedi si facessero piu pro- ducenti e giuste azioni - fu in parte dettato dal condizionamento dei « media » (non di- remmo dalla pressione delFopinione pubbli- ca: Topinione pubblica, quando davvero c'e e si fa sentire, e meno informe, meno dispo- nibile ad appagarsi di qualsiasi cosa: capa- ce, insomma, di critica e di scelta): operazioni di parata, come (direbbe Machiavelli) da un « luogo alto » le giudica il dottor Pascalino (ma fece qualcosa, accorgendosene, per farle finire?). Queste operazioni, che per apparire, per rendersi a spettacolo, dovevano essere ben consistenti nelFimpiego di uomini e di 184 www.scribd.com/Cultura in Ita4 mezzi, bisogna ribadire che impedirono se ne facessero altre di necessarie, di essenziali, per una ponderata, continua e rapida investiga- zione. E senza dire (cioe dicendolo ancora) che nell'unico caso in cui fortuitamente le operazioni di parata avrebbero potuto rag- giungere un effetto, non funzionarono: da- vanti alia porta chiusa dell'appartamento di via Gradoli, il 18 marzo. Ma crediamo che rimpedimento piu forte, la remora piu vera, la turbativa piu insidiosa sia venuta dalla decisione di non riconoscere nel Moro prigioniero delle Brigate rosse il Mo- ro di grande accortezza politica, riflessivo, di ponderati giudizi e scelte, che si riconosceva (riconoscimento ormai quasi unanime: ap- punto perche come postumo, come da ne- crologio) era stato fino alle 8,55 del 16 marzo. Da quel momento Moro non era piu se stesso, era diventato un altro: e se ne indicava la certificazione nelle lettere in cui chiedeva di essere riscattato, e sopratutto per il fatto che chiedeva di essere riscattato. Abbiamo usato la parola decisione: formal- mente imprecisa ma sostanzialmente esatta. Spontanea o di volonta, improvvisa o gra- dualmente insorgente, di pochi o di molti, e stata certamente una decisione — e per il fatto stesso che se ne poteva prendere altra. E ci rendiamo conto della impossibility di prova- re documentalmente che una tale decisione - ufficialmente mai dichiarata - abbia potuto avere degli effetti a dir poco diluenti sui tem- pi e i modi dell'indagine. Possiamo anche 185 www.scribd.com/Cultura in Ita4 ammettere che gli effetti non furono a livello di coscienza e di consapevolezza - e insomma di malafede; ma non si puo non riconoscere — e basta rivedere la stampa di quei giorni - che si era stabilita un'atmosfera, una temperie, uno stato d'animo per cui in ciascuno ed in tutti (con delle sparute eccezioni) si insinuava l'occulta persuasione che il Moro di prima fosse come morto e che trovare vivo il Moro altro quasi equivalesse a trovarlo cadavere nel portabagagli di una Renault. Si parlo dappri- ma, a giustificare il contenuto delle sue lette- re, di coercizioni, di maltrattamenti, di dro- ghe; ma quando Moro comincio insisten- temente a rivendicare la propria lucidita e liberta di spirito (« tanta lucidita almeno, quanta puo averne chi e da quindici giorni in una situazione eccezionale, che non puo ave- re nessuno che lo consoli, che sa che cosa lo aspetti »), si passo ad offrire compassionevol- mente l'immagine di un Moro altro, di un Moro due, di un Moro non piu se stesso: tanto da credersi lucido e libero mentre non lo era affatto. II Moro due in effetti chiedeva fossero posti in essere, per salvare la propria vita, quegli stessi meccanismi che il Moro uno aveva, nelle sue responsabilita politiche e di governo, usati o approvati in deroga alle leg- gi dello Stato ma al fine di garantire tranquil- lita al Paese: « non una, ma piu volte, furono liberati con meccanismi vari palestinesi dete- nuti ed anche condannati, alio scopo di stor- nare gravi rappresaglie che sarebbero poi state poste in essere, se fosse continuata la 186 www.scribd.com/Cultura in Ita4 detenzione... ». Simili meccanismi, di cui l'o- pinione pubblica non era al corrente, erano stati adoperati — evidentemente — nel silenzio del governo, dei partiti al governo, del Parla- mento; e si poteva rispondere a Moro che tutt'altro che in silenzio, e anzi con sicuro clamore e perdita di prestigio e credibility, vi si poteva ricorrere nel suo caso. Si prefer! invece sminuire, invalidare e smentire i suoi argomenti da un punto di vista clinico inve- ce che politico, relegandoli alia sua delirante condizione di prigioniero. Da cio la nessuna importanza conferita dagli investigatori alle sue lettere. L'onorevole Cossiga, allora mini- stro dell'Interno, ha escluso nel modo piu netto che sia stata tentata una decifrazio- ne dei messaggi di Moro: « una decifrazione non fu fatta durante il sequestro. Procedeva- mo con metodi artigianali. Furono invece e- seguite analisi linguistiche sui messaggi del- le Brigate rosse... » (in che consistessero i me- todi artigianali e quali risultati dessero le ana- lisi linguistiche, lo si e intravisto anche allo- ra). Ma lo stesso Cossiga, dopo aver detto che sulle lettere di Moro si possono esprimere « giudizi contrastanti ed anche dolorosi » fi- nisce col riconoscere che in esse « Moro, nella sua lucidita, nella sua intelligenza, con tutti i suoi argomenti, aveva capito che era questo che in realta volevano coloro che colloquiava- no con lui: essere riconosciuti come parte che puo essere fuori dello Stato, ma che e nella societa e con la quale e possibile un rapporto dialettico ». Appunto: e Moro, senza prescin- 187 www.scribd.com/Cultura in Ita4 dere dalle sue convinzioni piu radicate (che Cossiga ha ben riassunto: e si vedano, di Mo- re*, le lezioni sullo Stato), non poteva che as- secondarne il gioco, a guadagnar tempo e a darne alia polizia a che lo trovasse. Non si vede perche Moro, uomo di grande intelli- genza e perspicacia, avrebbe dovuto compor- tarsi come un cretino: se gli era consentito di guadagnar tempo e di comunicare con l'e- sterno, di queste due favorevoli circostanze non poteva non approfittare. E anche se la speranza che manifestava era soltanto quella dello scambio, e da credere - in tu tta ovvieta - che ne nutrisse altra: che le forze dell'ordi- ne arrivassero al luogo in cui era segregato. Conseguentemente, deve aver tentato di da- re qualche indicazione sul posto in cui si tro- vava: nascondendola, si capisce, cifrandola. Chiunque l'avrebbe tentato: a Moro invece, di fatto, questa capacita e questo intento sono stati pregiudizialmente negati. Ed era inve- ce, per l'attenzione che sapeva dedicare alle parole, per l'uso anche tortuoso che sapeva fame, la persona piu adatta a nascondere (per dirla pirandellianamente) tra le parole le cose. La cifra dei suoi messaggi poteva, per esem- pio, essere cercata nell'uso impreciso di cer- te parole, nella disattenzione appariscente. Quando Cossiga e Zaccagnini, per dire delle condizioni in cui Moro si trovava, citano la frase di una sua lettera (quella, appunto, di- retta a Cossiga ministro deirinterno): « mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrolla- 188 www.scribd.com/Cultura in Ita4 to », e curioso non si accorgano che proprio questa contiene una incongruenza e che non definisce precisamente il tipo di dominio sot- to cui Moro si trovava. Che vuol dire, infatti, « incontrollato »? Chi poteva o doveva con- trollare le Brigate rosse? E percio appare attendibilissima (e specialmente dopo le rive- lazioni degli ex brigatisti) la decifrazione che ci e stata suggerita: « mi trovo in un condomi- nio molto abitato e non ancora controllato dalla polizia ». E probabilmente anche le pa- role « sotto » e « sottoposto » erano da inten- dere come indicazione topografica. Ma non- che decifrare non si e voluto nemmeno esse- re attend all'evidenza: come in quel « qui » — sfuggito forse all'autocensura che Moro non poteva non imporsi e certamente alia censura delle Brigate rosse — che inequivocabilmente e da leggere « a Roma » (« si dovrebbe essere in condizioni di chiamare qui Tambasciatore Cottafavi »). E non era indicazione da poco, considerando con quanto spreco lo si cerca- va fuori Roma. Non si e fatto alcun credito, insomma, all'intelligenza di Moro: da valu- tarla quanto meno superiore a quella dei suoi carcerieri. Si poteva, senza venir meno a po- sizioni Axfermezza, continuare a dialogare con lui: sia pubblicamente - nell'opporre ragioni alle sue: che erano ragioni e non farnetica- zioni — sia segretamente - cercando nelle sue lettere quei messaggi che era probabile e pos- sible nascondessero. Gli esperti sono stati invece adibiti a studiare il linguaggio delle Brigate rosse: e non c'era bisogno di esperti 189 www.scribd.com/Cultura in Ita4 per scoprirlo poveramente pietrificato, fatto di slogans, di « idees regues » dalla palingene- tica rivoluzionaria, di detriti di manuali so- ciologies e guerriglieri. E che l'italiano ma- neggiato dalle Brigate rosse sia di traduzio- ne da altra o da altre lingue, e questione da lasciar cadere. L'italiano delle Brigate rosse e semplicemente, lapalissianamente, l'italiano delle Brigate rosse. Ipotesi di ben diverse « traduzioni » si possono formulare. Ma che alio stato attuale, e forse anche nel piu vicino futuro, restano e resteranno come ipotesi. E si pud anche muovere, nel formularle, da questa frase di una delle ultime lettere di Moro: « Con questa tesi si avalla il peggior rigore comunista ed a servizio dell'unicita del comunismo»; frase cui finora non si e data l'importanza, l'attenzione e l'analisi che me- rita. Le tesi cui Moro si riferisce sono quelle del non trattare, della fermezza: e si capisce che le attribuisca al peggior rigore comunista corso a sostegno della Democrazia Cristiana, partito che lui ben conosce come non rigoro- so. Ma « Tunicita del comunismo » che cosa puo voler dire? Non e possibile abbia voluto adombrare in questa espressione il sospetto, se non la certezza, di un qualche legame delle Brigate rosse col comunismo internazionale o con qualche paese di regime comunista? La ricerca di un simile legame (e non necessa- riamente, s'intende, col comunismo e coi paesi comunisti, ma con quei paesi, regimi e governi che potevano e possono avere un 190 www.scribd.com/Cultura in Ita4 qualche interesse alia « destabilizzazione » i- taliana) e tra i compiti demandati dal Par- lamento alia Commissione, precisamente ai punti g) e h) della legge. La risposta, per quanto riguarda i collegamenti con gruppi terroristici stranieri, si pud dare senza esita- zione: ci sono stati, anche se non se ne cono- sce esattamente la frequenza, la continuita e la rilevanza. Ma sulle trame, i complotti, i collegamenti internazionali al di la e al di sopra degli avvicinamenti, comunicazioni e scambi dei gruppi terroristici tra loro, una risposta sicura non si puo dare. E si capisce: lerispostesicure,inquestogeneredicose,ven- gono alia distanza di anni, dagli archivi, sotto gli occhi dello storico. Possiamo dire che ci sono nomi di paesi stranieri che tornano con una certa frequenza, con una certa insisten- za. E con piu frequenza e insistenza quelli di paesi del Medio Oriente, della Cecoslovac- chia, della Libia e - recentemente — della Bulgaria. Ma sono, per dirla col linguaggio degli uomini di governo cui la Commissione ne ha domandato, « voci ». Si sarebbe portati a credere che non si basasse su « voci » l'ono- revole Andreotti, allora presidente del Con- siglio, quando al Senato, nella seduta del 18 maggio 1973, parlo di un paese in cui dei giovani italiani erano stati addestrati a un determinato tipo di guerriglia e quando, alle proteste del senatore Bufalini che credeva volesse alludere all'Unione Sovietica, preciso che si trattava della Cecoslovacchia. Si basava 191 www.scribd.com/Cultura in Ita4 invece su « voci », se il 23 maggio 1980 dava alia Commissione una versione estremamen- te riduttiva di quel che sette anni prima, co- me presidente del Consiglio, aveva perento- riamente affermato: « Alcuni terroristi, in- fatti, che erano accusati di atti di terrorismo, risulto che fossero stati anche in Cecoslovac- chia. In Cecoslovacchia, pero, ci vanno deci- ne di migliaia di persone, ne risulto assolu- tamente che vi potesse essere un rapporto diverso di quello che pud essere di ordine turistico». Evidentemente, Tonorevole An- dreotti non aveva sentito la « voce » che, tra le decine di migliaia d'italiani che vanno in Ce- coslovacchia « en touriste», i servizi di sicu- rezza ne avevano selezionato 600 circa che potevano essere considerati meno turisti de- gli altri. E questa « voce » viene da un rappor- to del CESIS (Comitato Esecutivo per i Servi- zi di Informazione e di Sicurezza), certamen- te redatto dopo il settembre 1979, che racco- gliendo altre « voci » del SISMI, del SISDE e del Comando Generale dell'Arma dei Ca- rabinieri, affermava: « almeno 2.000 italia- ni (dai rilevamenti effettuati da varie fonti) dal '48 ad oggi hanno frequentato corsi riser- vati ad attivisti estremisti, in Cecoslovacchia ed in altri Paesi. Di questi sono noti al SISMI circa 600 nominativi ». E riguardo alia Ceco- slovacchia precisava: « In particolare a Mila- no e a Roma risiedono elementi italiani del servizio segreto cecoslovacco di contatto con i vari gruppi terroristici. Essi provvedono alia 192 www.scribd.com/Cultura in Ita4 raccolta di un'accurata documentazione sui candidati, tutti volontari, che trasmettono al- l'Ambasciata cecoslovacca, che la inoltra suc- cessivamente a Praga. A questo punto gli de- menti ritenuti di maggior spicco per fana- tismo, aggressivita e attitudine militare ven- gono avviati a veri e propri corsi paramili- tary in Cecoslovacchia o in altro paese, for- niti di passaporti falsificati nelle nazioni ospi- ti. Una volta superato il ciclo addestrativo, i terroristi fanno ritorno in Italia con un baga- glio notevole di nozioni teoriche e pratiche sulla guerriglia, che possono a loro volta ri- versare sugli altri elementi delle organizza- zioni di appartenenza ». E se questo passo del rapporto, cosi particolareggiato, e da consi- derare una « voce », bisogna dire che CESIS, SISMI, SISDE e Arma dei Carabinieri non fanno che raccogliere « voci » ed essere non altro che « voci ». II che, per il contribuente italiano, e constatazione tutt'altro che rassi- curante. O e da concludere come conclude il dottor Lugaresi, direttore del SISMI: « Su questi collegamenti internazionali vorrei di- re questo: c'e un forte commercio di armi che non e facile colpire perche e come il commer- cio della droga: non investe tanto la matrice politica quanto la convenienza commerciale. C'e uno scambio di uomini fra coloro che hanno obiettivi di destabilizzazione comune. Potra esserci un indirizzo di carattere politi- co-strategico. Ma queste deduzioni dalle in- formazioni singole che noi giornalmente for- 193 www.scribd.com/Cultura in Ita4 niamo non possono essere tratte che in se- de politica... ». Appunto. E da notare a questo proposito che il generale Dalla Chiesa, che nella sua prima deposizio- ne inclinava a considerare anche lui « voci » quel che si diceva riguardo ai collegamenti delle Brigate rosse con servizi segreti stranie- ri e a ritenere Moretti la personality di vertice delle Brigate, a distanza di quasi due anni, nella seconda deposizione, a una domanda sulla persistenza delle sue convinzioni di allo- ra, cosi rispondeva: « In questi giorni mi e sorto un dubbio ... Mi chiedo oggi (perche sono ormai fuori dalla mischia da un po' di tempo e faccio in qualche modo l'osservatore che ha alle spalle un po' di esperienza) dove sono le borse, dov'e la prima copia (del cosi- detto memoriale Moro). Nulla che potesse condurre alle borse, non c'e stato brigatista pentito o dissociato che abbia nominato una cosa di questo tipo, ne lamentato la sparizio- ne di qualcosa ... Io penso che ci sia qualcuno che possa aver recepito tutto questo ... Dob- biamo pensare anche ai viaggi all'estero che faceva questa gente. Moretti andava e veni- va ». E rallegrante che il dubbio gli sia venuto; un po' meno che gli sia venuto al momento che si e trovato « fuori dalla mischia ». Un ultimo particolare si vuole mettere in evidenza, a dimostrare come la volonta di trovare Moro veniva inconsciamente dete- 194 www.scribd.com/Cultura in Ita4 riorandosi e svanendo. Subito dopo il rapi- mento, venne istituito un Comitato Intermi- nisteriale per la Sicurezza che si riuni nei giorni 17, 19, 29, 31 del mese di marzo; una sola volta in aprile, il 24; e poi nei giorni 3 e 5 maggio. Ma quel che e peggio e che il Grup- po politico-tecnico-operativo, presieduto dal ministro dell'Interno e composto da perso- nality del governo, dai comandanti delle for- ze di polizia e dei servizi di informazione e sicurezza, dal questore di Roma e da altre autorita di Pubblica Sicurezza, si riuni quoti- dianamente fino al 31 marzo, ma successiva- mente tre volte per settimana. Solo che di queste riunioni dopo il 31 non esistono ver- bali e « non risultano agli atti nemmeno ap- punti ». Ed era il gruppo — costituito con giu- sto intento - che doveva vagliare le informa- zioni, decidere le azioni, avviarle e coordi- nate. Roma, 22 giugno 1982 P.S. Consegnata nei giugno 1982 (poiche entro quel mese si era dapprima stabilito si dovessero consegnare le relazioni), questa mia relazione richiede oggi, sulle bozze, due rettifiche dovute a tardive acquisizioni da parte della Commissione: 1) Titer delle due macchine rinvenute nella tipografia Triaca e stato finalmente ricostruito, per come si leg- ge nella relazione di maggioranza. Va dun- 195 www.scribd.com/Cultura in Ita4 que ascritto alia fatalita che macchine alie- nate come ferrivecchi da enti di Stato siano finite, funzionanti, alle Brigate rosse; 2) il rapporto che era stato attribuito al CESIS si ritiene sia prodotto dal SISMI. Leggendolo, permane perd Timpressione che provenga da un organismo di cui il SISMI era parte. 196 www.scribd.com/Cultura in Ita4 www.scribd.com/Cultura in Ita4 Stampato nel febbraio 2000 dal Consorzio Artigiano «L.V.G.» - Azzate Piccola Biblioteca Adelphi Periodico mensile: N. 332/1994 Registr. Trib. di Milano N. 180 per l'anno 1973 Direttore responsabile: Roberto Calasso www.scribd.com/Cultura in Ita4